Stefan Zweig: differenze tra le versioni

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==Citazioni di Stefan Zweig==
*[[Dickens]] narra con tale precisione, con tale minuziosità, da costringerci a seguire il suo sguardo ipnotizzante. Non aveva lo sguardo magico di [[Balzac]] [...], ma uno sguardo tutto terreno, uno sguardo da marinaio, da cacciatore, uno sguardo di falco per le piccole cose umane. – Ma sono le piccole cose – disse egli una volta – che formano il senso della vita. (da ''Tre maestri: Balzac, Dickens, Dostoevskij'', traduzione Berta Burgio Abrens, Sperling e& Kupfer, Milano, 1938.)
*I più commoventi fra questi individui erano per me – quasi m'avesse già sfiorato il presagio del mio futuro destino – gli uomini senza [[patria]], o ancor peggio, quelli che in luogo di una patria ne avevano due o tre e non sapevano interiormente a quale appartenessero. (da ''Il mondo di ieri'', capitolo ''Nel cuore dell'Europa'')
*Dickens narra con tale precisione, con tale minuziosità, da costringerci a seguire il suo sguardo ipnotizzante. Non aveva lo sguardo magico di Balzac [...], ma uno sguardo tutto terreno, uno sguardo da marinaio, da cacciatore, uno sguardo di falco per le piccole cose umane. – Ma sono le piccole cose – disse egli una volta – che formano il senso della vita. (''Tre maestri: Balzac, Dickens, Dostoevskij'', traduzione Berta Burgio Abrens, Sperling e Kupfer, Milano, 1938.)
*Forse nessun uomo ha posto pretese morali tanto alte a se stesso (con sì scarsa capacità di adempiere a un ideale categorico) come [[Heinrich von Kleist]]. (citato in ''Corriere della Sera'', 28 luglio 2001)
*I più commoventi fra questi individui erano per me – quasi m'avesse già sfiorato il presagio del mio futuro destino – gli uomini senza [[patria]], o ancor peggio, quelli che in luogo di una patria ne avevano due o tre e non sapevano interiormente a quale appartenessero. (da ''Il mondo di ieri'', capitolo ''Nel cuore dell'Europa'')
 
==''Maria Antonietta''==
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===Citazioni===
*Non si temevano ricadute barbariche come le guerre tra popoli europei, così come non si credeva più alle streghe e ai fantasmi; i nostri padri erano tenacemente compenetrati dalla fede della irresistibile forza conciliatrice della tolleranza. Lealmente credevano che i confini e le divergenze esistenti fra le nazioni o le confessioni religiose avrebbero finito per sciogliersi in un comune senso di umanità, concedendo così a tutti la pace e la sicurezza, i beni supremi. (p. 23)
*Il senso di massa e di gregge non aveva raggiunto nella vita pubblica la repugnante potenza che ha oggi; la libertà dell'agire privato era considerata - cosa oggi appena concepibile - legittima e sottintesa; la [[tolleranza]] non veniva come oggi disprezzata e ritenuta debolezza, ma esaltata quale energia morale. (p. 39)
*La missione del docente per quell'età non era tanto portarci avanti, quanto tenerci indietro, non plasmarci interiormente, ma inserirci il più docilmente possibile nel sistema dell'ordine, non accrescendo la nostra energia, ma disciplinandola e livellandola. (p. 47)
*Il miglior centro di cultura per ogni novità rimaneva tuttavia il [[caffè]]. Per capire questo, bisogna ricordare che il caffè viennese rappresenta un'istituzione speciale, non paragonabile a nessun'altra al mondo. Esso è in fondo una specie di club democratico, accessibile a tutti in cambio di un'economica tazza di caffè, dove ogni cliente, versando quel modestissimo obolo, ha il diritto di starsene per ore a discutere, a scrivere, a giocare alle carte, ricevendo la posta e divorando soprattutto un illimitato numero di giornali e di riviste. Nei migliori caffè viennesi c'erano tutte le gazzette della città e non queste soltanto, ma quelle della Germania intera, nonché le francesi, le inglesi, le italiane e le americane, ed inoltre tutte le riviste letterarie ed artistiche di qualche importanza, dal Mercure de Pratice alla Neue Rundschau, dallo Studio al Burlington Magazine. (p.50)