Edgar Allan Poe: differenze tra le versioni

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==''L'uomo della folla''==
===[[Incipit]]===
====Baccio Emanuele Maineri====
Con molto pregievol giudizio è stato detto d'un libro tedesco: — ''Es laesst sich nicht lesen'', non si lascia leggere.<br>Vi sono segreti che non si debbono dire.<br>Vi ha degli uomini che muoiono alla notte nei loro letti, storcendo le mani degli spettri cui si confessano, e intensamente covandoseli con occhio di pietà profonda; — degli uomini che muoiono con la disperazione nel cuore e le convulsioni alla gola in causa dell’orrore dei misteri che non vogliono punto essere disvelati. Ohimè, ohimè! non di rado la umana coscienza sopporta tale fardello di sì [p. 50 modifica] penoso orrore, che non le riesce alleggerirsene se non sotto le mute zolle della tomba. E così l’essenza del delitto perdura mistero inesplicabile e profondo.<br>
{{NDR|Edgar Allan Poe, ''[[s:it:L'Uomo della folla|L'Uomo della folla]]'', traduzione di Baccio Emanuele Maineri, in ''Storie incredibili'', Milano, Tipografia Pirola, 1869}}
 
====Carla Apollonio====
È stato detto bene di un certo libro tedesco che «''er lasst sich nicht lesen''» — «non si lascia leggere». Vi sono alcuni segreti che non si possono dire; ci sono uomini che di notte muoiono nei loro letti, stringendo le mani di spettri, che li confessano, e guardandoli miserabilmente negli occhi... muoiono con la disperazione nel cuore e la gola serrata per l'orrore di misteri che ''non sopportano'' di essere rivelati; di tanto in tanto, ohimé!, la coscienza dell'uomo porta un fardello d'infamia così pesante che può deporlo solo nella tomba: e così l'essenza di tutto il delitto non viene conosciuta.<br>
{{NDR|E.A. Poe, ''L'uomo della folla'', traduzione di Carla Apollonio, in "Racconti. Il resoconto di Arturo Gordon Pym. I racconti del grottesco e dell'arabesco", Orsa Maggiore ed., 1990}}
====Baccio Emanuele Maineri====
Con molto pregievol giudizio è stato detto d'un libro tedesco: — ''Es laesst sich nicht lesen'', non si lascia leggere.<br>Vi sono segreti che non si debbono dire.<br>Vi ha degli uomini che muoiono alla notte nei loro letti, storcendo le mani degli spettri cui si confessano, e intensamente covandoseli con occhio di pietà profonda; — degli uomini che muoiono con la disperazione nel cuore e le convulsioni alla gola in causa dell’orrore dei misteri che non vogliono punto essere disvelati. Ohimè, ohimè! non di rado la umana coscienza sopporta tale fardello di sì [p. 50 modifica] penoso orrore, che non le riesce alleggerirsene se non sotto le mute zolle della tomba. E così l’essenza del delitto perdura mistero inesplicabile e profondo.<br>
{{NDR|Edgar Allan Poe, ''[[s:it:L'Uomo della folla|L'Uomo della folla]]'', traduzione di Baccio Emanuele Maineri, in ''Storie incredibili'', Milano, Tipografia Pirola, 1869}}
====Mariarosa Mancuso====
Di un certo libro tedesco è stato detto giustamente che ''er lässt sich nicht lesse'': non si lascia leggere. Ci sono segreti che non si lasciano svelare. Gli uomini muoiono di notte nei loro letti, stringendo le mani di confessori simili a spettri, guardandoli negli occhi e implorando pietà; muoiono con la disperazione nel cuore, con la gola attanagliata dalle convulsioni, per l'orrore dei misteri che ''non si lasciano'' rivelare. A volte, ahimè, la coscienza degli uomini si carica di un fardello tanto orribile che riusciamo a liberarcene solo nella tomba. Così l'essenza del crimine rimane avvolta nel mistero.<br>
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L'infelicità è molteplice. La sfortuna della terra è multiforme. Protendendosi sul vasto orizzonte come l'arcobaleno, ha sfumature di colori altrettanto diversi - e anche altrettanto definiti, eppure intimamente fusi. Si protende sul vasto orizzonte come l'arcobaleno! Come mai dalla bellezza ho tratto una simile bruttura? Dal simbolo della pace un'immagine di dolore? Ma, come nell'etica il male è conseguenza del bene, così, nella realtà, dalla gioia nasce il dolore. Sia che la memoria della passata felicità costituisca il tormento del presente, sia che le angosce che ''sono'' abbiano origine nelle estasi che ''avrebbero potuto essere''.<br>
