Karel Čapek: differenze tra le versioni

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*L'indiscutibile pregio dei siciliani è che non mendicano quasi per nulla; sembrano assolutamente più severi e più dignitosi di quei riccioluti napoletani lassù, forse per l'influsso della cultura spagnola. L'influsso spagnolo è l'ultimo; il primo è greco, il secondo e il terzo sono il saraceno e il normanno; il rinascimento qui ha colpito solo di striscio. Mescolate questi vari elementi culturali con un sole abbacinante, una terra africana, una quantità di polvere e una vegetazione meravigliosa, e avrete la Sicilia. (cap. ''Palermo'', p. 61)
*Ma tutto questo non è niente al confronto di Orvieto. Orvieto è una città ancora più piccola, e per giunta è posta sul piano di una tavola di roccia che si è arrampicata verticalmente dal suolo ad un'altezza straordinaria. In alto si arriva o per una strada a serpentina, che farebbe cambiare idea anche a un acerrimo nemico di questa irraggiungibile cittadina, o con una funicolare che vi farà sicuramente girare la testa. (cap. ''Siena, Orvieto'', pp. 46-47)
*[[Josef Svatopluk Machar|Machar]] trovò a [[Roma]] la classicità. È strano. Per quanto mi riguarda, vi ho trovato principalmente il barocco. Il [[Colosseo]] è barocco. Tutta la Roma imperiale è interamente barocca. Poi arrivò il [[cristianesimo]] e in un attimo pose fine al barocco imperiale. Di conseguenza, Roma si addormentò artisticamente, si svegliò solo alla prima occasione, quando glielo permisero le strette briglie che le aveva messo il cristianesimo, e quando poté ribollire in una nuova ondata di barocco, questa volta nel segno del papato. (cap. ''Roma'', pp. 49-50)
*Non vorrei scrivere molto su Venezia; penso che tutti la conoscano. È realmente simile, fino al fastidio, ai vari ''souvenirs de Venice''; quando mi sono fermato per la prima volta a piazza San Marco, sono rimasto confuso e a lungo non ho potuto liberarmi dalla opprimente sensazione che non fosse un luogo reale, ma il Lunapark dove deve svolgersi la notte veneziana. Aspettavo soltanto che cominciassero a gemere le chitarre e che il gondoliere cantasse come il signor Schütz. Por fortuna il gondoliere ha misteriosamente taciuto, ma alla fine mi ha derubato in modo poco cristiano, agitandomi davanti agli occhi un qualche tariffario. (cap. ''Venezia'', p. 27)
*Pagatemi queste righe a peso d'oro, non per la loro bellezza intrinseca, ma perché per esse tanto ho dovuto pagare. Ma se conto dieci centesimi per ogni stella e un centesimo per ogni mormorio del mare, dieci lire per il fuoco vermiglio dell'Etna e per l'aria balsamica mezza lira all'ora – come vedete, non conto né i riverberi del mare, né le palme, né l'antico castello e nemmeno il teatro greco che adesso, di notte, non ha alcunché di attraente – orbene, poi ne varrà la pena, e sia lodato Iddio che mi ha mandato in questa terra. Con il suo miracoloso potere mi ha condotto prima da Palermo attraverso la Sicilia, attraverso una quantità di colline sacre, strane e tristi, per viali di cactus e miniere di zolfo fino a Girgenti, che è una cittadina su una montagna, con a pochi passi tutta una serie di templi greci. Sono di ordine dorico e di conseguenza molto leggiadri. (cap. ''Da Palermo a Taormina'', p. 66)