Ernst Jünger: differenze tra le versioni

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==''Giardini e strade. In marcia verso Parigi''==
*{{NDR|Il [[bunker]]}} È più freddo e inospitale di altri luoghi simili visti durante la [[Prima guerra mondiale|Guerra mondiale]] – già solo per il fatto che le dimore di allora erano costruite in legno e terra, rimpiazzati oggi da ferro e cemento. L'architettura è bassa e greve, neanche fosse progettata per delle tartarughe, e le pesanti porte di acciaio, che si chiudono ermeticamente, con uno scatto, contribuiscono a dare l'impressione di essere costretti dentro una cassaforte. Lo stile è tetro, sotterraneo, un intreccio tra l'opera vulcanica di un fabbro e quella grossolana di un [[Ciclopi|ciclope]]. (da ''Nota di diario dell'11 novembre 1939, Dintorni di Greffern'', p. 68)
*Tremenda è e rimane in ogni tempo una sola grandezza – l'uomo, per il quale le [[arma|armi]] altro non sono che membra aggiuntive e pensieri in forma plastica. (da ''Nota di diario del 25 aprile 1939, Kirchhorst'', p. 24)
*Marciando ho sempre permesso che gli uomini cantassero, e ciò fa bene sia a loro sia a me. Tutto quel che ha a che vedere col [[ritmo]] è un'arma contro il [[tempo]], ed è contro di esso, in fondo, che lottiamo. L'uomo combatte sempre contro la potenza del tempo. (da ''Nota di diario del 15 gennaio 1940, Flehingen'', p. 81)
*Per quanto concerne d'altra parte le ''Consolationes'' di [[Severino Boezio|Boezio]], credo che il [[dolore]] non possa esserne in alcun modo diminuito. Dobbiamo gustarlo fino in fondo. Se però il dolore, nei circuiti vitali inferiori, possiede una potenza caotica, al contatto con l'essere più elevato e nobile acquista invece la sua forma. La consolazione lo chiude in una gabbia dorata, o meglio: lo pone su un altare dotato di un valore più alto di tutti i mali che la breve vita di un uomo può patire.<br />La consolazione offerta da Boezio sortisce dunque il suo effetto ancora oggi; e tale effetto nel tempo è solo un riflesso del superiore guadagno che la poesia promette così bene nel verso: «O terra sconfitta, donaci le stelle». (da ''Nota di diario del 13 febbraio 1940, Capanna di giunchi'', p. 97)