Guerra in Bosnia ed Erzegovina: differenze tra le versioni

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*La guerra in Bosnia Erzegovina non era evitabile, nemmeno se fossimo rimasti in quella Jugoslavia. Sarebbe iniziato sicuramente uno scontro serbo-croato sul nostro territorio, e anche così il paese sarebbe stato devastato, la gente sarebbe morta e i bosgnacchi sarebbero diventati carne da cannone tra i due belligeranti.
*La mia strategia mirava alla salvaguardia della Bosnia Erzegovina come paese nella sua interezza. Questa è stata una costante di tutte le mie azioni ed esistono centinaia di fatti che lo provano, sia nelle trattative di pace che sono durate tutto il tempo della guerra, sia in tutti i miei interventi, a cominciare da quelli presso l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite fino ai discorsi fatti all'estero. Per l'integrità della Bosnia Erzegovina abbiamo rischiato molto, abbiamo accettato un governo straniero, un doloroso protettorato sul paese, che ad oggi colpisce soprattutto i bosgnacchi. Non abbiamo mostrato un egoismo nazionale, volevamo la Bosnia. Questa è stata la strategia e, quando la strategia è giusta, sul piano tattico molto è concesso e quindi anche sondare i reali propositi degli altri.
*Molti in Bosnia pensano che se la maggioranza della nostra popolazione fosse stata cristiana l'atteggiamento occidentale sarebbe stato diverso. Io non condivido questo parere, ma va sottolineato che si tratta ora di una questione morale per l'Occidente.
*Quello che sta succedendo nel mio paese è il frutto della debolezza occidentale: né più né meno. L'Occidente ha reagito con una risposta cosiddetta umanitaria, pensando di curare una malattia grave con dei tranquillanti.
*Uccidere non è stata una politica deliberata dei responsabili bosniaci, né civili né militari. Avevamo un fronte di 1200 chilometri che abbiamo tenuto per 1200 giorni. Erano necessari enormi sforzi per impedire che fossero commessi crimini in un periodo così lungo.