Giampiero Boniperti: differenze tra le versioni

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*C'è un'eleganza che non è deliberata, ma che si acquisisce o s'interpreta una volta che viene indossata quella meravigliosa divisa [bianconera].<ref>{{en}} Citato in Ted Richards, ''The Orpheus of Soccer'', in ''Soccer and Philosophy: Beautiful Thoughts on the Beautiful Game'', ''Open Court Publishing Company'', 2013, Chicago. ISBN 08-12-69682-4</ref>
*I tiri più belli riescono quando non ci pensi, oppure quando sbagli ma la palla va nel sette.<ref name=5-9-2000/>
*Il mio fuoriclasse era [[Gaetano Scirea|Scirea]]. Parlava poco, eppure aveva carisma. Era un piacere stare con lui e in qualsiasi occasione, non soltanto sul campo, ti faceva fare bella figura. Il giorno in cui ho preso Scirea, per la prima e unica volta, Achille Bortolotti mi ha detto: «Gaetano te lo porto io a Torino. Perché questo ragazzo è diverso da tutti gli altri». Quando Gai ha smesso di giocare io volevo che diventasse un punto fermo della [[Juventus Football Club|Juventus]]. Prima come osservatore, poi come allenatore, ma lo vedevo benissimo anche come uomo di pubbliche relazioni. Aveva qualità fuori dal comune e la sua splendida carriera ne era la conferma. Li riconosci subito i giocatori che hanno qualcosa in più: li vedi da come si muovono in campo e da come leggono il gioco un secondo prima degli altri; se poi sono dotati di spessore umano e pulizia morale hai davanti agli occhi un fuoriclasse anche nella vita. E Scirea lo era. Io gli volevo bene.<ref>Citato in ''[http://www.bianconerionline.com/web/index.php?option=com_content&task=view&id=2873&Itemid=9 Non è morto chi vive nel cuore di chi resta]'', ''Bianconerionline.com'', 3 settembre 2009.</ref>
*La Juve, il sogno della mia vita. La sognavo davvero. Perché io, che portavo all'occhiello il distintivo bianconero, avevo in quegli anni un solo desiderio: giocare una partita di serie A con la maglia bianconera.<br/> Me ne sarebbe bastata una, ero sicuro, per essere felice per sempre. È andata meglio: in campionato ne ho giocate 444.<br/> Ho fatto la mia parte senza sacrifici.<br/> Perché ho dato quello che avevo dentro. Sono un uomo felice. (sulla sua carriera da giocatore nella squadra torinese da 1947 al 1961).<ref>Citato in Giampiero Boniperti, Enrica Speroni, ''Una vita a testa alta. Cinquant'anni sempre e solo per la Juventus'', Biblioteca Universale Rizzoli, 2003 ISBN 88-1710-685-2.</ref>
*La Juve è una fede che continua a essermi appiccicata addosso. Sono da compatire quelli che tifano per altri colori, perché hanno scelto di soffrire. Sembrava una battuta, invece lo pensavo e lo penso tutt'ora.<ref>Citato in ''[http://www.juveclubsantagata.it/juvetecagennaio2004.htm Protagonisti del secolo bianconero n. 11]'', ''www. Juveclubsantagata.it'', gennaio 2004.</ref>
*Il mio fuoriclasse era [[Gaetano Scirea|Scirea]]. Parlava poco, eppure aveva carisma. Era un piacere stare con lui e in qualsiasi occasione, non soltanto sul campo, ti faceva fare bella figura. Il giorno in cui ho preso Scirea, per la prima e unica volta, Achille Bortolotti mi ha detto: «Gaetano te lo porto io a Torino. Perché questo ragazzo è diverso da tutti gli altri». Quando Gai ha smesso di giocare io volevo che diventasse un punto fermo della Juventus. Prima come osservatore, poi come allenatore, ma lo vedevo benissimo anche come uomo di pubbliche relazioni. Aveva qualità fuori dal comune e la sua splendida carriera ne era la conferma. Li riconosci subito i giocatori che hanno qualcosa in più: li vedi da come si muovono in campo e da come leggono il gioco un secondo prima degli altri; se poi sono dotati di spessore umano e pulizia morale hai davanti agli occhi un fuoriclasse anche nella vita. E Scirea lo era. Io gli volevo bene.<ref>Citato in ''[http://www.bianconerionline.com/web/index.php?option=com_content&task=view&id=2873&Itemid=9 Non è morto chi vive nel cuore di chi resta]'', ''Bianconerionline.com'', 3 settembre 2009.</ref>
