Federico Fellini: differenze tra le versioni

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*''[[Drive In]]'' è l'unico programma per cui vale la pena di avere la tv.<ref>Da ''l'Unità'', 23 febbraio 1986; citato in Francesco Maria Del Vigo, ''[http://www.ilgiornale.it/news/sinistra-amava-drive-eco-e-ragazze-fast-food.html La sinistra amava Drive in Eco e le ragazze fast food]'', ''ilGiornale.it'', 23 febbraio 2011.</ref>
*È uno strano film, il più difficile che ho immaginato finora. ''[[La dolce vita]]'' andrebbe proiettato tutto insieme, in una sola enorme inquadratura. Non pretende di denunciare, né di tirare le somme, né di perorare l'una o l'altra causa. Mette il termometro a un mondo malato, che evidentemente ha la febbre. Ma se il mercurio segna quaranta gradi all'inizio del film, ne segna quaranta anche alla fine. Tutto è immutato. ''La dolce vita'' continua. I personaggi dell'affresco continuano a muoversi, a spogliarsi, ad azzannarsi, a ballare, a bere, come se aspettassero qualcosa. Che cosa aspettano? E chi lo sa? Un miracolo, forse. Oppure la guerra, i dischi volanti, i marziani.<ref>Citato in [[Tullio Kezich]], ''Noi che abbiamo fatto La dolce vita'', Sellerio, Palermo, 2009, p. 25. ISBN 88-389-2355-8</ref>
*I concetti di volume, colore, prospettiva, sono un modo d'intendersi con la realtà, una serie di simboli per definirla, una mappa, ed era proprio questo rapporto intellettuale che veniva a mancare. Come quella volta che per far contenti dei medici amici che stavano studiando gli effetti dell'[[LSD]], accettai di fare da cavia e bevvi un mezzo bicchiere d'acqua dove dentro era stata lasciata cadere un'infinitesima parte di un milligrammo di acido lisergico. Anche quella volta la realtà degli oggetti, dei colori, della luce, non aveva più alcun senso conosciuto. Le cose erano se stesse, sprofondate in una grande pace luminosa e terrificante. In momenti come quello le cose non ti pesano; non vai a bagnare tutto con la tua persona, come un'ameba. Le cose diventano innocenti perché togli di mezzo te stesso; una verginale esperienza, come il primo uomo può avere visto vallate, praterie, il mare. Un mondo immacolato che palpita di luce e di colori viventi col ritmo del tuo respiro; tu diventi tutte le cose, non sei più separato da loro, sei tu quella nube vertiginosamente alta nel mezzo del cielo, e anche l'azzurro del cielo sei tu, e il rosso dei gerani sul davanzale della finestra, e le foglie, e la trama fibrillante del tessuto di una tenda. (dacitato in ''Federico'' di Tullio Kezich)
*Il [[cinema]] è come una vecchia puttana, come il circo e il varietà, e sa come dare molte forme di piacere.<ref>Citato in ''Portala al cinema'', p. 170.</ref>
*Il cinema è il modo più diretto di entrare in competizione con Dio.<ref>Citato in Armando Massarenti (a cura di), ''[https://books.google.it/books?id=yAKODAAAQBAJ&pg=PT61#v=onepage&q&f=false Stramaledettamente logico. {{small|Esercizi di filosofia su pellicola}}]'', Laterza, Roma-Bari, 2009. ISBN 978-88-581-0154-4. Citato anche in Antonio Monda, ''[https://books.google.it/books?id=nTPcfR7kCSAC&pg=PT7#v=onepage&q&f=false Il paradiso dei lettori innamorati. {{small|Conversazioni con grandi scrittori sui film che amiamo e detestiamo}}]'', Mondadori, Milano, 2013. ISBN 978-88-520-3655-2</ref>
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*{{NDR|Riferendosi a [[Paolo Villaggio]]}} Un uomo evidentemente deciso a rovinarsi con le sue mani (e siccome è bravo, vedrete che ci riuscirà a furia di partecipare a tutte le scemenze televisive possibili).<ref name=dAgostino/>
*Un linguaggio diverso è una diversa visione della vita.<ref>Da ''Telepiù'' n. 26, 23-29 giugno 2012.</ref>
*I concetti di volume, colore, prospettiva, sono un modo d'intendersi con la realtà, una serie di simboli per definirla, una mappa, ed era proprio questo rapporto intellettuale che veniva a mancare. Come quella volta che per far contenti dei medici amici che stavano studiando gli effetti dell'[[LSD]], accettai di fare da cavia e bevvi un mezzo bicchiere d'acqua dove dentro era stata lasciata cadere un'infinitesima parte di un milligrammo di acido lisergico. Anche quella volta la realtà degli oggetti, dei colori, della luce, non aveva più alcun senso conosciuto. Le cose erano se stesse, sprofondate in una grande pace luminosa e terrificante. In momenti come quello le cose non ti pesano; non vai a bagnare tutto con la tua persona, come un'ameba. Le cose diventano innocenti perché togli di mezzo te stesso; una verginale esperienza, come il primo uomo può avere visto vallate, praterie, il mare. Un mondo immacolato che palpita di luce e di colori viventi col ritmo del tuo respiro; tu diventi tutte le cose, non sei più separato da loro, sei tu quella nube vertiginosamente alta nel mezzo del cielo, e anche l'azzurro del cielo sei tu, e il rosso dei gerani sul davanzale della finestra, e le foglie, e la trama fibrillante del tessuto di una tenda. (da ''Federico'' di Tullio Kezich)
 
{{Intestazione|Dall'[http://www.oriana-fallaci.com/fellini/intervista.html intervista] di [[Oriana Fallaci]], Milano, febbario 1963; in ''Gli antipatici'', 1963}}