Il Farinotti: differenze tra le versioni

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*Il dèjà vu è un mero pretesto per raggiungere l'happy end sentimentale. (''[[Déjà vu - Corsa contro il tempo]]'', p. 574)
*[…] è uno splendido poema epico sulla sintonia dell'uomo con la natura. Una scena in particolare (quella della tormenta) fa ormai testo. (''[[Dersu Uzala - Il piccolo uomo delle grandi pianure]]'', p. 586)
*Cecil Blount De Mille è un regista che ha firmato opere di grandissima popolarità che, paradossalmente, non sono le sue migliori. Tutti ricordano i suoi "colossi" come ''[[Sansone e Dalila (film 1949)|Sansone e Dalila]]'', ma personalmente ritengo che De Mille abbia dato il meglio nei western, dove aveva una sua misura particolare e grande riconoscibilità. Basta ricordare ''La conquista del West'', un western del '36 già perfettamente adulto, tre anni prima di ''[[Ombre rosse]]'' [...]. Tuttavia dicendo De Mille si dice ''[[I dieci comandamenti (film 1956)|I dieci comandamenti]]'', che è un'opera meritevolissima, beninteso, un titolo che non ha mai trovato posto in nessuna delle classifiche nobili, proprio per le sue caratteristiche di troppa spettacolarità, popolarità, artificio. De Mille voleva soltanto piacere al pubblico, dargli ciò che voleva. [[John Ford]] riconosceva questa sua capacità, e in un certo senso gliela invidiava. Nei ''Dieci comandamenti'' tutto è perfetto: l'aspetto degli attori, i costumi, le armi, la natura, gli edifici, i trucchi, la musica, le inquadrature. È tutto così stilizzato e calligrafico da far invidia al più avanzato dei registi pubblicitari. [...] La saga e il racconto sono grandissimi. Si rimprovera al regista una certa prolissità (quasi quattro ore la durata del film), ma ci sono momenti di alto significato, sul piano delle immagini (Mosè che chiede l'aiuto di Dio nella tempesta, l'incisione delle tavole, le scene d'esodo). Ci sono anche tratti di grande forza, quasi da tragedia greca, seppur fortemente Hollywoodiani. De Mille era un fervente cattolico e attribuiva ai suoi film un preciso valore in quel senso. Ci fu chi disse che il regista era stato un paladino della fede più del papa. (''[[I dieci comandamenti (film 1956)|I dieci comandamenti]]'', p. 604)
*Titolo fondamentale del cinema italiano e del mondo. Dopo una serie di film che possiamo definire di "perfezionamento e ricerca", Fellini rappresenta il dolore con segnali universali. Le sue angosce in prima persona trovano manifestazioni simboliche che si trasferiscono a tutti. Il caos, la vita "arruffata", il tentativo di integrarsi in qualche modo con gli altri, la tensione di fare qualcosa che non è mai chiara ma che va fatta, la pigrizia per la consapevolezza che anche centrando l'obiettivo... l'obiettivo alla fine non c'è. Il mito ha poi rilanciato ogni sequenza del film in tutto il mondo dando del nostro cinema e indirettamente del nostro paese un quadro diverso rispetto a quello della stagione del neorealismo. (''[[La dolce vita]]'', p. 628)
*[[Sean Connery]] è un anziano scassinatore, che diventa socio di una giovane ladra che ha rubato un [[Rembrandt]] superando un complicato sistema di allarme. Tra i colpi di scena e doppi giochi i due realizzano un'operazione del valore di molti miliardi di dollari. Il regista di ''[[Sommersby]]'' e ''[[Copycat - Omicidi in serie|Copycat]]'' torna con un film a metà strada tra ''[[Mission: Impossible|Mission Impossible]]'' e ''[[Topkapi]]''. [[Catherine Zeta-Jones]] si era fatta notare, prima di questo film, nell'ultima versione di [[La maschera di Zorro|Zorro]] con [[Antonio Banderas|Banderas]] e [[Anthony Hopkins|Hopkins]]. (''[[Entrapment|Entrapment - In trappola]]'', p. 708)