{{NDR|E.A. Poe, ''Berenice'', traduzione di Isabella Donfrancesco in "Tutti i racconti del mistero, dell'incubo e del terrore", Newton Compton, 2010}}
 
====Renato Ferrari====
La miseria è molteplice. L'infelicità sulla terra è multiforme. Spingendosi di là dall'ampio orizzonte come l'arcobaleno, le sue tinte sono altrettanto varie quanto le tinte di quest'arco, altrettanto distinte e nondimeno altrettanto intimamente fuse. Spingendosi di là dall'ampio orizzonte come l'arcobaleno! Come può essere che dalla bellezza ho tratto un tipo di bruttezza? Da un patto di pace una similitudine del dolore? Ma come nell'etica il male è conseguenza del bene, così, nella realtà, dalla gioia è nato il dolore. O il ricordo della passata beatitudine costruisce l'angoscia di oggi, oppure gli affanni che sono hanno la loro origine nelle estasi che ''avrebbero potuto essere''.<br>
{{NDR|E.A. Poe, ''Berenice'', traduzione di Renato Ferrari, De Agostini, 1985}}
====Baccio Emanuele Maineri====
I nostri mali sono molteplici; — e grande e moltiforme in questa breve vita è la miseria. La quale dominando il vasto nostro orizzonte, a guisa dell'arco baleno, mostra i suoi colori distinti e svariatissimi, che tuttavia sono tra loro intimamente uniti e fusi. — Ho detto: «Dominando il vasto nostro orizzonte a guisa dell'arco baleno?» — E come mai da un esempio di beltà celeste ho io potuto trarre un tipo di schifosa bruttezza? Come dal simbolo di alleanza una similitudine del dolore?<br>Lo so; in quella guisa che in etica il male è figlio del bene, e così — nella realtà — dalla gioja scaturisce l'affanno, ossia che il ricordo del passato formi l'angoscia del presente, ossia che le agonie che ''esistono'' piglino le origini dalle estasi che ''possono essere'' esistite.<br>
{{NDR|Edgar Allan Poe, ''[[s:it:Berenice|Berenice]]'', traduzione di Baccio Emanuele Maineri, in ''Storie incredibili'', Milano, Tipografia Pirola, 1869}}
====Giorgio Manganelli====
Molteplice è l'infelicità — la sventura terrestre è multiforme. Sovrastando come l'arcobaleno la vastità dell'orizzonte, i suoi colori sono meno vari dei colori dell'iride: altrettanto nitidi, anche, e tuttavia intimamente mescolati. Sovrastando l'orizzonte come l'arcobaleno! Come mai da tanta bellezza ho potuto trarre il tipo del difforme? Dal patto di pace una similitudine di dolore? Ma come, nella morale, il male è conseguenza del bene, così dalla gioia nasce il dolore. O la memoria del tempo felice è l'angoscia di oggi, o le ambasce dell'adesso nascono dalla visione di ciò che sarebbe potuto essere.<br>
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'''Monos'''. Sì, bellissima ed amatissima Una, "risuscitato". Questa era la parola, sul cui mistico significato avevo tanto a lungo meditato, rifiutando tutte le spiegazioni del clero, finché la stessa Morte ha risolto per me questo mistero.<br>
{{NDR|E.A. Poe, ''Colloquio fra Monos e Una'', traduzione di Carla Apollonio, in "Racconti. Il resoconto di Arturo Gordon Pym. I racconti del grottesco e dell'arabesco", Orsa Maggiore ed., 1990}}
====Baccio Emanuele Maineri====
'''Una'''. — Risuscitato?<br>'''Monos'''. — Sì, bellissima e adoratissima Una, ''risuscitato''! Era questa la parola sul cui mistico senso io aveva da lunghissimo tempo meditato, sempre sdegnoso d'ogni spiegazione che ne dà il pretume, sino a che la morte stessa venne a risolvere per me l'enigma.<br>
{{NDR|Edgar Allan Poe, ''[[s:it:Colloquio tra Monos e Una|Colloquio tra Monos e Una]]'', traduzione di Baccio Emanuele Maineri, in ''Storie incredibili'', Milano, Tipografia Pirola, 1869}}
====Daniela Palladini====
'''Una'''. ''Rinato''?<br>'''Monos'''. Sì, bellissima, amatissima Una, ''rinato''. È questa la parola sul cui mistico significato ho così a lungo riflettuto, respingendo la spiegazione del clero, finché la morte stessa risolse per me il segreto.<br>
