Carlo Alianello: differenze tra le versioni

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==''La conquista del sud''==
===[[Incipit]]===
Da cosa nasce cosa; magari da una passeggiata, da un matrimonio sbagliato o da un affare di zolfo, zolfatare e bizze patronali.Questa storia comincia ufficialmente (ma già aveva messo radici e qualche germoglio prima) con la troppo famosa lettera di lord Gladstone, inviata, per la precisione, a lord Aberdeen in data 17 luglio 1851, e diffusa largamente nei mesi successivi in ogni angolo d’Europad'Europa, soprattutto per opera dei rifugiati all’esteroall'estero dal Regno delle Due Sicilie, i cosiddetti emigrati: mazziniani, ex carbonari, massoni, murattiani e via dicendo, spalleggiati e sostenuti dalla stampa inglese e piemontese. Ma la diffusero soprattutto le varie ambasciate e legazioni britanniche, sparse per tutta Europa e per ogni Paese che non fosse patria soltanto di illetterati. La centrale di diffusione era nella stessa Napoli, proprio nelle intime stanze dell’ambasciatadell'ambasciata (o legazione che fosse) di Gran Bretagna presso il Re delle Due Sicilie. Lì dentro già da un pezzo lavoravano ad accender micce il Forden, lord Napier, il Sagan e altri amici (napoletani questi) della legazione. Che cosa diceva quella lettera tremenda?
 
===Citazioni===
*Il [[William Ewart Gladstone|Gladstone]] doveva avere inteso, o tramite biglietti furtivi o a voce, fra sussurri e fiati mozzi e incerti, di segrete sotterranee, di torture, di celle sepolte sotto il livello del mare, di aguzzini bastonatori e di galantuomini bastonati. Immaginando forse d'esser tornato per magia ai tempi di Tiberio e di Diocleziano, così concludeva la sua missiva: «II governo borbonico rappresenta l'incessante, deliberata violazione di ogni diritto; l'assoluta persecuzione delle virtù congiunta all'intelligenza, fatta in guisa da colpire intere classi di cittadini, la perfetta prostituzione della magistratura, come udii spessissimo volte ripetere; la negazione di Dio, la sovversione d'ogni idea morale e sociale eretta a sistema di governo». Oggi si sa che il Gladstone non visitò mai né una prigione né una segreta, e non ebbe modo di parlare con nessuno dei prigionieri. Si sa soltanto, anzi si dice, che passasse in barca al largo di un'isola, forse Ponza, forse Nisida, in compagnia di carissimi amici, tutti più o meno registrati nei libri della polizia. (p. 8)
*Nell’ItaliaNell'Italia meridionale non c’erac'era da scialare, ma nessuno moriva di fame, almeno a quei tempi. Diremo più innanzi delle provvidenze borboniche per i bisognosi, per i contadini, per gli zappaterra, mentre non solo in Irlanda ma in tutta l’Inghilterral'Inghilterra l’uomol'uomo del terzo stato, il plebeo, conduceva un’esistenzaun'esistenza infinitamente più squallida e miserabile, quale mai lazzarone napoletano o pastoriello di Calabria o Basilicata conobbe. (p. 12)
*In Irlanda invece... ma lasciamo parlare Trevelyan :«Gli anni della carestia non erano davvero tempo adatto a preparare ribellioni in mezzo a un popolo che aveva appena la forza di stendere la mano per il cibo. Per due stagioni successive mancò il raccolto di patate; nel 1846 e nel 1847 il primo compito era quello di salvare otto milioni di vite irlandesi. I contadini, abbandonato l’inutilel'inutile lavoro dei campi, si accasciavano per le strade, provandosi a spaccare pietre per ottenere qualche sussidio, ma spesso venendo a morire lentamente di fame... Il continuo tributo di emigrazione in America, che era divenuto un costume di quel popolo, ridusse la popolazione dell’Irlandadell'Irlanda da otto milioni nel 1841 a sei milioni e mezzo nel 1851 e a meno di quattro e mezzo nel 1901... L’esodoL'esodo economico, se era in gran parte necessario, avvenne in tali condizioni politiche e sociali che i discendenti degli immigrati in America divennero necessariamente nemici ereditari della Gran Bretagna... ». E con questo mare di guai in casa loro, o appena fuor dell’usciodell'uscio, i signori Palmerston e Gladstone si lasciavano intenerire dalle situazioni un pò difficili dell’avvocatodell'avvocato Poerio o del professor Settembrini! (p. 12-13)
