Alan Duff: differenze tra le versioni

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*Si era messa a ricordare tutte le abitazioni dov'era stata, case dei parenti, la propria casa dell'infanzia, gli amici. Niente. Non c'erano libri. Pensò ''perché''? Quasi in preda all'angoscia. Perché i maori non s'interessano ai libri? Vero è che non avevano una lingua scritta prima dell'arrivo dell'uomo bianco, forse era per quello. Ma ne era angustiata lo stesso. E aveva cominciato a pensare che era perché una società senza libri non aveva uno schifo di possibilità nel mondo moderno. E io ci vivo dentro, no? io e i miei figli. (p. 5)
*Una volta Beth aveva visto un ragazzino, oh, poveraccio, in un pomeriggio piovoso dalla finestra della sua camera, una carcassa dall'altra parte della via, e dai movimenti aveva capito che il poveretto si stava masturbando. L'aveva fatta piangere. Aveva abbassato gli occhi e pianto. Amore, aveva pensato. È tutto quello che chiede quel bambino, amore. E deve prenderlo da se stesso perché altra fonte non esiste, le aveva detto l'istinto. Le era venuta la voglia di correre giù a prenderlo per portarselo a letto e, sai, fargli un bel servizio con i fiocchi. Giusto per farlo star bene. (pp. 11-12)
*Maschi: con quel loro chiodo fisso che devono essere ''duri''. È la cosa più importante al mondo per loro. Specialmente per i maori. Non che i maschi [[Pākehā|pakeha]]<ref name=pakeha>{{Cfr}} [[:w:it:Pākehā|Pākehā]]</ref> a scuola siano molto meglio. Tutti stupidi. (p. 21)
*Jake il Muss, così lo chiamano i suoi amici, gli amici che gli strisciano davanti. Muss sta per muscoli. Lo adorano per la sua forza. Fa niente che ieri, se non è stato stamattina presto, ha pestato mia madre. Non si scompongono per quello, è sempre il loro eroe. (p. 22)
*Io non faccio uova fritte con cibi bolliti. Neanche morta. Quello che servo è quello che avrete da mangiare. Non sei soddisfatto, vai a farti un giro, Jim. Non siamo in un cazzo di ristorante qui e io non sono la schiava di nessuno. Nemmeno sua. Grace immagina la mamma che indica suo padre. E Grace ha paura per lei. Ha paura per la sua integrità fisica e si domanda ''perché'' se le tira addosso una buona metà delle volte? Sa com'è papà. Qualcuno che dice qualcosa, Grace non capisce bene, ma sente chiara la mamma: Che diavolo intendi con la maniera maori? Voi vi chiamate maori? Poi Jake che le dice di tagliare, donna. E lei che gli dice di andare all'inferno. Ha le sue opinioni e ha il diritto di esprimerle. E ci torna sopra: maori, eh? C'è un solo qui dentro che sa parlare in maori? Nessuna risposta. Che cosa sappiamo della nostra cultura? La sua voce è emozionata, come diventa quando ha bevuto troppo, oppure com'è comunque quando le salta una mosca al naso. Voci maschili, un coro, a dirle di tapparsi la bocca e mettersi a sedere e che ha una bella faccia tosta a parlargli in quel modo. Ma Beth che non demorde. Gli dice che il maori una volta aveva una cultura ed era orgoglioso e conosceva l'arte del guerreggiare, non questa merda di strafottenza buona solo a pestare le donne, vorreste forse chiamarla virilità? Non è virilità, è poco ma sicuro non è il comportamento di un guerriero maori. Chiedetevi allora che siete.<br>Ma gli uomini non ascoltano, Grace sente una voce che dice, Basta così. Non me ne starò qui a sentire una donnetta che parla così agli uomini. Rumore di seggiole sul pavimento, poi Jake: Chiedi scusa, Beth. Silenzio. ''Neanche per sogno che non chiedo scusa! Di che cosa mi devo scusare? DIGLIELO A LUI di chiedere scusa!''<br>Poi li sente che se ne vanno tutti. Finalmente lo sbattere della porta. Silenzio di nuovo. Grace che tiene gli occhi chiusi, stretti stretti, si tira la coperta sopra la testa aspettando l'inevitabile. E arriva.<br>E Grace è sotto la sua coperta a muovere la bocca rapidamente ma regolarmente da parte a parte e a spargere un aaaahhhh a bassa voce sotto la coperta, che soffoca completamente il grido. Non si permette nemmeno di pensarci. Sono pensieri che verranno più tardi. (pp. 28-29)
