Gianfranco Ravasi: differenze tra le versioni

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==Citazioni di Gianfranco Ravasi==
*Teologi e poeti [...] devono ritornare ad essere «antenne tese sul mondo giorno e notte». Soprattutto nelle notti piovose, come quelle dal cui fondo emerge [[Qoelet|Qohelet]], l'impressionante sapiente biblico, «sacerdote del Nulla», il «cui tenebroso canto» ha la «nera bellezza» dei canti sereni e disperati perché, secondo il verso di [[Alfred de Musset|De Musset]], sono «i canti più disperati a essere i più belli». [...] Attraverso la «rasura delle parole» ormai logore e inutili, simili a spade spuntate, Qohelet scopre che «è legge che Ragione deve contraddirsi». Disperazione e contraddizione diventano categorie del pensiero; esse consumano tutta la logica della ragione ma da questo olocausto emerge il bagliore della verità. Il campo dei dubbi non è sgominato dagli argomenti, «non sai se il nulla sia» e neppure sai quanto possa salvare quel «piccolo Dio» che Qohelet chiama sempre col generico ''ha-’Elohîm'', «la divinità», mai col tetragramma di fuoco ''Jhwh'' dell'Esodo liberatore''.'' Eppure questo vuoto [...] non è solo negazione, ha celata in sé una sua fecondità. Disperandosi nella sua impotenza, la Ragione rimanda ad altro [...] È così che anche in Qohelet sembra prender corpo la legge paradossale del seme che, morendo, genera.<ref>Da ''Postfazione'', in [[David Maria Turoldo]], ''Mie notti con Qohelet'', postfazione di Gianfranco Ravasi, Garzanti, Milano, 1992, pp. 96-97. ISBN 88-11-64013-X</ref>
*Col pensiero Qohelet ha osato affermare che «si sa cosa sia uomo» ma proprio la scoperta che esso è un grumo di contraddizioni, che esso naviga nell'oceano del nulla senza saper predire neppure quanto accadrà a sera, lo induce ad andare oltre. La «vanità» che presenta «tutto come un ossimoro inutile» è alla fine un serpente che tenta. Cedutogli, non si conosce solo l'abisso della maledizione ma anche il sorgere della benedizione. «Il già detto è ancora da ridire» ma non in vana reiterazione bensì in novità di senso. [...] Quel Dio che «gioca a sorpresa nell'intrico delle cause», rivelandosi insensato, ha in Cristo una «pienezza di follia» che è il senso autentico e trascendente del tutto.<ref>Da ''Postfazione'', in David Maria Turoldo, ''Mie notti con Qohelet'', p. 98.</ref>
*Guardando questo intreccio di numeri, possiamo sostanzialmente dire che il numero è un modo per esprimere la musica, l'armonia. L'autore usando schemi diversi gioca con quella fantasia dell'orientale che ha coniato persino una scienza, la [[gematria]], la scienza del mistero dei numeri. Fa stupore per noi occidentali, che siamo così lontani da queste cose, vedere che il mondo giudeo-cristiano, per esempio, indicava Gesù Cristo col numero 801. Perché? La spiegazione fondamentale è questa: nella parola greca ''peristerà'', «colomba», il valore delle singole lettere dà come risultato 801.<ref>Da ''Il libro della Genesi'', volume I, Mondadori, Milano, 2019, p. 99. ISBN 81-251-5945-2</ref>
*Il libro di [[Papa Benedetto XVI|Benedetto XVI]] {{NDR|''Gesù di Nazareth''}} ha voluto rimettere al centro proprio questa unità fondante del cristianesimo, riproponendone la compattezza contro ogni tentazione di dissociazione. Sì, perché – se stiamo solo alla ricerca moderna – si è assistito a un processo di divaricazione o anche di separazione e persino di negazione di uno dei due poli di quell'unità {{NDR|umano divina di Gesù}}.<ref>Dal discorso in occasione di un incontro pubblico nel contesto dei ''Dialoghi in Cattedrale'', tenutosi presso la Basilica di San Giovanni in Laterano il 13 novembre 2007; riportato in ''[http://www.corsodireligione.it/religioni/cristianesimo/crist_33.htm Corsodireligione.it]''.</ref>