Gino Strada: differenze tra le versioni

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'''Luigi Strada''' detto '''Gino''' (1948 – vivente), chirurgo di guerra e uno dei fondatori di Emergency.
 
==Citazioni di Gino Strada==
*Io non credo nella [[guerra]] come strumento. C'è un dato inoppugnabile: che la guerra è uno strumento ma non funziona, semplicemente non funziona.<ref>Citato nella canzone ''Terra del fuoco'' dei [[Modena City Ramblers]].</ref>
*Le guerre appaiono inevitabili, lo appaiono sempre quando per anni non si è fatto nulla per evitarle.<ref>Dalla trasmissione televisiva [http://www.youtube.com/watch?v=DTpOkgKIHEY Annozero], Rai 2, 24 marzo 2011.</ref>
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*Adesso ci sono i soldi della guerra. Quella che promette aiuti. È diventata buona la guerra, umana, generosa, compassionevole, umanitaria? No, ma deve farlo credere. È fondamentale creare consenso alla guerra, far vedere che belle cose produce. Ci avevano già provato in Kosovo. L'idea della 'guerra umanitaria' si è formata sostanzialmente in quell'occasione: quando si decide di bombardare, di ammazzare, conviene garantire che dopo arriveranno gli aiuti. Certo si tratta di molto danaro, ma in fondo costa quanto un giorno o due di guerra, è un costo aggiuntivo che vale la spesa: è pubblicità, è comunicazione. E il mondo 'umanitario', in buona misura, è stato al gioco.
*C'è chi ritiene che noi, medici e infermieri che lavoriamo in zone di guerra, dovremmo limitarci a fare interventi chirurgici e medicazioni, senza pensare né prendere la parola.
*Il [[terrorismo]], cioè la guerra di oggi, è il vero mostro da eliminare.
*Il [[terrorismo]] è la nuova forma della guerra, è il modo di fare la guerra degli ultimi sessant'anni: contro le popolazioni, prima ancora che tra eserciti o combattenti. La guerra che si può fare con migliaia di tonnellate di bombe o con l'embargo, con lo strangolamento economico o con i kamikaze sugli aerei o sugli autobus. La guerra che genera guerra, un terrorismo contro l'altro, tanto a pagare saranno poi civili inermi.
*Nella macchina della guerra, c'è posto anche per il mondo umanitario. Anzi, un posto importante, una specie di nuovo reparto Cosmesi della guerra. Far vedere quanti aiuti arrivano con la guerra, quante belle cose si possono fare per questa povera gente. Per i sopravvissuti, naturalmente.
*Noi abbiamo il [[privilegio]] di poter essere immediatamente utili. Ma in Italia ci sono decine di migliaia di persone che rendono possibile tutto ciò, non solo sostenendoci economicamente, ma anche, come mi dicono da Milano quando mi sentono depresso, "circondandoci di affetto".
*Qualcuno ci critica per questi "particolari", i "lussi" non strettamente necessari alla sopravvivenza dei pazienti: le pareti affrescate nelle corsie pediatriche, la cura maniacale della pulizia, dei pavimenti lucidi, dei servizi igienici in cui si sente l'odore dei detersivi. Dicono che c'è sproporzione rispetto al livello del paese, alle devastazioni della guerra che segnano il territorio appena fuori il muro di cinta dell'ospedale. Ma perché? Costa poco di più mettere nel giardino bougainville, gerani e rose. E altalene. Costa poco e aiuta a guarire meglio. Sono sicuro che i nostri sostenitori, quelli che sottraggono cinquanta euro alla pensione, o che consegnano agli amici, come lista di nozze, il nostro numero di conto corrente postale, sono d'accordo con questa scelta.
*Se uno di noi, uno qualsiasi di noi esseri umani, sta in questo momento soffrendo come un cane, è malato o ha fame, è cosa che ci riguarda tutti. Ci deve riguardare tutti, perché ignorare la sofferenza di un uomo è sempre un atto di violenza, e tra i più vigliacchi.
*Sono quindici anni che vedo atrocità e carneficine compiute da vari signori della guerra, chi si diceva di "destra" e chi di "sinistra", e non ci ho mai trovato grandi differenze. Ho visto, ovunque, la stessa schifezza, il macello di esseri umani. Ho visto la brutalità e la violenza, il godimento nell'uccidere un nemico indifeso.
*Uno dei principi della nostra organizzazione, che spieghiamo al personale medico e paramedico disposto a partire con noi, è semplicissimo: "Non si va nei paesi del cosiddetto 'Terzo mondo' a portare una sanità da Terzo mondo. Un ospedale va bene quando tu saresti disposto, senza esitazione, a ricoverarci tuo figlio, tua madre, tua moglie".
 