'''Una'''. '''Rinato'''?<br>
'''Monos'''. Sì, bellissima, amatissima Una, ''rinato''. È questa la parola sul cui mistico significato ho così a lungo riflettuto, respingendo la spiegazione del clero, finché la morte stessa risolse per me il segreto.<br>
{{NDR|E.A. Poe, ''Il colloquio di Monos e Una'', traduzione di Daniela Palladini in "Tutti i racconti del mistero, dell'incubo e del terrore", Newton Compton, 2010}}
 
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Per tutto quel pesante, cupo e silenzioso giorno d'autunno, sotto nuvole basse e opprimenti, avevo traversato da solo, a cavallo, una campagna di singolare tristezza. Finché, già sul fare della sera, giunsi in vista della malinconica Casa Usher.<br>
{{NDR|citato in [[Fruttero & Lucentini]], ''Íncipit'', Mondadori, 1993}}
====Baccio Emanuele Maineri====
Durante un’intiera giornata d’autunno — giornata fuligginosa, mesta, muta, in cui le nubi grevi grevi e basse basse vagavano per lo cielo — solo ed a cavallo io aveva attraversato una distesa di paese, singolarmente lugubre; e, da ultimo, al sopraggiugnere delle ombre serali, io mi trovava in vista della melanconica ''Casa Usher''.<br>Ignoro donde e come ciò provenisse; ma, alla prima occhiata che diedi all’edifizio, un sentimento d’insopportabile melanconia mi penetrò tutta l’anima.<br>
{{NDR|Edgar Allan Poe, ''[[s:it:La caduta della Casa Usher|La caduta della Casa Usher]]'', traduzione di Baccio Emanuele Maineri, in ''Storie incredibili'', Milano, Tipografia Pirola, 1869}}
====Daniela Palladini====
In una giornata triste, buia e troppo silenziosa, con un cielo di nuvole basse e pesanti, dopo aver cavalcato da solo per un tratto di campagna particolarmente desolato, verso sera, mentre le ombre si facevano sempre più lunghe, mi trovai di fronte alla malinconica casa Usher.<br>
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{{NDR|Bietti, traduzione di Carla Apollonio e Sergio Frenguelli}}
====Renato Ferrari====
È vero! ero sempre stato nervoso, molto, molto, spaventosamente nervoso, e lo sono ancora; ma perché ''volete'' dire ch'io sono pazzo? La malattia aveva soltanto acuito i miei sensi, non distrutti, non ottenebrati. Più acuto di tutti era il senso dell'udito. Udivo tutte le cose in cielo e in terra. Udivo molte cose nell'inferno. E allora, sono matto per questo? Ascoltate! E osservate con quanta lucidità, con quanta calma io posso narrarvi l'intera storia.<br>È impossibile dire come l'idea mi sia entrata per la prima volta nel cervello; ma, una volta concepita, non mi diede più tregua né giorno né notte. Non avevo alcuno scopo. Non v'era collera in me. Volevo bene al vecchio. Non mi aveva mai fatto alcun torto. Non mi aveva mai ingiuriato. Non desideravo il suo oro.<br>
È impossibile dire come l'idea mi sia entrata per la prima volta nel cervello; ma, una volta concepita, non mi diede più tregua né giorno né notte. Non avevo alcuno scopo. Non v'era collera in me. Volevo bene al vecchio. Non mi aveva mai fatto alcun torto. Non mi aveva mai ingiuriato. Non desideravo il suo oro.<br>
{{NDR|E.A. Poe, ''Il cuore rivelatore'', traduzione di Renato Ferrari, De Agostini, 1985}}
====Maria Gallone====
È vero! Sono e sono sempre stato nervoso, molto, spaventosamente nervoso; ma perché dite che sono pazzo? La malattia ha acuito i miei sensi, ma non li ha distrutti, non li ha soffocati. Particolarmente affinato era in me il senso dell'udito. Udivo tutte le cose del cielo e della terra. E udivo anche molte cose dell'inferno. Come può essere dunque che io sia pazzo? Ascoltatemi! E osservate con quanta lucidità, con quanta calma io posso narrarvi per filo e per segno tutto ciò che accade.<br>È impossibile dire come l'idea mi sia entrata per la prima volta nel cervello. Ma non appena l'ebbi concepita mi ossessionò notte e giorno. Scopo non ne avevo. Odio neppure. Volevo bene al vecchio. Non mi aveva mai fatto del male. Non mi aveva mai insultato. Non desideravo il suo oro.<br>
