Fernand Braudel: differenze tra le versioni

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*E [[Napoli]] ha continuato a dare molto all'Italia, all'Europa e al mondo: essa esporta a centinaia i suoi scienziati, i suoi intellettuali, i suoi ricercatori, i suoi artisti, i suoi cineasti.... Con generosità, certo. Ma anche per necessità. Mentre non riceve nulla, o pochissimo, da fuori. L'Italia, secondo me, ha perso molto a non saper utilizzare, per indifferenza, ma anche per paura, le formidabili potenzialità di questa città decisamente troppo diversa: europea prima che italiana, essa ha sempre preferito il dialogo diretto con Madrid o Parigi, Londra o Vienna, sue omologhe, snobbando Firenze o Milano o Roma....<br>Non attendiamoci da essa né compiacimenti, né concessioni. Questo capitale oggi sottoutilizzato, sperperato fino ai limiti dell'esaurimento – poiché non si può dare indefinitamente senza ricevere – quale fortuna per tutti noi, se ora, domani, potesse essere sistematicamente mobilitato, sfruttato, valorizzato. Quale fortuna per l'Europa, ma anche e soprattutto per l'Italia. Questa fortuna, Napoli merita, più che mai, che le sia data.<ref name=capitale>Citato in ''[https://www.altaterradilavoro.com/fernand-braudel-su-napoli/#:~:text=Ma%20l'errore%20dell'Unit%C3%A0,abituate%20a%20dominare%20e%20guardare Fernand Braudel su Napoli]'', ''altaterradilavoro.com'', 1 dicembre 2018.</ref>
*[[Genova]], con i suoi colossali bastimenti famosi allora nel mondo intero, con le sue case ammonticchiate che spuntano come candele – l'ho amata e l'amo ancora.<br>Anche Genova bisogna incontrarla venendo dal mare. Avendo proclamato a gran voce che l'amavo, mi sono visto arrivare lettere, segni di amicizia. Ma anche delle domande: dicevo proprio quello che pensavo? Anche in tempo di maestrale, che cola come una sfilza di rivoletti ghiacciati per strade e stradette, Genova mi incanta. Dalla città alta un breve movimento delle spalle, una svolta ad angolo retto, ed eccovi nella città vecchia, nera, un altro universo, segreto, pieno di odori forti... Siete perduti. Ci si riprende, si torna alla ragione solo al termine del pendio, quando appare il mare.<ref>Da ''L'Italia che mi ha incantato'', in ''Corriere della Sera'', 31 ottobre 1982, p. 3</ref>
*Impossibile, nondimeno, per me non vagheggiare per Napoli una sorte diversa da quella che le conosco oggi e non invitare i miei amici italiani, per assaporarne reazioni, tanto più inorridite in quanto siano originari di Milano, di Bologna o di Firenze, a immaginare quale avrebbe potuto essere il destino dell'Italia ed il volto attuale di questa città se essa fosse stata preferita a Roma come capitale del nuovo Stato. [[Roma]], che nulla qualificava a svolgere questo ruolo, salvo la sua leggenda e il suo passato, quando Napoli era – e di gran lunga –, malgrado i rapidi progressi di Torino, la sola città ad essere, verso il 1860-70,all’altezza all'altezza del compito.<ref name=capitale />
*Ma l'errore dell'Unità risiede probabilmente altrove: nella volontà di costruire ad ogni costo uno Stato centralizzato su un modello francese del quale noi francesi abbiamo tanta difficoltà a disfarci oggi, voltando le spalle a ciò che faceva la sua ricchezza, quella pluralità di città abituate a dominare e guardare lontano. Si vagheggia volentieri di una rotazione, di cinque anni in cinque anni. Ma Napoli avrebbe saputo attendere tranquillamente? Temo di no: essa ama troppo la vita e le gioie della potenza per cedere a simili generosità.... Facilmente la credo capace di un immenso coraggio, non del gusto del sacrificio. Non la vedo rientrare nei ranghi dopo avere occupato la prima pagina: per conservare questo posto, ha scelto di essere diversa.<ref name=capitale />
*Ne consegue l'obbligo di rivolgersi ai mercati d'oltremare. In una corsa di questo genere, l'Inghilterra è la meglio piazzata, in quanto ha utilizzato la via più sicura e veloce: quella dei legami della finanza. Da allora, legata a Londra, l'America latina resterà alla periferia dell'economia-mondo europea, dalla quale anche gli Stati Uniti, costituiti nel 1787, avranno, nonostante i precoci vantaggi, molte difficoltà a uscire del tutto. È alla Borsa di Londra, e secondariamente a quella di Parigi, che si registrano, con le quotazioni dei prestiti, gli alti e i bassi dei nuovi destini dell'America.<ref>Da ''Civiltà materiale: secoli XV-XVIII'', p. 446.</ref>