*{{NDR|Su [[Alessandro Del Piero]]}} Mi ricordo quando andai a vederlo e ho subito intravisto che aveva la stoffa del campione. Però sono anche stato fortunato nella scelta. Ci sentiamo ancora spesso e sono molto contento per lui. Finché è Alex a eguagliarmi, sono felice...<ref>Citato in ''[http://www3.lastampa.it/sport/sezioni/quijuve/articolo/lstp/365102/ L'esclusivo club di Del Piero: Quant'è difficile restare fedeli]'', ''Lastampa.it'', 19 ottobre 2010.</ref>
*Non avevo ancora 21 anni, ma il [[Grande Torino]] lo conoscevo bene. Al primo anno di Juventus, campionato 1946/1947, giocavo nelle riserve e la domenica pomeriggio, se i bianconeri erano in trasferta, la passavo al [[Stadio Filadelfia|Filadelfia]] a vedere quella squadra di campioni guidata da [[Valentino Mazzola|Mazzola]], il più grande di tutti. Poi, diventato titolare, ci ho giocato contro in partite che ti azzannavano lo stomaco a cominciare da sette giorni prima. E dico 7 non a caso. Io andavo a mangiare da Tolmino, una trattoria in via Alfieri a pochi passi dalla [[Torino Football Club|sede granata]], allo stesso tavolo di [[Valerio Bacigalupo|Bacigalupo]], Rigamonti e Martelli, chiamati il trio Nizza dal nome della strada dove abitavano tutti e tre. Eravamo amici, ci vedevamo quasi tutti i giorni. Ma quando si avvicinava il derby diventavamo estranei: loro da una parte, io dall'altra, alla larga da una settimana prima fino a una settimana dopo la sfida. Troppa tensione, troppa [[adrenalina]], meglio scaricare i nervi a distanza. Passata la febbre da derby mi ripresentavo da Tolmino e riprendevo il mio posto a tavola.<ref>Citato in Vittorio Martone, Enrica Speroni e Francesco Frisari, ''[https://www.ultimouomo.com/giampiero-boniperti-ricordi-colori-intervista/ Giampiero Boniperti, i ricordi sono a colori]'', ''Ultimouomo.com'', 22 giugno 2021.</ref>
*{{NDR|Su [[Roberto Bettega]]}} Roberto è stato uno dei giocatori che hanno fatto la storia bianconera [...] un grande campione, un simbolo.<ref>Da ''Enciclopedia dello sport'', ed. Universo.</ref>
*Si giocava un derby, ero centravanti, segnavo molto. Segnai anche quella volta: o meglio, fui certo di aver segnato, perché battei in rete a colpo sicuro. Alzai le braccia al cielo, le abbassai, me le misi nei capelli. Sulla linea era sorto, materializzandosi dal nulla, [[Valentino Mazzola]], aveva fermato il mio tiro, aveva stoppato il pallone. Tornai verso il centro del campo con la testa china, ero deluso, quasi disperato. Avevo fatto pochi passi, ricordo, avevo appena superato il limite dell'area di rigore granata, quando alzai gli occhi, come avvertito da un boato progressivo che invadeva il campo. Mazzola si era già materializzato là, vicino alla mia porta, e segnava!<ref name=mazzol/>
*Una testa senza [[capelli]] è più leggera anche per il calcio. È giusto presentarsi in pubblico con un aspetto decente.<ref>Citato in Luca Valdisseri, ''[https://web.archive.org/web/20160101000000/http://archiviostorico.corriere.it/1996/agosto/13/Sibilia_tuono_Tagliati_capelli_niente_co_0_9608135222.shtml E Sibilia tuonò: "Tagliati i capelli o niente ingaggio"]'', ''Corriere della Sera'', 13 agosto 1996.</ref>
*{{NDR|Sullo [[Stile Juventus]]}} Un modo di vivere, di comportarsi, di ragionare.<ref>Citato in [[Gianni Mura]]; Andrea Gentile, Aurelio Pino, ''Non gioco più, me ne vado: gregari e campioni, coppe e bidoni'', ''Il Saggiatore'', Milano, 2013, p. 190. ISBN 88-4281-752-X</ref>
*[[Vittoria|Vincere]] non è importante: è la sola cosa che conti.<ref>Citato in [[Marco Pastonesi]] e Giorgio Terruzzi, ''Palla lunga e pedalare'', Dalai Editore, 1992, p. 97. ISBN 88-8598-826-2</ref>