Henri-Marie de Lubac: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
→‎Il dramma dell'umanesimo ateo: +1, eliminata una citazione di Berdjaev, il cui testo non era esatto.
Riga 10:
*Irrompendo in un mondo che tende sempre a chiudersi, Dio vi apporta senza dubbio un'armonia superiore, ma che può essere raggiunta solo a prezzo di una serie di rotture e di lotte, serie lunga tanto quanto il tempo stesso. (p. 14)
*La [[terra]], che senza Dio potrebbe cessare di essere un caos solo per diventare una prigione, è in realtà il campo magnifico e doloroso dove si prepara la nostra esistenza eterna. (p. 14)
*Mito e mistero, l'uno e l'altro generano, se vogliamo, una mistica, e sia con l'uno sia con l'altro si riesce ugualmente a evadere dalla «prigione delle chiarezze». Ma queste due mistiche presentano caratteri tanto opposti quanto quelli delle rispettive fonti: da una parte sarà lo stato dionisiaco, con il suo irrazionale «inebriante, delirante, equivoco»; dall'altra la casta e sobria ebbrezza dello Spirito. Se entrambe portano così a infrangere l'individualità, «questo miserabile riparo di vetro», lo fanno in un senso ancora assai differente, poiché il primo non riesce che a dissolvere l'essere umano nella vita del cosmo – o in quella di una società anch'essa «tellurica» –, mentre il secondo esalta in ciascuno l'elemento più personale per realizzare una comunicazione tra tutti gli uomini. Del resto non significa che quest'ultimo rigetti puramente e semplicemente il primo. Non più di quanto lo faccia la ragione nell'ordine umano, il mistero non rifiuta ogni uso del mito; anzi, in parte lo assume, lo filtra, lo purifica; in certo modo lo esorcizza. (pp. 78-79)
*[[Friedrich Nietzsche|Nietzsche]] e [[Charles Péguy|Péguy]]: due profeti che dominano la nostra epoca. Entrambi concordano nel fare un'opera di critica. Entrambi maledicono il «mondo moderno». Una parte delle loro diagnosi coincide. Tuttavia i loro due messaggi restano opposti. L'uno e l'altro si ricollegano a un passato che viene dal profondo delle età, ma non ne scelgono la stessa vena. L'uno e l'altro annunciano tempi nuovi, ma non li plasmano con lo stesso metallo. Se da una parte Nietzsche è il profeta della rottura, dall'altra Péguy è il profeta della fedeltà. E mentre per incatenarci al carro traballante del suo Dioniso Nietzsche è sempre più portato a maledire la croce di Cristo, Péguy mostra in Gesù colui che raccoglie tutto il tragico antico per trasfigurarlo [...] (pp. 79-80)