Rainer Maria Rilke: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
+1.
+1. Fix wlink.
Riga 19:
*[...] Le cose dell'[[arte]] sono sempre risultato dell'essere stati in pericolo, dell'essere andati in fondo a un'esperienza, in un luogo oltre il quale nessuno può andare.<ref>Dalla ''Lettera a Clara Westhof'' del 24 giugno 1907. Citato in ''Poesie'', vol I , Einaudi-Gallimard, p. 944.</ref>
:[...] ''Kunstdinge sind ja immer Ergebnisse des In-Gefahr-gewesen-Seins, des in Einer Erfahrung Bins-ans-Ende-gegangen-Seins, bis wo kein mensch mehr weiter kann.''<ref>{{de}} Da ''Über Dichtung und Kunst. {{small|Edition und Nachwort von Hartmut Engelhardt.}}'', Suhrkamp, Francoforte sul Meno, 1974, [https://books.google.it/books?hl=it&id=Y2tcAAAAMAAJ&dq=Kunstdinge+sind+ja+immer+Ergebnisse+des+In-Gefahr-gewesen-Seins%2C+des+in+einer+Erfahrung+...+dieses+%C3%84u%C3%9Ferste+nicht+vor+dem+Eingang+in+das+Kunstwerk+auszusprechen%2C&focus=searchwithinvolume&q=+Ergebnisse+ p. 39].</ref>
*''Ma se in noi destano un simbolo, i [[morte|morti]] senza mai fine | ai penduli amenti del vuoto avellano | essi accennano, o forse alla pioggia | che nella terra buia precipita di primavera. || E noi, che pensiamo a una felicità ''saliente'', | il tremito commoverebbe, | che quasi ci abbatte, | se ''cade'' un evento felice.''<ref>Da ''Elegie duinesi'', X, in ''Elegie duinesi'', introduzione e traduzione di [[Leone Traverso]], p. 143.</ref>
*Mi figuro che perfino chi gli sia vicino, premuto, per così dire, contro lastre di vetro, avverte queste vedute e queste intenzioni come uno che ne sia escluso; infatti le esperienze di Trakl si svolgono come in visioni riflesse ed empiono tutto il suo spazio che è inaccessibile. (Chi sarà stato mai?). (da una lettera di Rilke a Ludwig von Ficker, mecenate di [[Georg Trakl|Trakl]], 1915<ref>Citato in Georg Trakl ''Poesie'', introduzione, traduzione e note di [[Ervino Pocar]], Rizzoli, Milano, 1974, p. 154.</ref>)
*[[Nascita|Nasciamo]], per così dire provvisoriamente, da qualche parte; soltanto a poco a poco andiamo componendo in noi il luogo della nostra origine, per nascervi dopo, e ogni giorno più definitivamente.<ref>Da ''Lettere milanesi'', 1956 (postume). Citato in [[Robert Musil]], ''L'uomo tedesco come sintomo'', traduzione di Antonello Scicchitano, Polimnia Digital Editions, Sacile (PN), [https://books.google.it/books?id=aQxNDwAAQBAJ&lpg=PA59&dq=&pg=PA59#v=onepage&q&f=false nota 13 p. 59]. ISBN 978-88-99193-04-1</ref>
Line 83 ⟶ 84:
:''Wie soll ich meine Seele halten, daß | sie nicht an deine rührt? Wie soll ich sie | hinheben über dich zu andern Dingen?''
*''Ma egli ruppe la scorza del dolore | in pezzi e ne distese alte le mani, | come per trattenere il dio fuggente. | Anni chiedeva, solo un anno ancora | di giovinezza, mesi, pochi giorni, | ah, non giorni, ma notti, una soltanto, | solo una notte, questa notte: questa. | Il dio negava. Gridò allora Admeto, | gridò vani richiami a lui, gridò, | come gridò sua madre al nascimento.'' (da ''Alcesti'', vv. 25-34; pp. 25-27)
*''[[Euridice (ninfa)||Lei]] così amata che più pianto trasse | da una lira che mai da donne in lutto; | così che un mondo fu lamento in cui | tutto ancora appariva: bosco e valle, | villaggio e strada, campo e fiume e belva; | e sul mondo di pianto ardeva un sole | come sopra la terra, e si volgeva | coi suoi pianeti un silenzioso cielo, | un cielo in pianto di deformi stelle –: | lei così amata. || Ma ora seguiva il gesto di quel [[Ermes|dio]], | turbato il passo dalle bende funebri, | malcerta, mite nella sua pazienza. | Era in se stessa come un alto augurio | e non pensava all'uomo che era innanzi, | non al cammino che saliva ai vivi. | Era in se stessa, e il suo dono di morte | le dava una pienezza. | Come un frutto di dolce oscurità | ella era piena della grande morte | e così nuova da non più comprendere. || Era entrata a una nuova adolescenza | e intoccabile: il suo sesso era chiuso | come i fiori di sera, le sue mani | così schive del gesto delle nozze | che anche il contatto stranamente tenue | della mano del dio, sua lieve guida, | la turbava per troppa intimità. || Ormai non era più la donna bionda | che altre volte nei canti del [[Orfeo|poeta]] | era apparsa, non più profumo e isola | dell'ampio letto e proprietà dell'uomo. | Ora era sciolta come un'alta chioma, | diffusa come pioggia sulla terra, | divisa come un'ultima ricchezza. | Era radice ormai.'' (da ''Orfeo Euridice Hermes'', Einaudi 1984, pp. 33-35)
 
==''Poesie francesi''==