Mario Luzi: differenze tra le versioni

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*Ai tempi di [[Gesù|Cristo]] le moltitudini convivevano la stessa sorte, mentre noi oggi non conviviamo la nostra, la subiamo ciascuno per conto proprio. È un sintomo visibile tra i più drammatici del nostro tempo. Una specie di profeta che deve parlare alle moltitudini parla per TV, per immagine televisiva, trovando ciascuno chiuso nella sua cellula.<br>Anche l'''[[incarnazione]]'' come sarebbe oggi? L'incarnazione fu così perché l'uomo era visibile e legato in una comunità che ne condivideva le pene; l'uomo era circoscritto nella sua fisicità, nel suo corpo che ebbe così importanza e valorizzazione nell'eucaristia. E oggi dove si incarnerebbe il divino? forse in ''Internet''. (p. 43)
*Prima c'erano i libelli, le opere prezzolate, ma già questo era meno suscettibile di inquinamento, perché un libello si presentava come tale, come un atto di ostilità e già questo lo connotava e identificava. Oggi l'attacco e la calunnia vivono tra il detto e il non detto, in un corrotto terreno intermedio, in cui imperano i mezzi di comunicazione, che sono fabbrica di parole e sono la negazione della parola come espressione. (pp. 63-64)
*Il silenzio è parte integrante della lingua, anche dal punto di vista originario: il nostro linguaggio è scandito dal linguaggio del mondo, che è il silenzio: il linguaggio dell'universo è il silenzio, quello dell'uomo la parola: si integrano e questo si verifica nei particolari: all'interno di una poesia i silenzi che ci sono tra le parole non sono meno importanti delle parole, la pausa, il ritmo. Ciò che presuppone il silenzio, è parte integrante del linguaggio poetico. (pp. 64-65)
*Io vedo la preghiera come un ritorno della parola a chi l'ha creata, al Verbo. (p. 76)
*{{NDR|La reale esistenza storica di Cristo}} Tutto il succo della spiritualità cristiana è qui: un piccolo episodio trascurabile quantitativamente e politicamente è così grande invece. Un seme deve esserci stato: ci sono stati dubbi e continueranno a esserci, e anche questo è bello, che ci sia questa imprendibilità, congiunta alla inevitabilità della questione. Questo è per me molto bello: il divino può essere lì e a portata di mano, ma non lo puoi circoscrivere. (p. 68)
*[[Maria]] è centrale nel sentimento di fede; se dalla teologale cura si entra nella percettibilità umana della fede, si incontra Maria. È inevitabile. Maria è al meglio quello che il cristianesimo ha fatto sentire di creaturale. Maria è la prima porta. (p. 90)