{{NDR|Gino Strada, ''Buskashì. Viaggio dentro la guerra'', Feltrinelli, Milano, 2002.}}
 
==''Pappagalli verdi''==
*Rahman, uno dei bambini feriti che avevamo finito di operare mezz'ora prima, camminava davanti a noi avvolto in una coperta e accompagnato da un infermiere che reggeva la bottiglia della flebo e lo scortava verso la sua tenda. [...]<br />"Ma è quel bambino che era in sala operatoria," ha esclamato Cecilia. "Perché non piange?"<br />Ne abbiamo ragionato a lungo, abbiamo cercato di capire perché i bambini, ''quei'' bambini, non piangono. Mi ha sollecitato a parlare della miseria che si fa routine, della presenza silenziosa della tragedia, e a volte della morte, che diventa condizione di vita. Forse è questa quotidianità della tragedia che li prepara a non piangere. (p. 91)
*FareQuesto ilmestiere {{NDR|chirurgo di guerra}} mi piace, anzi, non riesco a immaginareimmaginarne un altro mestiere che possa piacermi di più. [...]<br />In fondo, ma non vorrei essere frainteso o accusato di snobismo, è un ''gioco''. Nel senso più vero. Come gli scacchi o il bridge. Attività libere, non condizionate, senza secondi fini, che si praticano solo perché piacciono. (p. 50)
*Spero solo che si rafforzi la convinzione, in coloro che decideranno di leggere queste pagine, che le guerre, tutte le guerre sono un orrore. E che non ci si può voltare dall'altra parte, per non vedere le facce di quanti soffrono in silenzio. (p. 11)
*In fondo (ma non vorrei essere frainteso o accusato di snobbismo), essere un chirurgo di guerra è un gioco, come gli scacchi o il bridge, attività libere, non condizionate, senza secondi fini, che si praticano solo perché piacciono.
*Abbiamo un ragazzino con gli occhi bendati da tre giorni, e nessuno di noi ha pensato di parlargli, di spiegargli che si riprenderà, che potrà vedere ancora... Magari una mezza bugia lo avrebbe aiutato in quei momenti [...].<br />Forse ha pensato a lungo ai tanti giorni a venire, tutti bui come quelle notti. Non l'ha accettato, Mohammed. E ha deciso di morire, anzi di uccidersi, a dodici anni, ragazzino afgano cresciuto come molti altri in mezzo alla violenza e alla miseria. Uno come tanti che hanno visto spesso morti e feriti tutt'intorno, villaggi e case squarciati dai bombardamenti che durano da decenni. Se la vita è questa, si sarà detto Mohammed, non ne vale la pena(p. E si lega un sacchetto al collo.20)
*Spero solo che si rafforzi la convinzione, in coloro che decideranno di leggere queste pagine, che le guerre, tutte le guerre sono un orrore. E che non ci si può voltare dall'altra parte, per non vedere le facce di quanti soffrono in silenzio.
*Promettere costa poco, di dice, se poi non si mantiene l'impegno. E non farlo? Costa ancor manomeno, praticamente niente, basta girarsi dall'altra parte. Una [[promessa]] è un impegno, è il mettersi ancora in corsa, è il non sedersi su quel che si è fatto. Dà nuove responsabilità, obbliga a cercare, a trovare nuove energie. (pp. 26-27)
*Non l'ha accettato Mohammed. E ha deciso di morire, anzi di uccidersi, a dodici anni, ragazzino afgano cresciuto come molti altri in mezzo alla violenza e alla miseria. Uno come tanti che hanno visto spesso morti e feriti tutt'intorno, villaggi squarciati dai bombardamenti che durano da decenni. Se la vita è questa, si sarà detto Mohammed, non ne vale la pena. E si lega un sacchetto al collo.
*Promettere costa poco, di dice, se poi non si mantiene l'impegno. E non farlo? Costa ancor mano, praticamente niente, basta girarsi dall'altra parte. Una promessa è un impegno, è il mettersi ancora in corsa, è il non sedersi su quel che si è fatto. Dà nuove responsabilità, obbliga a cercare, a trovare nuove energie.
*"Io non so niente di questa guerra, non è il mio paese né la mia cultura. Ma credo che voi due abbiate pagato abbastanza, l'uno paralizzato, l'altro senza una gamba. Non ci può essere guerra tra voi, non è più possibile, neanche fisicamente. Avete buoni motivi, tutti e due, per odiare la guerra. Non vi pare che sia la guerra il vero nemico?"
*Un cecchino di Sarajevo si lascia intervistare in una stanza quasi buia. Mi sembra incredibile: è una donna. Una donna che spara a un bambino di sei anni? Perché?<br />"Tra ventanni ne avrebbe avuti ventisei", è la risposta che l'interprete traduce.<br />Il freddo diventa più intenso, fa freddo dentro. L'intervista finisce lì, non c'è altra domanda possibile. (p. 154)
 
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== Bibliografia ==
*Gino Strada, ''Pappagalli verdiBuskashì: CronacheViaggio didentro un chirurgo dila guerra'', Feltrinelli, Milano, 19992002. ISBN 88-07-17032-9 ([http://books.google.it/books?id=zm_QLrqbCEwClv3ZN0-9IqcC&printsec=frontcover&hl=it#v=onepage&q&f=false Anteprima su Google Libri])
*Gino Strada, ''Pappagalli verdi: Cronache di un chirurgo di guerra'', Feltrinelli, Milano, 1999. <!--ISBN 88-07-17032-9--> ([http://books.google.it/books?id=zm_QLrqbCEwC Anteprima su Google Libri])
 
==Altri progetti==