Paolo Pavolini: differenze tra le versioni

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===Citazioni===
*[[Lev Nikolaevič Tolstoj|Leone Tolstoj]] ripeteva spesso che per conoscere davvero un paese bisognava visitarne le prigioni: noi sosteniamo invece che è sufficiente (e più agevole) scorrerne i [[Giornale|quotidiani]]. (p. 11)
*I [[Giornale|quotidiani]] littori, negli anni ruggenti della guerra, furono fino al '43 un urlo delirante di trionfi inesistenti, o meglio una fabbrica miracolosa per smacheraremascherare le sconfitte in successi. (p. 11)
*[[Benito Mussolini|Mussolini]] contribuì egregiamente ad accelerare la sconfitta delle sue truppe, tanto che qualche antifascista particolarmente sottile proclamò che Mussolini, a quel punto, lavorava contro Mussolini. (p. 18)
*[[Benito Mussolini|Mussolini]] aveva perso la guerra delle armi, aveva perso la guerra della propaganda. Gli restava un'estrema carta: anticipare tutti i possibili aspiranti alla sua successione, inforcando per primo (ci perdoni il bisticcio) il cavallo vincente della sconfitta sicura. (p. 19)
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*[[Erwin Rommel|Rommel]] rifiutò sempre di ripiegare da quel fronte indifendibile {{NDR|[[El Alamein]]}}, riuscendo anche ad infiammare [[Benito Mussolini|Mussolini]] che in quella calda estate del suo estremo fulgore si trasferì nel deserto egiziano con un grosso cavallo bianco, che voleva inforcare nella sua entrata trionfale al [[Il Cairo|Cairo]]: finché il disagio prolungato della temperatura, unito a un doloroso attacco di dissenteria, lo convinsero a tornarsene a [[Roma]] insieme col suo cavallo. (p. 51)
*La [[massoneria]] contava nelle proprie file [[Vittorio Emanuele III|Vittorio Emanuele]], come uno dei suoi "venerabili" più eminenti. (p. 54)
 
==Bibliografia==
*Paolo Pavolini, ''1943, la caduta del fascismo – 1'', Fratelli Fabbri Editori, Milano 1973.