Alexandre Koyré: differenze tra le versioni

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[[Immagine:Koyre.jpg|thumb|Alexandre Koyré]]
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'''Aleksandr Vladimirović Kojre''', francesizzato in '''Alexandre Koyré''' (1882/1892 – 1964), storico della scienza e filosofo francese di origine russa.
 
*[...] fare della fisica nel nostro senso del termine [...] vuol dire applicare al reale le nozioni rigide, esatte e precise della matematica e, in primo luogo, della geometria. Impresa paradossale, se mai ve ne furono, poiché la realtà, quella della vita quotidiana in mezzo alla quale viviamo e stiamo, non è matematica. [...] Ne risulta che volere applicare la matematica allo studio della natura è commettere un errore e un controsenso. Nella natura non ci sono cerchi, ellissi, linee rette. È ridicolo voler misurare con esattezza le dimensioni di un essere naturale: il cavallo è senza dubbio più grande del cane e più piccolo dell'elefante, ma né il cane, né il cavallo, né l'elefante hanno dimensioni strettamente e rigidamente determinate: c'è dovunque un margine di imprecisione, di "giuoco", di "più o meno", di "pressappoco". [...] Ora è attraverso lo strumento di misura che l'idea dell'esattezza prende possesso di questo mondo e che il mondo della precisione arriva a sostituirsi al mondo del "pressappoco". (da ''Dal mondo del pressappoco all'universo della precisione'', Torino, 1967)
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===Citazioni===
*''Il metodo'' cioè ''la via'', è la sola [[via]] che ci possa liberare dall'[[errore]] e ci possa condurre alla conoscenza della [[verità]]. (p. 39)
*[...] non è per la massa che scrive Cartesio; ma per quelli che avranno le [[Forza|forze]] necessarie e che potranno seguirlo fino in fondo. Così come non è per la massa che Platone compose i suoi dialoghi e che [[Agostino d'Ippona|Sant'Agostino]] scrisse la sua [[storia]]: la storia della sua conversione verso [[Dio]]. (p. 40)
*Se tutto è possibile, non c'è allora niente che sia vero. E se niente è sicuro, solo l'[[errore]] è certo. (p. 41)
*Il cosmo scomparso<br>Le [[Idea|idee]] oscure e confuse, che fanno nascere il [[dubbio]] e che sono, a loro volta, distrutte dal dubbio, sono quelle che ci pervengono dalla tradizione e dai sensi. Per quanto riguarda quelle chiare, quelle vere, esse sono innanzi tutto le ''idee matematiche''. E la [[ragione]] è ugualmente la ragione matematica. Poiché solamente nelle matematiche la mente umana è giunta all'evidenza e alla certezza ed è riuscita a costruire una [[scienza]], una vera disciplina in cui progredisce con [[ordine]] e chiarezza dalle cose più semplice alle costruzioni più complicate. Quindi il metodo cartesiano, questo metodo che Cartesio ci dice di aver creato prendendo il meglio delle "tre arti o scienze che egli da giovane aveva un po' studiato": la Logica, L'Analisi dei Geometri e l'Algebra, si fonderà essenzialmente sulla matematica. (p. 59)
 
==''Scritti su Spinoza e l'averroismo''==
*{{NDR|Sulla mancanza di congenialità tra la cultura espressa dai Romani e alcune aree del sapere (matematica, scienza, filosofia)}} È curioso constatare eed insisto sisu questo punto., perché mi sembra di importanza capitale, e perché, pur essendo noto, non mi sembra abbastanza sottolineato è curioso constatare l'indifferenza pressoché totale del mondo romano[[roma]]no per la scienza e la filosofia. Il cittadino romano si interessa alle cose pratiche. L'[[agricoltura]], l'[[architettura]], l'[[arte della guerra]], la [[politica]], il [[diritto]], la [[morale]]. <br /br> Ma si cerchi in tutta la letteratura latina classica un'opera scientifica degna di questo nome, e non si troverà; un'opera filosofica, ancor meno. Si troverà [[Gaio Plinio Secondo|Plinio]], cioè un insieme di aneddoti e racconti da comare; [[Seneca]], cioè un'esposizione coscienziosa della morale e della fisica stoiche, adattate il che significa semplificate ad uso del pubblico romano; [[Marco Tullio Cicerone|Cicerone]], cioè i tentativi filosofici di un letterato dilettante; o [[Macrobio]], un manuale di scuola elementare. </br>< /br> È veramente stupefacente, se vi si presta attenzione, che i Romani, non producendo nulla essi stessi, non abbiano nemmeno mai sentito il bisogno di procurarsi delle traduzioni. In effetti, al di fuori di due o tre dialoghi platonici (tra cui il ''Timeo'') tradotti da Cicerone trasduzione di cui non ci è pervenuto nulla né [[Platone]], né [[Aristotele]], né [[Euclide]], né [[Archimede]] sono mai stati tradotti in latino. Almeno nell'età classica. Perché se è vero che l'''Organon'' di Aristotele e le ''Enneadi'' di [[Plotino]] lo furono, è parimenti vero che in fin dei conti ciò avvenne molto tardi e per opera di [[Cristianesimo|cristiani]]. (pp. 63-64).
 
==Note==
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*Alexandre Koyré, ''Studi galileiani'' (''Etudes galiléennes'', 1966), traduzione di Maurizio Torrini, Einaudi, Torino, 1979.
*Alexandre Koyré, ''Lezioni su Cartesio'' (''Entretiens sur Descartes''), traduzione di Hélene Tenda e Paolo Guidera, a cura di Paolo Guidera, Tranchida Editori, Milano, 1990.
*Alexandre Koyré, ''Scritti su [[Spinoza]] e l'[[Averroè|averroismo]]'', a cura di AlessandroAndrea Cavazzini, traduzione di, Edizioni Ghibli, Milano, 2002. ISBN 9788888363332
 
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