*E in patria? E nei quartieri poveri delle città, nel lurido intrico dei vicoli presso il Tamigi a Londra, nelle campagne sparse di miseri casolari di strame dai quali i lords cacciavano i contadini per crearsi comode e ricche riserve di caccia? Ma tutto ciò non interessava Gladstone; lui si occupava soltanto del regno borbonico e degli amici liberali o mazziniani. Fu lui stesso a confessarlo candidamente: «Gladstone, tornato a Napoli nell'anno 1888-1889, fu ossequiato e festeggiato dai maggiorenti del così detto Partito Liberale, i quali non mancarono di glorificarlo per le sue famose lettere con la negazione di Dio, che tanto aiutarono la nostra rivoluzione; ma a questo punto il Gladstone versò una vera secchia d'acqua gelata sui suoi glorificatori. Confessò che aveva scritto per incarico di lord Palmerston, con la buona occasione che egli tornava da Napoli, che egli non era stato in nessun carcere, in nessun ergastolo, che aveva dato per veduto da lui quello che gli avevano detto i nostri rivoluzionari». (p. 14)
*{{NDR|su l'[[Unità d'Italia]]}} Chi l'ha costruita sono stati politicanti e studiosi del Nord e del Sud, in nome dell'unità, del progresso, della rivoluzione, del Re, del Duce. Non tutti insieme, si capisce, né tutti con la medesima voce, ma un pò per volta, in armonica disarmonia. Gente magari in buona fede, ma che ignorava i fatti, quelli veri: oppure gente che voleva nascondere qualcosa, per diversissime ragioni spesso contrastanti. La ragione, o meglio il pretesto più comune e più facile era, anzi è l'unità d'Italia, alibi necessario che ogni sozzura copre con le sue grandi santissime ali. Il risultato? Oggi più che mai l'Italia è divisa in due parti, una tutta bianca, l'altra tutta nera. Di questo mito il tempo ha fatto un baluardo così roccioso e inattaccabile che il conformismo liberale, anche se a volte dubitoso ed erudito, non osa neppure scalfirlo. (p. 113)
*{{NDR|su [[Ferdinando II delle Due Sicilie]]}} Volle strade, volle porti, volle bonifiche, ospizi e banche; poco sopportava una borghesia saccente e rapace, la cosiddetta borghesia dotta, i « galantuomini ». Cercò piuttosto di creare una borghesia che mirasse al sodo. Non fu fortunato per la ragione che nel Napoletano altra borghesia non esisteva che quella delle professioni e degli studi, « permanili e pagliette », quelli che avevano cacciato suo nonno da Napoli, legati a fil doppio allo straniero per sole ragioni ideologiche che il Re, come re, non capiva; e l'avida e avara schiera dei proprietari terrieri. (p. 121)
*Riporto dall'Almanacco reale del regno delle Due Sicilie del 1854, dopo una lunga e particolareggiata lista d'istituti di credito e di beneficenza, la seguente nota: « Si ha, oltre i luoghi pii ecc. ecc., pei domini continentali un totale di 761 di stabilimenti diversi di beneficenza, oltre 1131 monti frumentarii, ed oltre de' monti pecuniarii, delle casse agrarie e di prestanza e degli asili infantili. (p. 122)
*Per sua volontà « si badò a costruire strade, che dalle 1505, quante se ne sommavano nel 1828, erano divenute nel 1855 la bellezza di 4587 miglia. E non straduzze da poco, ma quelle sole che rimanevano ancora laggiù sino a una dozzina d'anni fa ». E furono l'Amalfitana, la Sorrentina, la Frentana (incominciata e non compiuta per l'improvviso sopraggiungere dell'Unità). L'ultima, nel disegno originale approvata da Ferdinando II, contava ben tre gallerie di molte miglia attraverso l'intero massiccio della Maiella e il Principato esterno. L'han fatta adesso, col ritardo di qualche decina d'anni (più di cento), ma nel Sud la gente è abituata ad attendere. « E aggiungiamo alle suddette la strada della costiera adriatica, la strada di Sora che portava a Roma, l'Appulo Sannitica che metteva in comunicazione diretta gli Abruzzi con la Capitanata, l'Aquilonia che apriva al commercio il Molise e congiungeva più brevemente il Tirreno con l'Adriatico, la Sannita che arrivava attraverso Campobasso sino a Termoli. E via via...". (p. 124)