{{NDR|E.A. Poe, ''Il cuore rivelatore'', traduzione di Maria Gallone, in "Racconti del terrore", Morano Editore, 1990}}
====Baccio Emanuele Maineri====
È vero! io sono un uomo nervosissimo, superlativamente nervoso; lo son sempre stato: ma, e perchè pretendereste voi ch'io fossi folle? Le sofferenze han maggiormente acuito i miei sensi, non distrutti, nè spuntati. Ed io aveva, quanto altri mai, il senso dell'udito finissimo. Intesi e divinai tutte cose del cielo e della terra; moltissime divinai ed intesi dell'inferno stesso. E perchè dunque sarò io folle? Attenti; e badate bene con qual senno, con quale calma son io in grado di narrarvi questa storia.<br>Non è possibile dire in qual maniera l'idea mi entrasse primieramente in capo; ma, una volta concepita, vi si fissò dì e notte; non n’uscì più. Obbietto, non ve n’era, e la passion non ci aveva a che fare. E io l'amava, l'onesto vecchio: non m’aveva mai fatto fil di male, nè insultato mai. Nè pativa invidia alcuna del molto suo oro, — del molto suo oro.<br>
{{NDR|Edgar Allan Poe, ''[[s:it:Il Cuor rivelatore|Il Cuor rivelatore]]'', traduzione di Baccio Emanuele Maineri, in ''Storie incredibili'', Milano, Tipografia Pirola, 1869}}
====Daniela Palladini====
È proprio vero! - nervoso - molto, spaventosamente nervoso, ero e sono ancora; ma perché ''dire'' che sono pazzo? La malattia aveva acuito i miei sensi - non distrutto - non smorzato. Soprattutto era acuto il senso dell'udito. Udivo tutto in cielo e in terra. Udivo molte cose dell'inferno. E allora, come posso essere pazzo? Ascoltate! e osservate quanto lucidamente - quanto tranquillamente possa raccontarvi l'intera storia.<br>È impossibile dire come l'idea mi sia penetrata per la prima volta nella mente; ma una volta concepita, mi perseguitò giorno e notte. Scopo non c'era. Non c'era passione. Amavo il vecchio. Non mi aveva mai fatto torto. Non mi aveva mai oltraggiato. Non desideravo affatto il suo oro.<br>
È impossibile dire come l'idea mi sia penetrata per la prima volta nella mente; ma una volta concepita, mi perseguitò giorno e notte. Scopo non c'era. Non c'era passione. Amavo il vecchio. Non mi aveva mai fatto torto. Non mi aveva mai oltraggiato. Non desideravo affatto il suo oro.<br>
{{NDR|E.A. Poe, ''Il cuore rivelatore'', traduzione di Daniela Palladini in "Tutti i racconti del mistero, dell'incubo e del terrore", Newton Compton, 2010}}
 
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Uomo misterioso e sfortunato! - Disorientato dallo splendore della tua stessa immaginazione, fosti vittima delle fiamme della tua gioventù! Con la mente ti rivedo ancora. La tua figura si è di nuovo presentata a me! - non - oh! non come tu sei ora - in quella vallata di tenebre - ma come ''dovresti essere'' - mentre sperperi una vita di magnifiche meditazioni in quella città di pallide visioni, l'amata Venezia - Elisio del mare, amato dalle stelle, - con le ampie finestre dei suoi palazzi palladiani che soggiogano con uno sguardo amaro e profondo, i segreti delle sue acque silenziose.<br>
{{NDR|E.A. Poe, ''L'appuntamento'', traduzione di Daniela Palladini in "Tutti i racconti del mistero, dell'incubo e del terrore", Newton Compton, 2010}}
 
===''L'isola della fata''===
«''La musique''» dice Marmontel in quei ''Contes Moraux''<ref>Moraux è qui derivato da moeurs ed è inteso nel senso di «costume» o, più precisamente di «comportamento» (''N.d.A.'').</ref> che in tutte le traduzioni insistiamo a chiamare ''Racconti morali'' con una specie di irrisione verso lo spirito che li anima,... «''la musique est le seul de talents qui jouit de soi même; tous les autres veulent des témoins''»<ref>«La musica è il solo talento che diletti se stesso; tutti gli altri hanno bisogno di testimoni» (N.d.T.).</ref>.<br>
{{NDR|E.A. Poe, ''L'isola della fata'', traduzione di Daniela Palladini in "Tutti i racconti del mistero, dell'incubo e del terrore", Newton Compton, 2010}}
 
