Luigi Settembrini: differenze tra le versioni

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*{{NDR|A [[Napoli]] dopo la salita al trono di [[Ferdinando II delle Due Sicilie]]}} Dopo il 1830 nacque una nidiata di giornali, che sebbene parlassero solo di cose letterarie, e dicessero quello che potevano dire, pure ei si facevano intendere, erano pieni di vita e di brio, e toccava quella corda che in tutti risponde. Era moda parlare d'[[Italia]] in ogni scritturella, si intende già l'Italia dei letterati: e sebbene molti avessero la sacra parola pure al sommo della bocca, nondimeno molti alri l'avevano in cuore. (citato in [[Elena Croce]], ''La patria napoletana'', Mondadori, 1974)
*Io non so se Roma pagana gettò più uomini alle belve, che Roma cristiana al rogo. (da ''Lezioni di letteratura italiana'')
*Il [[mondo]] stima poco quello che paga poco. (da ''Le ricordanze'')
*La volontà è più forte dell'intelletto. {{da controllare|citazione necessaria|Se sai qual è la fonte di questa citazione, inseriscila, grazie.}}
*Non è grande [[uomo]] chi sa molto, ma chi ha molto meditato. (da ''Scritti inediti'', a cura di Francesco Torraca, Società Commerciale Libraria, 1909)
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*Intanto venne l’agosto, vennero le nuove delle tre giornate di luglio a [[Parigi]]. Che salti, che allegrie, che propositi facevamo noi altri giovani! S’aspettava anche noi il giorno di pigliare le armi, e scoparla una volta per sempre questa razza borbonica nemica di ogni bene e di ogni libertà. Re [[Francesco I delle Due Sicilie|Francesco]] fu atterrito dalla novella. Corse voce che il giovane [[Ferdinando II delle Due Sicilie|Ferdinando]], che allora attendeva a riformare l'esercito, dicesse al padre: "Andiamo noi coi nostri soldati a rimettere l’ordine a Parigi". E Francesco rispose: "Che soldati! Ti puzza ancora la bocca di latte, e non sai che bestie sono i francesi". Se è vero, non so; né io ero lì in corte per udire cosiffatto discorso. Si diceva, e io lo ridico. Se è un’invenzione, dentro c’è la verità del carattere del padre e del figliuolo. Sul cominciare di novembre re Francesco morì dopo cinque anni regnati coi preti, con le spie e col carnefice. (p. 14)
*Oggi non si vuol sapere di sette, e va benissimo: ma una volta esse ci sono state, e per esservi dovevano avere la loro ragione. Non bisogna scandalezzarsene e biasimarle così a la cieca, ma considerare che in certi tempi e in certi popoli elle sono una necessità, e moltissimi uomini di virtù e di senno credettero bene di appartenervi. Nei paesi liberi ci sono le parti, le quali sono pubbliche, e adoperano mezzi se non sempre onesti almeno d’un’apparenza legale. Nei paesi servi ci sono le sette, che sono segrete, e che per ira e corruzione non badano troppo alla qualità dei mezzi. Le sette sono una necessità della servitù, e cessano quando l’idea che le ha formate non è più né segreta né di pochi, ma pubblica e generale, e deve diffondersi e volare per tutto. Se volete la farfalla, dovete avere prima il verme. Allora non potevamo in altro modo intenderci, accordarci, tentare libertà, e spargere il seme di quelle idee che han prodotto il frutto che ora apparisce. Non abbiate dunque a male se io vi parlo d'una setta. (p. 30)
*In tutte le cose del mondo un poco d'impostura ci vuole, ed è come il sale che da sapore se è poco, e rende amaro se è molto. L'è una cosa difficile, ma il più difficile e più bello. (p. 30)
*L’unità d’Italia fu sempre antico e continuo desiderio di tutti gli Italiani intelligenti e generosi. [[Dante]] voleva l'unità del mondo con a capo l'[[Italia]], la monarchia universale con due capi l'imperatore e il papa: questa era una poesia ma ha il suo valore storico, perché indica che l’unità religiosa del medio evo era già rotta e divisa in due. (p. 31)
*Se l'[[Italia]] fosse repubblica non potrebbe essere che una federazione di repubbliche, delle quali più che la metà sarebbero del papa. (p. 31)
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*Quando le strade comunali, provinciali, e ferrovie metteranno i [[Calabria|Calabresi]] in facili comunicazioni tra loro e con le altre genti d’Italia, allora si scioglierà quell’antica lotta chiusa in ogni paesello tra il proprietario sempre usuraio lì, e il proletario sempre debitore, si ammansirà quell’odio per oltraggi antichi che è la vera cagione del [[brigantaggio]]. (p. 36)
*Quando quelle genti avranno lavoro, istruzione e giustizia, quelle loro nature sì gagliarde nei delitti saranno gagliarde nel lavoro, nelle industrie, nelle arti, nella guerra santa e nazionale. In nessuna contrada ho veduto più ingegno che in [[Calabria]], lì schizza proprio dalle pietre, ma raramente è congiunto a bontà, spesso è maligna astuzia. (p. 36)
*In quel sozzo lombricaio borbonico, il solo re [[Ferdinando II delle Due Sicilie|Ferdinando]] fu costumato. (p. 38)
*Nessun prete voleva riceverlo in chiesa. Il [[Antonio Ranieri|Ranieri]] parlò a parecchi parrochi, e tutti no: gli fu indicato quello di San Vitale come uomo di manica larga e ghiotto di pesci. Ei tosto corse a la Pietra del pesce, comperò triglie e calamai, e ne mandò un bel regalo al parroco, il quale si lasciò persuadere, e fece allogare il cadavere nel muro esteriore accanto la porta della chiesa. Così per pochi pesci [[Giacomo Leopardi]] ebbe sepoltura. Queste cose me le diceva il Ranieri, ed è bene che il mondo le sappia queste cose. (p. 40)
*Il soldato, il prete, ed il maestro di scuola sono i soli uomini che fanno le rivoluzioni: il soldato ed il prete hanno sinora comandato il mondo, il maestro di scuola attende la sua volta, la quale verrà quando il mondo sarà guidato non dalla forza né dal sentimento, ma dalla intelligenza: e pare che si avvicini perché oggi, risorgendo il popolo, prevale il maestro che deve sollevarlo con la scuola. Gli uomini che fanno il mestiere di soldato, di prete, e di maestro di scuola sono pochi e male retribuiti dell'opera loro: chi può degnamente retribuire il soldato, il buon prete, il maestro che educa ed istruisce? E il mondo stima poco quello che paga poco, e però tiene questi uomini in poco pregio. E veramente chi vuol fare uno di questi mestieri per solo fine di guadagno lo fa male, ed è meritamente spregevole: perché senza una grande abnegazione, senza un grande animo, e senza poesia non si è bravo soldato, non si è buon prete, o si è maestro ed educatore degli uomini. (p. 65-66)
 
==Note==