*Lo sbarco di Garibaldi, la sua fortunata galoppata dalla Sicilia a Napoli, le battaglie di Capua, del Volturno, di Mola e di Gaeta non furono vera guerra, voglio dire non furono guerra combattuta tra nemici cordiali e accaniti. La diserzione della borghesia napoletana, di quasi tutta l'ufficialità dell'esercito, di tutta la flotta che a Calatafimi, avendo alzata la bandiera tricolore in luogo dell'odiata frittata borbonica, prese di fianco i difensori e costrinse l'eroico IX cacciatori col suo comandante Bosco a ritirarsi nella fortezza per non essere massacrato dalle bombe un tempo amiche, il tradimento dei ministri in carica, dell'intera burocrazia, della magistratura, avevano deciso la sorte della monarchia napoletana sin dallo sbarco a Marsala, e forse prima. (p. 130)
*Secondo la stampa estera, dal gennaio all'ottobre del 1861, si contavano nell'ex Regno delle Due Sicilie 9860 fucilati, 10.604 feriti, 918 case arse, 6 paesi bruciati, 12 chiese predate, 40 donne e 60 ragazzi uccisi, 13.629 imprigionati, 1428 comuni sorti in armi. E questo martirio, questa insana persecuzione assai anni durò, finché i morti furon troppi, nauseati soldati e ribelli dal lungo e sfibrante lezzo dei cadaveri. (p. 133-134)
*Nessuno dei tanti ministri o grandi uomini del Meridione, a cominciare dal Crispi per terminar col Croce, ha mosso un dito per riscattar l'offesa ancor dolente e continuar l'opera di Ferdinando II; anzi nessuno s'è mai opposto a leggi inique che, per favorire le industrie del Nord, cancellavano ogni traccia di quelle del Sud e ne ferivano a morte l'agricoltura un tempo fiorente. Dal Risorgimento in poi, comunque, uomini e ideali d'ogni partito, radicali, fanatici sino in fondo, hanno odiato le loro origini e tuttora in cuor loro ammirano con una punta d'invidia la faticosa corsa al denaro, detta anche attività o abile industria, di quelli del Nord. Non conosco alcuna eccezione dei cosiddetti meridionalisti, compreso il troppo lodato Giustino Fortunato, nipote di manutengoli del brigantaggio, che abbia difeso il suo paese a viso aperto, usando solo l'arma della verità. (p. 136)
*I Borboni, così s'è detto, puntellavano il loro regno con tre effe: Festa, Farina, Forca. I piemontesi invece, più economici, largivano solo la forca; di farina non ce n'era più e le feste eran solo un ricordo. (p. 151)
*Le atrocità commesse in Sicilia e nei territori delle Due Sicilie durarono almeno fino al 1872. Nella tornata del 7 dicembre del 1863, il deputato Nocedal, alle Cortes di Spagna, il parlamento di Madrid, arringa contro il Piemonte, contro le barbarie che giornalmente vengono commesse contro la popolazione delle Due Sicilie: "L’ItaliaL'Italia è diventata campo vastissimo di esecrabili delitti; l’Italial'Italia paese classico di imperiture memorie, dove oggi giacciono prostrati al suolo e conculcati tutti i diritti; L'Italia, dove per sostenere quanto gli usurpatori hanno denominato liberalismo, si stanno sbarbicando dalle radici tutti i diritti manomettendo quanto vi ha di più santo e di sacro sulla terra… Italia, Italia! Dove sono devastati i campi, incenerite le città, fucilati a centinaia i difensori della loro indipendenza." (p. 207)
*Da noi il popolo minuto aveva sempre considerato i piemontesi non come italiani ma come stranieri, non gente della nostra terra ma invasori, saraceni, turchi, austriaci o francesi che fossero. Solo i signori erano italiani, ma per gli interessi loro. Un esercito d'occupazione, insomma, con le sue crudeltà, i suoi saccheggi, le case distrutte, le donne violentate a forza. (p. 229)
*A proposito, cos'è questa faccenda di Pontelandolfo e Casalduni, delle quali località nessuna storia cosiddetta conformista, vuoi liberale, vuoi progressista parla mai o accenna appena? Robetta; qualcosina di simile a quelle assai più recenti di Marzabotto e di Filetto, moltiplicate almeno per tre. (p. 257)
*Finiamola di definirci « i buoni » d'Europa; e nessuno dei nostri fratelli del Nord venga a lamentarsi delle stragi naziste. Le SS del 1860 e degli anni successivi si chiamarono, almeno per gli abitanti dell'ex reame, piemontesi. Perciò smettiamola di sbarrare gli occhi, di spalancare all'urlo le bocche, a deprecare violenze altrui in questo e in altri continenti. Ci bastino le nostre, per sentire un solo brivido di pudore. Noi abbiamo saputo fare di piu' e peggio. (p. 261)
 
==Bibliografia==