===''L'uomo finito''===
Proprio in questo momento non riesco a ricordare dove o quando feci la conoscenza con quell'individuo dall'aspetto veramente raffinato che era il Generale di Brigata onorario John A.B.C. Smith; qualcuno mi presentò a lui, ne sono sicuro... a qualche pubblica riunione, sicuramente tenutasi per qualche scopo senza dubbio assai importante... ma chi fu ora non riesco assolutamente a ricordare.<br>
{{NDR|E.A. Poe, ''L'uomo finito'', traduzione di Carla Apollonio, in "Racconti. Il resoconto di Arturo Gordon Pym. I racconti del grottesco e dell'arabesco", Orsa Maggiore ed., 1990}}
 
===''La beffa del pallone''===
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Da tempo la «Morte Rossa» devastava il paese. Mai epidemia era stata più fatale, o più spaventosa. Il sangue era la sua manifestazione e il suo suggello, il rossore e l'orrore del sangue. Essa appariva con dolori acuti, uno stordimento improvviso, poi un sanguinare diffuso dai pori, infine sopravveniva la dissoluzione. Le macchie scarlatte sul corpo e soprattutto sul volto delle vittime rappresentavano il marchio della pestilenza che precludeva ai colpiti ogni aiuto e ogni comprensione da parte dei propri simili. E l'attacco, il progredire e la conclusione del male si risolvevano nello spazio di mezz'ora.<br>
{{NDR|E.A. Poe, ''La maschera della Morte Rossa'', traduzione di Maria Gallone, in "Racconti del terrore", Morano Editore, 1990}}
====Baccio Emanuele Maineri====
Per lunga e lunga stagione la Morte Rossa aveva spopolato la contrada. A memoria d'uomo non s'era mai veduto una peste così orribile, così fatale! A guisa del Vampiro, sua cura e delizia, il sangue, — la rossezza e il lividore del sangue. Negl'infelici côltine si manifestava dapprima con dolori acuti, con improvvise vertigini; e dappoi un sudare e trasudar copioso, donde lo sfinire è il dissolversi infine di tutto l'essere. E chiazze porporine su la pelle, soprattutto sul volto delle vittime, facean si che queste fossero schifate e fuggite da tutti, nè soccorso o alcun segno di simpatia le consolasse. — Invasione, progresso ed effetti del male erano una cosa stessa, l’affare d’un momento.<br>
{{NDR|Edgar Allan Poe, ''[[s:it:La Maschera della Morte rossa|La Maschera della Morte rossa]]'', traduzione di Baccio Emanuele Maineri, in ''Storie incredibili'', Milano, Tipografia Pirola, 1869}}
====Daniela Palladini====
Da lungo tempo la Morte Rossa devastava il paese. Nessuna pestilenza era mai stata così fatale, così spaventosa. Il sangue era la sua manifestazione e il suo sigillo: il rosso e l'orrore del sangue. Provocava dolori acuti, improvvise vertigini, poi un abbondante sanguinare dai pori, e infine la dissoluzione. Le macchie scarlatte sul corpo e soprattutto sul volto delle vittime erano il marchio della pestilenza che le escludeva da ogni aiuto e simpatia dei loro simili. L'intero processo della malattia: l'attacco, l'avanzamento e la conclusione duravano non più di mezz'ora.<br>
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Non posso, per l'anima mia, ricordare come, quando e perfino dove, precisamente, io feci la conoscenza di Lady Ligeia. Ora gli anni sono passati e la mia memoria è indebolita dalle molte sofferenze o, al contrario, non sono forse in grado di riportare ora alla memoria questi puntii perché, in verità, la personalità della mia adorata, la sua rara cultura, il suo singolare ma sereno tipo di bellezza, la vivace ed affascinante eloquenza del suo lento musicale modo di parlare, si fecero strada nel mio cuore così furtivamente e insieme decisamente che quasi non me ne sono reso conto.<br>
{{NDR|E.A. Poe, ''Ligeia'', traduzione di Daniela Palladini in "Tutti i racconti del mistero, dell'incubo e del terrore", Newton Compton, 2010}}
 
===''L'isola della fata''===
