Ettore Romagnoli: differenze tra le versioni
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*Fra i tipi più interessanti che animarono quella originaria commedia dell'arte, va ricordato il cerretano, di cui abbiamo già fatto cenno. Un vero Dulcamara. Arrivava da lontano a corbellar la fiera; e i gonzi a sentire la sua pronuncia esotica andavano in estasi:<br>''Se vien un medico<br>paesano, e dice: «A quel malato<br>dategli una [[scodella]] di tisana»,<br>lo disprezziamo. Ma se lo sentiamo<br>dir «scotella» e «disana», rimaniamo<br>a bocca aperta. E così via. Se dice «bietola», e chi gli bada? Dice «pieta»?<br>Siamo tutt'orecchi! Come se non fossero<br>bietola e pieta, zuppa e pan bagnato!''<br>Questo frammento appartiene alla ''Mandragola'' d'Alesside (142, [[Charles Paul Kock|KOCK]]), dalla quale, non sapremmo per qual tramite, deve pure aver derivata qualche cosa il capolavoro del [[Niccolò Machiavelli|Machiavelli]].<ref>Il Kock ricorda anche la ''Giulietta'' di [[William Shakespeare|Shakespeare]].</ref> Anche in essa, infatti, si trattava di una donna fatturata con la mandragola; e chi compieva l'operazione poté ben essere un antenato di Callimaco. (p. 13)
*Frequente e apprezzata era anche la scena della visita. La visita è spediente assai ovvio per far trovare insieme con naturalezza due persone il cui incontro sia richiesto dall'azione drammatica. Però essa spesseggia in tutto il teatro comico popolare antico<ref>[[Tito Maccio Plauto|Plauto]] e [[Publio Terenzio Afro|Terenzio]]</ref>, non meno che nella commedia dell'arte e nella tuttora viva farsa napoletana. Al repertorio comune attinse dunque Aristofane, sfoggiando, nei suoi drammi, tanto lusso di visite.<ref>Diceopoli fa una visita ad [[Euripide]] (''Acaranesi''), Lesina a [[Socrate]] (''Nuvole''), Trigeo ad Ermete (''Pace''), Gabbacompagna e Sperabono al Bubbola (''Uccelli''), Mnesiloco ed Euripide ad Agatone (''Le Donne alla festa di Dèmetra''), Diòniso e Rosso ad Eracle (''Rane'').</ref> Né altro testo gli suggerì i lazzi più o meno gustosi di cui i suoi personaggi fanno sciupìo, quando si tratta di picchiare agli usci o di chiamar quei di casa. (p. 27-28)
*Altro lazzo benamato è la storpiatura delle lingue, che
*Fin dalle prime origini, la farsa popolare contenne qualche elemento musicale. Aristofane, nel luogo delle ''Nuvole'', già ricordato, accenna ad un tradizionale tipo di vecchio che canticchiava ariette e pigliava a bastonate la gente. (p. 30)
*''Nelle Donne a Parlamento''<ref>Aristofane</ref>, una giovine dice ad una vecchia che vuole, durante la sua assenza, rapirle lo amato con la lusinga del canto:<br>''Prima di me ti sei, vecchia muffita,<br>messa alle poste: quando non c'è il gatto,<br>già, i topi ballano. Eh! Te la credevi,<br>d'adescare col canto il mio diletto!<br>Fallo ora, e ti rimbeccherò cantando:<br>che se agli spettatori questo pare<br>un vecchiume, peraltro è divertente<br>e comico. Avvicinati, accompagnaci,<br>tu, flautista!'' (p. 30)
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