Anna Banti: differenze tra le versioni

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==[[Incipit]] di ''Noi credevamo''==
Credono che io dorma, che passi dal sonno a un dormiveglia incosciente: che, insomma, non abbia più la testa a posto. L'hanno sussurrato anche al medico, l'altro ieri, sicuri che io non sentissi. Come al solito, mi era entrato in camera senza chieder permesso, per una delle sue inutili visite, e la sua voce stentorea, militaresca dal forte accenno piemontese («come sta il nostro amico?») mi forzò ad aprire gli occhi. Sto sempre con gli occhi chiusi quando non sono solo, e non so perché, forse per rifiutare una vita che non m'interessa più. Sono davvero malato? Non direi, nessuna parte del corpo mi duole e se volessi potrei vivere normalmente, magari uscire, parlare. Ecco: parlare.
 
* La verità è che nulla amo di [[Torino]]: non il suo ordine, non la sua mediocre civiltà piena di sussiego. Odio i suoi impiegatucci, i suoi militari, i suoi uomini politici. (p. 14, ed. Oscar Mondadori)
 
Un mezzanino come la groppa di un burocrate servile, un imperioso piano nobile, tronfio di architettoniche ostentazioni, il terzo piano per il rentier borghese che ama il decoro e il risparmio; in cima le mansarde concesse con sopportazione ai decaduti, agli studenti, agli artisti, gente tenuta d'occhio e congedata alla prima scadenza d'affitto non corrisposta. Io abito al terzo piano, ma nel concetto del guardaportone in giamberga nondebbo ispirare maggior fiducia degli inquilini delle soffitte. Siamo “napoletani”, noi soggetti da guardarsene, da sorvegliare, qualcosa di mezzo tra il brigante e l'imbroglione. (p. 15, ed. Oscar Mondadori)
 
==Bibliografia==