«''La musique''» dice Marmontel in quei ''Contes Moraux''<ref>Moraux è qui derivato da moeurs ed è inteso nel senso di «costume» o, più precisamente di «comportamento» (''N.d.A.'').</ref> che in tutte le traduzioni insistiamo a chiamare ''Racconti morali'' con una specie di irrisione verso lo spirito che li anima,... «''la musique est le seul de talents qui jouit de soi même; tous les autres veulent des témoins''»<ref>«La musica è il solo talento che diletti se stesso; tutti gli altri hanno bisogno di testimoni» (N.d.T.).</ref>.<br>
{{NDR|E.A. Poe, ''L'isola della fata'', traduzione di Daniela Palladini in "Tutti i racconti del mistero, dell'incubo e del terrore", Newton Compton, 2010}}
 
===''Lo scarabeo d'oro''===
Line 557 ⟶ 571:
Molti anni fa, divenni intimo di un tal signor William Legrand. Nato da un'antica famiglia ugonotta, un tempo era stato ricco, ma un seguito di disavventure lo aveva ridotto in miseria e, per sfuggire alla mortificazione della sua sfortuna, aveva lasciato New Orleans, città dei suoi avi, e si era stabilito nell'isola di Sullivan, vicino Charleston, nella South Carolina.<br>
{{NDR|E.A. Poe, ''Lo scarabeo d'oro'', traduzione di Daniela Palladini in "Tutti i racconti del mistero, dell'incubo e del terrore", Newton Compton, 2010}}
 
===''L'uomo finito''===
Proprio in questo momento non riesco a ricordare dove o quando feci la conoscenza con quell'individuo dall'aspetto veramente raffinato che era il Generale di Brigata onorario John A.B.C. Smith; qualcuno mi presentò a lui, ne sono sicuro... a qualche pubblica riunione, sicuramente tenutasi per qualche scopo senza dubbio assai importante... ma chi fu ora non riesco assolutamente a ricordare.<br>
{{NDR|E.A. Poe, ''L'uomo finito'', traduzione di Carla Apollonio, in "Racconti. Il resoconto di Arturo Gordon Pym. I racconti del grottesco e dell'arabesco", Orsa Maggiore ed., 1990}}
 
===''Manoscritto trovato in una bottiglia''===
Line 591 ⟶ 601:
Provavo per la mia amica Morella un affetto profondo eppure singolarissimo. Entrato per caso, molti anni orsono, tra le sue conoscenze, la mia anima, fin dal primo incontro, si accese di un fuoco che mai aveva conosciuto prima; ma non il fuoco di Eros, e amara e tormentosa per il mio spirito fu la graduale convinzione che non ne avrei potuto definire l'insolito significato o controllarne la vaga intensità. Eppure ci incontrammo; e il fato ci unì sull'altare; e io non parlai mai di passione, né pensai all'amore. Ella, tuttavia, rifuggì dagli estranei e, attaccandosi solo a me, mi rese felice. È una felicità che stupisce; è una felicità sognare.<br>
{{NDR|E.A. Poe, ''Morella'', traduzione di Isabella Donfrancesco in "Tutti i racconti del mistero, dell'incubo e del terrore", Newton Compton, 2010}}
====Baccio Emanuele Maineri====
Ciò che provava relativamente alla mia amica Morella, era un profondo, ma singolarissimo affetto. Avendo io fatto la sua conoscenza a caso, or son molt'anni, l'anima mia al nostro primo incontro divampò d'un fuoco sin allora per lei ignoto: ma non eran quelle le fiamme di Ero1, e fu davvero un amaro affanno per lo spirito mio la convinzione crescente ch'io non n'avrei mai potuto definire l'insolito carattere, nè regolare l'errante intensità di quelle. Nondimeno andammo intesi, e il destino ci ebbe unito a piè dell'altare. Nè io mai le discorsi di passione, nè pensai all'amore mai. E nondimeno essa fuggiva la società e, unendosi a me unicamente, resemi felice. — Vivo stupore d'animo tramutasi in gioja; e il fantasiare non è egli una felicità, il fantasiare?<br>
{{NDR|Edgar Allan Poe, ''[[s:it:Morella|Morella]]'', traduzione di Baccio Emanuele Maineri, in ''Storie incredibili'', Milano, Tipografia Pirola, 1869}}
 
===''Ombra''===
Line 599 ⟶ 612:
Voi che leggete siete ancora tra i viventi; ma io che scrivo sarò già da un pezzo nella regione delle ombre. Perché in verità strane cose accadranno, arcane cose saranno rivelate, e molti secoli trascorreranno prima che queste memorie siano viste dagli uomini. E, quando le avranno viste, alcuni non vi crederanno, altri ne dubiteranno, ma vi sarà pur qualcuno che troverà di che meditare sui caratteri ch'io incido qui con uno stilo di ferro.<br>
