Vittorio Emanuele II di Savoia: differenze tra le versioni

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*Con Roma capitale ho sciolto la mia promessa e coronato l'impresa che ventitré anni or sono veniva iniziata dal mio magnanimo genitore.<ref>Citato in Pier Luigi Vercesi, ''L'Italia in prima pagina: i giornalisti che hanno fatto la storia'', Francesco Brioschi Editore, 2008, p. 411.</ref>
*{{NDR|Rivolgendosi a [[Costantino Nigra]]}} Io procurerò di sbarrare la via di [[Torino]], se non ci riesco e il nemico avanza, ponete al sicuro la mia famiglia e ascoltate bene questo. Vi sono al Museo delle armi quattro bandiere austriache prese dalle nostre truppe nella campagna del 1848 e là deposte da mio padre. Questi sono i trofei della sua gloria. Abbandonate tutto, al bisogno: valori, gioie, archivi, collezioni, tutto ciò che contiene questo palazzo, ma mettete in salvo quelle bandiere. Che io le ritrovi intatte e salve come i miei figli. Ecco tutto quello che vi chiedo; il resto non conta.<ref>Citato in ''Corriere della Sera'', 22 febbraio 2010.</ref>
*{{NDR|In occasione dell'apertura del Parlamento piemontese}} Il nostro Paese, piccolo per territorio, acquistò credito presso i consigli d'europa perchèperché grande per le idee che rappresenta, le simpatie che esso ispira. Questa condizione non è scevra di pericoli. GiacchèGiacché nel mentre che rispettiamo i trattati, non siamo insensibili al grido di dolore che da tante parti d'Italia si leva verso di noi. Forti per la [[concordia]], fidenti per il nostro buon diritto, aspettiamo prudenti e decisi decreti della Divina [[Provvidenza]]. <ref>Dal ''Discorso della Corona'' al Parlamento Subalpino, 10 gennaio 1859. Citato da {{cita web | autore = Antonello Capurso | autore2 = [[Gaetano Quagliarello]] | titolo = Le frasi celebri nella storia d'Italia | pagina = 4 | editore = Mondadori | data = 23 ottobre 2012 | isbn = 9788852031267 | oclc = 799582099}}, serie Oscar Storia.</ref>
*Io non ho altra ambizione che quella di essere il primo soldato dell'indipendenza italiana.<ref>Dal ''Proclama ai Popoli del Regno'', 20 giugno 1859; citato in [[Giuseppe Fumagalli]], ''[[s:Indice:Chi l'ha detto.djvu|Chi l'ha detto?]]'', Hoepli, 1921, p. 421.</ref>
*[...] l'italia è restituita a se stessa e a Roma. [...] qui, dove noi riconosciamo la patria dei nostri pensieri, ogni cosa ci parla di grandezza ma nel tempo stesso ogni cosa ci ricorda i nostri doveri [...].<ref>Da ''Seduta reale d'inaugurazione della sessione 1871-1872'', 27 novembre 1871, in ''Rendiconti del Parlamento italiano sessione del 1871-1872'', vol. I, ''Discussioni della Camera dei deputati'', Eredi Botta, Roma, 1872<sup>2</sup>, [https://books.google.it/books?id=UH0J9NyZPVoC&pg=PA1 p. 1]. La frase, pronunciata presso [[Palazzo Montecitorio]] (sede della Camera dei deputati), è citata in una targa presso Palazzo Madama di Roma (sede del Senato della Repubblica), nell'Aula, precisamente dietro al seggio del presidente.</ref>
*La volontà della nazione, fondamento del nostro diritto pubblico, e glorioso titolo della monarchia su cui venne ricostituita l'unità della patria, ha la sua ordinaria manifestazione per mezzo del corpo elettorale, da cui emana la Camera rappresentativa.<ref>Dal Decreto del 23 aprile 1876, in [https://www.gazzettaufficiale.it/do/ricerca/pdf/foglio_ordinario1/1?resetSearch=true G.U. n. 96 del 24 aprile 1876].</ref>
*Mio caro generale, vi ho affidato l'affare di [[Genova]] perché siete un coraggioso. Non potevate fare di meglio e meritate ogni genere di complimenti. Spero che la nostra infelice nazione aprirà finalmente gli occhi e vedrà l'abisso in cui si era gettata a testa bassa. Occorre molta fatica per trarla fuori ed è proprio suo malgrado che bisogna lavorare per il suo bene; che ella impari per una volta finalmente ad amare gli onesti che lavorano per la sua felicità e a odiare questa vile e infetta razza di canaglie [...]<ref>Da una lettera al generale [[Alfonso La Marmora]] del 1849; citato in Andrea Acquarone, ''Zena 1814. Come i liguri persero l'indipendenza'', Fratelli Frilli Editori, Genova, 2015, p. 78. ISBN 978-88-6943-094-7</ref>
*[...] l'italia è restituita a se stessa e a Roma. [...] qui, dove noi riconosciamo la patria dei nostri pensieri, ogni cosa ci parla di grandezza ma nel tempo stesso ogni cosa ci ricorda i nostri doveri [...].<ref>Da ''Seduta reale d'inaugurazione della sessione 1871-1872'', 27 novembre 1871, in ''Rendiconti del Parlamento italiano sessione del 1871-1872'', vol. I, ''Discussioni della Camera dei deputati'', Eredi Botta, Roma, 1872<sup>2</sup>, [https://books.google.it/books?id=UH0J9NyZPVoC&pg=PA1 p. 1]. La frase, pronunciata presso [[Palazzo Montecitorio]] (sede della Camera dei deputati), è citata in una targa presso Palazzo Madama di Roma (sede del Senato della Repubblica), nell'Aula, precisamente dietro al seggio del presidente.</ref>
*{{NDR|Rivolgendosi ad un Ambasciatore Francese}} Se noi fossimo battuti in Crimea, non avremmo altro da fare che ritirarci, ma se saremo vincitori, benissimo! questo varrà per i Lombardi assai meglio di tutti gli articoli che i ministri vogliono aggiungere al trattato [...] se essi non vorranno marciare, io sceglierò altri che marceranno [...].<ref>Citato in Franco Catalano, ''L'Italia nel Risorgimento dal 1789 al 1870'', Mondadori, 1964.</ref>