Antonio Starabba, marchese di Rudinì: differenze tra le versioni

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Leopoldo Pullè
Indro Montanelli
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*Il Presidente del Consiglio, marchese Antonio di Rudinì, è nel parlatorio di Trinità dei Monti in presenza della superiora e della figlia.<br>Per nulla intimidita Alessandra lo guarda sorridendo; finge di non accorgersi dell'impazienza e della [[collera]] che traspare dal suo sguardo.<br>Infatti il marchese non riesce a sorridere. L'uomo abituato ad affrontare con disinvoltura le situazioni più gravi si trova ora a disagio di fronte a una piccola mortificazione personale e familiare: sua figlia, scacciata dal collegio come una borghese qualsiasi! Egli soffre per questa umiliazione in tutte le fibre del suo aristocratico orgoglio. ([[Lucy Napoli Prario]])
 
*Sindaco di Palermo a ventisette anni, aveva affrontato con molto coraggio la rivolta che vi era scoppiata nel '66, e questo lo aveva accreditato come il fanciullo-prodigio del moderatismo, destinato a gloriose imprese. Ma, diceva De Sanctis, col passare del tempo, il prodigio dileguò e rimase solo il fanciullo. Ministro degl'Interni a trent'anni in uno dei governi Menabrea, la sua carriera si era fermata lì. Pure, la fama di "uomo forte" gli era rimasta addosso, suffragata anche dalla sua alta statura, dai lampeggiamenti del monocolo, dalla fluente barba, dalla nobilesca alterigia. Idee, non ne aveva. Ma aveva delle impennate che facevano credere alla sua risolutezza. E questo, in una Destra impoverita di personalità di rilevo, gli era bastato per guadagnarsi i galloni di capo. ([[Indro Montanelli]])
 
==Note==