{{NDR|E.A. Poe, ''Ombra'', traduzione di Renato Ferrari, De Agostini, 1985}}
====Baccio Emanuele Maineri====
O voi che mi leggete, voi siete ancora tra i viventi; ma, io che scrivo, sarò da molto tempo partito per la regione delle ombre. Avvegnachè, credetemi, avverranno di molto strane cose, e di molto strane cose saranno disvelate, e molti e molti secoli passati prima che le presenti note sien vedute dagli uomini. E, allora ch'eglino le avranno vedute, gli uni non le crederanno, gli altri le porranno in dubbio, e pochissimi di loro troveranno materia nei caratteri da me impressi su tavolette con istile di ferro.<br>
{{NDR|Edgar Allan Poe, ''[[s:it:Ombra|Ombra]]'', traduzione di Baccio Emanuele Maineri, in ''Storie incredibili'', Milano, Tipografia Pirola, 1869}}
====Daniela Palladini====
Voi che leggete siete ancora tra i vivi, ma io che scrivo sarò andato da lungo tempo nel regno delle ombre. Poiché succederanno invero strane cose, fatti segreti saranno svelati, e molti secoli saranno trascorsi, prima che queste memorie siano conosciute dall'umanità. E quando le vedranno ci sarà chi non le crederà, chi ne dubiterà e solo pochi troveranno molta materia da meditare nelle parole qui scolpite con uno stilo d'acciaio.<br>
Line 615 ⟶ 631:
Anche la sorte più ostinatamente avversa deve, alla fine, cedere di fronte all'irriducibile coraggio della filosofia, come la più inespugnabile fortezza davanti alla vigilanza ininterrotta del nemico. Salmanassar, come si legge nelle sacre scritture, strinse per tre anni d'assedio Samaria, che infine cadde. Sardanapalo (vedi Diodoro), resistette per ben sette anni a Ninive, ma invano. Troia cadde allo spirare del secondo lustro; e Azoto, secondo quanto afferma Aristeo sul suo onore di gentiluomo, aprì infine le porte a Psammetico, dopo avergliele precluse per un quinto di secolo.<br>
{{NDR|E.A. Poe, ''Perdita di fiato'', traduzione di Isabella Donfrancesco in "Tutti i racconti del mistero, dell'incubo e del terrore", Newton Compton, 2010}}
 
====Renato Ferrari====
La più evidente mala sorte deve alla fine arrendersi all'instancabile coraggio della filosofia, come la più ostinata città si arrende all'incessante e vigile assedio di un nemico. Salmanasar, come troviamo nelle sacre scritture, stette tre anni davanti a Samaria; eppure essa cadde. Sardanapalo — si veda Diodoro — resistette sette anni a Ninive; ma invano. Troia finì sullo spirare del secondo lustro; e Azoth, come dichiara Aristeo sul proprio onore di gentiluomo, aprì alfine le sue porte a Psammetico dopo avergliele tenute chiuse per la quinta parte di un secolo...<br>
Line 655 ⟶ 670:
— Ascoltami, — disse il diavolo, posandomi la mano sulla testa — la regione di cui io parlo è una triste regione della Libia, sulle sponde del fiume Zaire, dove non c'è né riposo, né silenzio.<br>
{{NDR|E.A. Poe, ''Silenzio'', traduzione di Carla Apollonio, in "Racconti. Il resoconto di Arturo Gordon Pym. I racconti del grottesco e dell'arabesco", Orsa Maggiore ed., 1990}}
====Baccio Emanuele Maineri====
— Ascoltami, disse il Demonio, posandomi la sua mano sulla testa. — La contrada di cui ti parlo è una ben triste contrada nella Libia, sulle rive del fiume Zaira. E là non regnano nè riposo, nè silenzio.<br>
{{NDR|Edgar Allan Poe, ''[[s:it:Silenzio|Silenzio]]'', traduzione di Baccio Emanuele Maineri, in ''Storie incredibili'', Milano, Tipografia Pirola, 1869}}
====Daniela Palladini====
«Ascoltami», disse il Demone, ponendomi una mano sulla testa, «la regione di cui io parlo è una tetra zona della Libia, sulle rive del fiume Zaire. Lì non c'è quiete né silenzio».<br>
Line 676 ⟶ 694:
— Ancora poco tempo fa, — disse infine, — avrei saputo condurti per questa strada con la stessa agilità del più giovane dei miei figli; ma circa tre anni or sono mi accadde un fatto mai capitato prima ad alcun essere umano, o per lo meno as uomo alcuno che sia sopravvissuto per narrarlo, e le sei ore di mortale angoscia che soffersi allora mi hanno spezzato nel corpo e nell'anima.
