John Foot: differenze tra le versioni

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=== Incipit ===
Aprile 1945: l’[[Italia]] era in buona parte in rovina. Gli occupanti nazisti erano stati cacciati, ma i segni di cinque anni di guerra erano ovunque. Altre potenze straniere, gli Alleati – che per molti rappresentavano i liberatori – non volevano andarsene, anche se la guerra era finita. Alcune città erano state rase al suolo, altre ridotte in condizioni primitive. La gente viveva in strada, raccattando rifiuti. In tutto il mondo c’erano italiani che volevano tornare a casa; alcuni erano soldati delle forze fasciste sconfitte, altri mandati in esilio per motivi razziali o politici, o perché si erano rifiutati di continuare a combattere. Molti non ce la fecero. Parecchi impiegarono mesi o perfino anni a tornare, emaciati e irriconoscibili, spesso già dati per morti. Li accoglieva un paese in ginocchio, dilaniato dalla violenza e da un’ondata di criminalità senza precedenti. Le istituzioni fondamentali erano sull’orlo del collasso. Nelle carceri non mancavano soltanto le serrature; non c’erano proprio le porte. Non si capiva nemmeno bene dove stesse l’autorità. Chi comandava? Re Vittorio Emanuele III, gli Alleati, i partigiani antifascisti?
 
=== Citazioni ===
 
* [[Paisà|''Paisà'']] finisce tra gli spruzzi dei partigiani gettati nell’acqua con le mani legate dietro la schiena: non offre una visione eroica della guerra, né della [[Resistenza italiana|Resistenza]]. I critici ne furono tutt’altro che entusiasti, ma a [[Parigi]] il film di [[Roberto Rossellini|Rossellini]] fece sensazione. Dalla tragedia, dalla morte e dalla distruzione, Rossellini e [[Federico Fellini|Fellini]] avevano creato poesia; e nel farlo, avevano anche reinventato il cinema. Una visione del passato tutt’altro che eroica: il futuro dell’Italia si sarebbe costruito intorno a queste storie di sofferenza e martirio della gente comune.
 
== Bibliografia ==