Giuseppe De Matthaeis: differenze tra le versioni

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Sul culto reso dagli antichi romani alla dea Febbre: incipit
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*I parti infelici per qualche mostruosità, come gli androgini o di dubbio sesso, erano gettati nel mare appena nati presso gli antichi romani: i poveri servi tormentati da lunghe e insanabili malattie erano uccisi o esposti allo scoperto ed abbandonati nell'isola tiberina. In fine quei ch'erano ricevuti e curati negli Asclepj<ref>Da Asclepio o Esculapio, personaggio della mitologia greca, dio della medicina.</ref> dovevano esser grati e riconoscenti verso il Nume, ed in sua vece verso i suoi sacerdoti con larghi doni e compensi, poiché il bene, l'ospitalità e la guarigione non si ottenevano, né si facevano gratuitamente neppur dagl'{{sic|iddj}}. (p. 17)
 
==[[Incipit]] di ''Sul culto reso dagli antichi romani alla dea Febbre''==
Se Cicerone avesse preveduto tutto il mal'uso che avrebbero fatto gli uomini della sacra idea della Divinità, e quanto indegnamente l'avrebbero prostituita divinizzando sino li più infami tra i Tiranni, e li più vili tra gli Schiavi; non si sarebbe tanto meravigliato del culto reso dai Romani alla Febbre, alla Mala Fortuna, e a tante altre nocevoli cose annoverate tra' Dei, ed onorate di sacrificj e di altari.
 
==Note==