Massimo Fini: differenze tra le versioni

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*Quando nei talk show televisivi e radiofonici, finché ci sono andato, dicevo che nella prima guerra del Golfo le "bombe intelligenti" e i "missili chirurgici" avevano ucciso 32.195 bambini iracheni, che non sono meno bambini dei nostri, mi aspettavo una reazione da parte dei miei interlocutori, che mi dicessero che era una provocazione, che mentivo, che non era vero, che non poteva essere vero. Ma questo non lo potevano fare perché sono dati del Pentagono e quindi al di sopra di ogni sospetto. Mi attendevo allora grida di sdegno, di raccapriccio, di orrore. E invece niente. Silenzio. Si glissava e si passava rapidamente a parlare di Berlusconi, di Rutelli, di Fini, di Follini, di Prodi o di altre nullita' della politica e della vita. Non credo si tratti sempre di indifferenza. È anche passività.<ref>Da ''Massimo Fini è Cyrano'', Marsilio, 2005.</ref>
*Quello che dico ai ragazzi quando, dopo una lezione sul giornalismo tenuta all'università, nei licei, nelle scuole specializzate, mi si affollano attorno e mi chiedono come si fa a entrare nel nostro mestiere: assassinate un commissario di polizia e diventerete "opinion maker" senza dovervi sobbarcare la fastidiosa fatica di trent'anni di tirocinio e di lavoro.<ref>Da ''La missione di Oriana: americanizzare tutti'', ''Il Gazzettino'', 9 aprile 2004.</ref>
*Quello {{NDR|di [[Nerone]]}} con Poppea fu un grande matrimonio d'amore. Poppea era intellettualmente curiosa, [[Nerone]] anche. Poppea era allegra, Nerone anche. A Poppea piaceva divertirsi, come a Nerone. A Poppea interessava l'Oriente, a Nerone interessava l'Oriente. Poppea proteggeva gli ebrei e Nerone chiuse un occhio sui trambusti che costoro provocavano continuamente dentro e fuori Roma. La loro intesa era perfetta. Nerone aveva abbandonato i suoi vagabondaggi notturni, passava le sere a Palazzo e scriveva poesie per lei, sui suoi capelli «color dell'ambra». Per la prima, e forse unica, volta nella sua vita, Lucio Domizio Enobarbo, alias Nerone, era felice.<ref>Da ''Nerone. Duemila anni di calunnie'', Oscar Mondadori, Milano, 1993, cap 5 ''I delitti''.</ref>
*Recentemente sono stato insignito del Premio Montanelli alla carriera che dovrebbe essermi consegnato a ottobre a Fucecchio, a meno che nel frattempo non mi sia revocato per indegnità, sempre in nome della libertà di informazione. Sono certo che il vecchio [[Indro Montanelli|Indro]] non avrebbe condiviso nemmeno un fonema del mio necrologio sul Mullah {{NDR|Omar}}, ma sono altrettanto certo che non si sarebbe mai sognato di bloccarlo. Caso mai ci avrebbe riso su, considerandolo una provocazione, anche se provocazione non era. Perché Montanelli era un vero liberale. Quando i liberali esistevano ancora.<ref name=Mullah></ref>
*Se c'è una generazione mediocre e fasulla, la peggiore sicuramente del dopoguerra, è quella del [[Sessantotto|'68]]... Erano partiti per combattere un conformismo ripugnante e ne crearono subito uno ancor più soffocante. Perfino nel vestire. Se prima in università era d'obbligo la giacca e la cravatta poi lo divenne l'eskimo. E per chi non ci stava c'era la spranga... Facevano la rivoluzione purché le conseguenze ricadessero solo sulla testa degli altri. Andrea Casalegno, altro Lc, si accorse che il terrorismo non era una cosa buona solo quando i brigatisti rossi uccisero suo padre Carlo, vicedirettore della Stampa. <ref>Citato in ''[https://web.archive.org/web/20160101000000/http://archiviostorico.corriere.it/1996/luglio/29/Casalegno_Errori_niente_terrorismo_Maiolo_co_0_9607297408.shtml Casalegno: "Errori, ma niente terrorismo" . Maiolo: "Si', la lobby esiste"]'', ''Corriere della sera'', 29 luglio 1996.</ref>