Charles Langbridge Morgan: differenze tra le versioni

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==''Ritratto in uno specchio''==
===Incipit===
DRUFFORD<br><br>Avevo diciott'anni quando, nell'estate del 1875, per la prima volta in vita mia andai ospite in una villa in campagna. Sebbene a quei tempi la casa di mio padre a Drufford nel Kent fosse abbastanza rustica, troppo rustica per i gusti di mia sorella Ethel –, quel termine di villa in campagna merita di essere accentuato, a sottolineare il contrasto tra le solide comodità di Drufford e ciò che Ethel chiamava lo "stile" della "dimora" dei Trobey nella contea di Oxford. Diceva: « Quella dei Trobey è una vera villa di campagna. Si trova a diverse miglia dalla stazione di Singstree. C'è un viale di accesso alla casa, la quale, naturalmente, dalla strada non si vede ».<br>M'ero già chiesto perché lei e mio fratello Richard volessero rendermi partecipe di tanta magnificenza; poiché troppo spesso Ethel mi aveva chiaramente fatto intendere che, per quanto intelligente fossi, restavo pur sempre un ragazzo goffo e svagato; e che se non mi scuotevo, badando a dove mettevo i piedi e rispondendo con garbo quando mi si rivolgeva la parola, per tutta la vita sarei stato oggetto di scherno e sarei finito male. Eppure, era proprio grazie ai buoni uffici di Ethel presso Pug Trobey, che quell'anno l'invito della signora Trobey si era esteso anche alla mia persona.
 
===Citazioni===
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==''La stanza vuota''==
===Incipit===
L'ultimo sabato di novembre, terzo mese di guerra, Richard Cannock eseguì, sull'occhio di una donna, un'operazione così audace e sottile, da ritrarne la stessa soddisfazione che uno scrittore può trovare in un periodo immacolato. Si recò a far colazione al Garrick Club e sedette alla tavola comune. Alla sinistra aveva un attore vecchio e famoso, a cui, come a molti altri, le scene erano ora precluse; a destra Copley Deedes, un chirurgo più giovane di tre o quattro anni, quanto bastava per non aver dovuto partecipare alla prima guerra mondiale.<br>Uomo di poche parole, Cannock, dopo un cenno di saluto ai due, ordinò un pasto e girò lo sguardo intorno. I quadri migliori erano emigrati « in luogo più sicuro » e solo le vuote cornici pendevano alle pareti; sì che pensò: c'è un elemento di compenso in una cornice vuota, uno può immaginarsi un capolavoro da sé; ma rimpianse gli Zoffany e segnatamente quello ch'era sempre stato appeso sopra il caminetto, il più bello Zoffany del mondo.
 
===Citazioni===