Gaetano Filangieri: differenze tra le versioni

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==''Gaetano Filangeri e l'illuminismo europeo''==
===[[Incipit]]===
La “Scienza"Scienza della legislazione”legislazione" fu l'ultima e la più ampia e matura tra le elaborazioni teoriche del dispotismo illuminato, quale modo di governare e progetto sociale, prima che la rivoluzione francese determinasse il crollo dell'antico regime.
 
===[[Citazioni]]===
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*Non basta persuadere il pubblico contro l'antica legislazione, bisogna prevenirlo in favore della nuova (p. 172)
*In secondo luogo, Filangeri sostiene l'incapacità della legge di dirigere efficacemente la condotta umana, quando non sia sorretta da costumi favorevoli alla sua attuazione; sostiene anzi che la stessa legge giusta, quando pretende d'incidere su un corpo di costumi corrotto, si trasforma paradossalmente, nonostante l'opposta ratio che l'[[anima]], in un nuovo strumento di corruzione (p. 179)
*Il primo è il censore di leggi. Di esso ne parla, per la prima volta nel [[1774]], nelle "Riflessioni politiche" sull'ultima legge del sovrano che riguarda l'amministrazione della giustizia in cui accenna che il mezzo per riparare «di necessari difetti delle leggi senza moltiplicare all’infinitoall'infinito il numero delle leggi particolari» era la creazione di un Censore «la cura del quale sia di supplire al difetto delle leggi, rendendole applicabili a quei casi che il legislatore non ha preveduti e di far vedere al legislatore vivente, quali sono quelle che dovrebbero essere derogate perché divenute inutili o perniciose». In altri termini, il Censore delle leggi avrebbe dovuto mantenere fermo il rapporto tra legge, costumi, religione, ricchezza di una nazione anche perché «la decadenza dei codici è una rivoluzione politica che si fa lentamente, che cammina con passi quasi insensibili e che ha bisogno di secoli per giungere al suo termine». La legislazione, quindi «potrà essere riparata» e a farlo dovrebbe essere il Censore.
:Questo nuovo ufficio doveva essere composto dai « più savi e più illuminati cittadini dello stato», ma Filangieri, non ne fissa il numero e non ne chiarisce la organizzazione. Questa «Magistratura [...] non dovrebbe essere che consultiva», altrimenti «lederebbe la principale prerogativa della facoltà legislativa». Ma non è detto a chi dovrebbero essere indirizzate le proposte: solo in qualche punto si parla, come interlocutore, di « governo», termine peraltro troppo generico per poter essere esattamente individuato. Quanto ai compiti essi erano:
# far presente la necessità di riforme legislative;
# far conoscere al « governo » («ultimo ad avvedersene») i vizi e i difetti della legislazione;
# ovviare alla molteplicità delle leggi (p. 204).
*Pietro Verri è più vicino alla [[Rivoluzione francese]] e di ciò dovrà tenersi conto nell’interpretarenell'interpretare (in questo particolarissimo campo) il suo pensiero. Di lui prenderemo in esame uno scritto, apparso sul «Caffè» e intitolato ''Sulla interpretazione della legge''. Anche il Verri, come Filangieri, tiene, anzitutto, a fissare un principio, « secondo ogni ragione chiarissimo, cioè che altra cosa è il legislatore, altra cosa il giudice». E che interpretare significhi, pel giudice, farlo divenire legislatore è a sufficienza dimostrato, secondo il Verri, pel fatto che «interpretare» significa far dire al legislatore più di quello che ha detto, e quel più è la misura della facoltà legislatrice che si arroga il [[giudice]]. E il far divenire legislatore il giudice «confonde le due persone [...] dalla assoluta separazione delle quali dipende essenzialmente la libertà politica di una nazione». E termina il suo discorso con questo elogio delle leggi scritte nel quale è racchiuso, in fondo, tutto il suo pensiero: «il più dolce, il più benefico impero è quello delle leggi: esse non conoscono parzialità, non hanno affetti; sode, immutabili, ordinano lo stesso ad ognuno» (p. 208)
*«La [[pena di morte]] non dovrebbe trovar luogo nel codice penale di un popolo che creda nella metempsicosi, poiché chi ritiene che dopo la morte si incarnerà in un altro essere vivente, non è sufficientemente dissuaso dalla minaccia della pena di morte; ma così invece per il cristiano, essendo questi in dubbio circa la sua sorte eterna, esposto com’ècom'è al rischio della dannazione. L’esilioL'esilio è senz’altrosenz'altro una pena sconveniente nei climi freddissimi ed in quelli caldissimi, al polo ed all'equatore, perché il delinquente, appena uscito dalla sua patria, temerebbe dì esservi richiamato e solleciterebbe i suoi a raggiungerlo». Anche le pene d’infamiad'infamia sono sconvenienti presso un popolo «istupidito dal clima, quindi privo quasi di immaginazione». Rapporto fra pena e sentimento religioso: quando l’ideal'idea di un luogo di ricompensa non è unita all’ideaall'idea di un luogo di tormenti, l’uomol'uomo è meno sensibile alle infelicità presenti, onde bisogna ammonirlo minacciandogli pene maggiori (p. 250).
*Un riformatore, Filangieri. Ma non un riformista. Un riformista è chi crede che i mali della società debbano essere eliminati solo entro l’ordinamentol'ordinamento sociale esistente, e ne esclude a priori il mutamento. Un riformista è chi crede al processo storico senza soluzioni di continuità, e alle soluzioni di continuità preferisce l’arrestol'arresto del processo storico. Un riformatore, invece, è chi pensa che i mali della società debbano comunque essere eliminati: possibilmente entro l’ordinamentol'ordinamento sociale esistente. Quello del riformatore è il primo stadio del rivoluzionario: un rivoluzionario che spera ancora nel presente. Quello del riformista è l’ultimol'ultimo stadio del conservatore: un conservatore che accetta il mutamento del particolare per poter mantenere in vita il generale. Il riformatore illuso, può diventare un rivoluzionario. Il riformista deluso, un reazionario (p. 293).
*Il ruolo dell’amministrazionedell'amministrazione diveniva fondamentale anche alla luce dell’insegnamentodell'insegnamento contenuto nel cap. VII del libro I della “Scienza"Scienza della legislazione”legislazione" intitolato «Degli ostacoli che s’incontranos'incontrano nel cambiamento della legislazione di un popolo e de’de' mezzi per superarli». Tale capitolo, che Venturi ha definito «uno dei più importanti dell’interadell'intera opera », acquistava agli occhi dei riformatori un fondamentale rilievo. In esso Filangieri, riprendendo un tema centrale del dibattito illuministico, sottolineava l’importanzal'importanza politica dell’amministratoredell'amministratore pubblico e forniva la prova dell’unitàdell'unità d’interessid'interessi esistente tra governo e nazione. Il «pubblico» doveva desiderare le riforme, e per far ciò «la penna degli scrittori diretta dall’amministrazionedall'amministrazione aprirà la strada alla nuova legislazione». «L’istruzioneL'istruzione» doveva dunque essere «unita alle mire del governo» (p. 300)
*In una frase in cui «i lumi sono universali» in «un secolo, nel quale secondo le parole di Filangieri, il corso rapido dell'immaginazione non è trattenuto dagli ostacoli che il dispotismo gli vuole opporre» non bastava infatti conoscere i mali della [[società]], ma bisognava proporre e cominciare ad applicare i rimedi (p. 304).