{{NDR|E.A. Poe, ''Una discesa nel Maelström'', traduzione di Maria Gallone, in "Il pozzo e il pendolo", Bur, 1993}}
====Baccio Emanuele Maineri====
Noi avevamo raggiunto l’altissimo picco della più alta montagna.<br>Ivi il mio vecchio compagno soprastette alquanto, così per ripigliare fiato e rinfrancare gli spiriti a parlare. Alla fine disse: —<br>Non è ancor molto tempo ch’io vi avrei guidato costassù con altrettanta agevolezza quanta ne avrebbe dimostro il più giovane de’ miei figli. Ma, or fan tre anni, incolsi in una sì strana avventura quale non è certo toccato mai a verun mortale, tale almeno che nessun uomo giammai sopravvisse a raccontarla; — tale, dico, che le sei ore di morte da me in quella passate mi hanno rotto il corpo e l’anima.<br>
{{NDR|Edgar Allan Poe, ''[[s:it:Una discesa nel Maelstrom|Una discesa nel Maelstrom]]'', traduzione di Baccio Emanuele Maineri, in ''Storie incredibili'', Milano, Tipografia Pirola, 1869}}
====Daniela Palladini====
Avevamo raggiunto la sommità della rupe più alta. Per qualche minuto il vecchio sembrò stanco per parlare.<br>
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Lasciate che mi chiami per il momento William Wilson. La pagina candida che ho dinnanzi non deve essere insozzata dal mio vero nome, già da troppo tempo oggetto di disprezzo, di orrore, di ripulsione per tutta la razza umana. I venti sdegnati non ne hanno forse sparso sino alle più remote regioni della terra l'infamia senza paragoni? Oh, parla! Fra tutti i paria il più negletto, non sei tu morto per sempre alla vita, ai suoi onori, ai suoi fiori, alle sue radiose aspirazioni?<br>
{{NDR|E.A. Poe, ''William Wilson'', traduzione di Maria Gallone, in "Racconti del terrore", Morano Editore, 1990}}
====Baccio Emanuele Maineri====
Desidero che, pel momento, mi sia concesso di chiamarmi Guglielmo Wilson.<br>La vergine pagina, che mi sta aperta dinanzi, non dev'essere lordata dal mio vero nome. Pur troppo, questo nome è stato quasi sempre un oggetto di sprezzo e d'orrore, — un truce abbominio per la mia famiglia. E che? — Non è egli dunque vero che anche gli stessi venti, sdegnatine, ne portarono sino alle più lontane regioni la sua infamia incomparabile? Me misero! — dei proscritti il più proscritto di tutti! — Non sei tu dunque eternamente morto a questo basso mondo? Non si è forse eternamente interposto un fitto velo, una nube lugubre ed illimitata tra le tue già sì belle speranze ed il cielo?<br>
{{NDR|Edgar Allan Poe, ''[[s:it:Guglielmo Wilson|Guglielmo Wilson]]'', traduzione di Baccio Emanuele Maineri, in ''Storie incredibili'', Milano, Tipografia Pirola, 1869}}
====Daniela Palladini====
Permettete che per il momento mi chiami William Wilson. La pagina bianca che mi si apre davanti non deve essere insudiciata dal mio vero nome. Questo è stato già fin troppo oggetto di disprezzo, disonore e odio per la mia razza. Non hanno forse i venti indignati sparso fino alle estreme regioni del globo la sua incomparabile infamia? Oh, reietto tra tutti i reietti, il più abbandonato! Non sei tu forse già morto per sempre? morto agli onori, alle bellezze, alle dorate aspirazioni?<br>