Ugo Ojetti: differenze tra le versioni

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→‎Citazioni di Ugo Ojetti: i modellatori di medaglie
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*C'è per poco a Bologna una bella piazza di più: una piazza con quattro [[Torri di Bologna|torri]]. Due le conosce tutto il mondo: la Garisenda e quella degli Asinelli. Le altre due, pare che fino a cinque o sei anni fa non le conoscesse più nessuno, nemmeno per sentito dire: la torre degli Artenisi e la torre dei Riccadonna. Sono venute fuori, rosse e rozze, dalle demolizioni del centro di Bologna tra via Mazzini e via Capreria, ma potenti e imponenti sebbene i loro venticinque metri d'altezza {{sic|sieno}} una statura da casa borghese in confronto ai quarantasette metri della Garisenda e ai novantotto della Asinelli regina del cielo. E si sposano così bene, nella stessa piazza, a quelle due, col colore e con le linee, e rivelano {{sic|súbito}} con {{sic|tanto}} pittoresca evidenza al passante più distratto, l'aspetto della fiera Bologna di sette od otto secoli fa, tutta torri, che si rimane estatici a guardarle, il cuore in sogno.<ref>da ''I nani tra le colonne'', Fratelli Treves editori, Milano, 1920, cap. III, p. 184.</ref>
 
*I modellatori di [[Medaglia|medaglie]], antichi e nuovi, si possono, alla fine, ridurre a due specie: quelli che appiattiscono e ricamano teste e invenzioni così da uguagliarne il rilevo al cordone del contorno, e la loro arte minuta e gentile tiene ancóra della moneta; quelli che più arditi trattano la medaglia a gran chiaroscuro come un bassorilievo, né temono aggetti e spessori purché distribuiti e pesati con norma d'arte e severamente stretti dalla morsa della forma rotonda, come furono «i medaglioni di getto» del Pisanello e dei suoi imitatori veneti, lombardi e toscani del quattrocento. Già ai primi del cinquecento, col Cellini, col Leoni, col Pastorino, si tornava verso la finezza e la minuzia della moneta dove l'orafo ammansa spesso e stanca la foga dello scultore.<ref>da ''I nani tra le colonne'', Fratelli Treves editori, Milano, 1920, cap. IV, p. 218.</ref>
*{{NDR|In occasione della morte di [[Giulio Aristide Sartorio]]}} Era un lavoratore infaticabile, di una puntualità meticolosa. Gli offrivano, in una esposizione, una sala di tanti metri. Rispondeva che, per il giorno tale, avrebbe consegnato tanti paesi di metri e di centimetri tanti, e ancora non ne aveva dipinto uno; ma arrivava, con le sue casse, all'ora promessa. Per il fregio del parlamento si vantava tranquillo, di aver dipinto in novecentotrenta giorni, duecentottantacinque figure di uomini e di animali su quattrocentocinquanta metri di tela. Teneva questa tela avvolta sopra un gran rullo diritto, e la tela dipinta faceva ogni settimana un passo, come dicono i meccanici, di tanti metri, non uno di meno.<ref>da ''Corriere della Sera'', 6 ottobre 1932; citato in Vittorio Sgarbi, ''Davanti all'immagine'', RCS Rizzoli Libri, Milano, 1989, p. 187. ISBN 88-17-53755-1</ref>