*Si costruisce un'immagine del magistrato, del suo ambiente, pensa alla bella casa da cui deve venire, uno che non ha mai visto suo padre picchiare sua madre per non aver cucinato per uno dei suoi amici uova fritte da servire con bollito di carne con patate.<br>Lui non è mai stato svegliato dal pieno del sonno o messo nelle condizioni di non dormire per il fragore del litigio che si è scatenato di sotto. Lui non ha provato niente di quello che le persone davanti a lui come Boogie hanno dovuto sopportare. Eppure lui è lì a spiegare al povero Boogie che ragazzo cattivo che è.<br>[...] Tutto liscio per quello lì, lassù, scommetto che è stato in qualche scuola bene e ah naturalmente all'università; e proprio come i ragazzi pakeha<ref name=pakeha/> della mia classe scommetto che quando era piccolo gli leggevano, lo incoraggiavano con i compiti, gli facevano anche dei corsi privati se aveva difficoltà in qualche materia. Loro fanno così per i loro figli, i pakeha. Non quelli scalcagnati, del resto la gran parte dei pakeha non vengono da famiglie scalcagnate. (p. 36)
*Cavallo e carrozza, amore e matrimonio, sigaretta e [[birra]]. (Birra e cazzotti. Birra e mutazione della personalità. Birra e...) [...] Birra e cultura. Cultura? Birra e cultura maori. È la nostra linfa vitale. Noi viviamo per la nostra birra. Lo hanno fatto i miei quanto a quelli di Jake, ce n'è così di storie che mi ha raccontato su come tracannavano. Si capisce che è mezzo matto. (p. 44)
*Diavolo, non so, ci dev'essere qualcosa nella natura maori che ci rende scapestrati, più inclini a violare la legge. Eppure siamo brava gente. Fondamentalmente siamo buoni. Mettiamo in comune le cose. Siamo pronti a toglierci la camicia di dosso per darla a qualcun altro. (Finché non sei vissuto per un po' a Pine Block, s'intende, poi t'incallisci, succede a quasi tutti.) E abbiamo questa... Beth pensa e pensa, cerca di far corrispondere alla sua comprensione istintiva una parola adatta: passione. Abbiamo passione, noi maori. O forse è stile. Ma non come lo stile dei neri che si vede in televisione per come sono eleganti, alla moda, tosti, e come si muovono con quel loro andamento ritmico da neri, no, non così, ma un incrocio tra quello e i bianchi che sono meno appariscenti. Oh, e lo spirito, se siamo gente spiritosa. Ridacchia fra sé. Ma quanto a cose no, noi non abbiamo ''cose''. Nel senso di oggetti. Beni materiali. E chi ne ha bisogno? Mai conosciuto un maori che avesse la fregola di possedere ''roba''. È qui, battendosi la mano più o meno sul cuore, è qui dove vogliamo appagamento. Si batte la mano sul ventre. E anche qui. Ride. Cibo. Adoriamo il nostro cibo. Anche quando sappiamo che ci fa male, o che addirittura ci ammazza in anticipo. Noi diciamo, E chi se ne frega, non fa niente, è stato bello finché è durato. Com'è che dicono? Svogliato. Così. Noi siamo una razza svogliata. Eccetto quando siamo ubriachi. Allora ci viene la voglia. Di menare il prossimo. (p. 47)
*Noi eravamo una stirpe di guerrieri, Oh pubblico che mi ascolti. Lo sapevi? E i nostri uomini erano pieni di tatuaggi sulla faccia feroce, ed erano tatuaggi ''incisi'' e guai a fiatare. Non un sospiro. Anche le donne avevano tatuaggi sul mento e le loro labbra erano nere di disegni. Ma credo che a noi permettessero di gridare quando ci tatuavano; immagino che pensassero che noi donne siamo deboli di natura, ma non è così. [...] Ed eravamo sempre in guerra, noi maori. Gli uni contro gli altri. Vero. È vero, davanti a Dio, pubblico. Ci odiavamo. Tribù contro tribù. Selvaggi. Eravamo dei selvaggi. Però guerrieri. È molto importante ricordarlo. Guerrieri. Perché, vedete, è quello che abbiamo perso quando voi, dico al pubblico bianco che c'è laggiù, ci avete sconfitto. Ci avete sottomessi. Avete preso la nostra terra, la nostra ''mana'', ci avete tolto tutto. Ma questa faccenda dell'essere guerrieri ci è stata tramandata. Be', almeno si può dire così, in una maniera un po' confusa. È più la fortezza d'animo quella che è stata tramandata da generazione in generazione. Fortezza d'animo, sì. Noi maori possiamo anche essere tutto il brutto di questo mondo ma non potete portarci via la nostra forza d'animo. Ma questa forza d'animo, dico a voi pakeha<ref name=pakeha/>, ha cominciato a significare sempre meno via via che il mondo invecchiava, imparava più cose, con la sua nuova tecnologia e tutta questa strombazzata faccenda dei computer, oh ma anche prima dei computer la forza d'animo era diventata superflua. Buona questa parola in bocca a un maori, eh, superfluo? (pp. 52-53)
 
==Bibliografia==