Silvia Albertazzi

docente, saggista e scrittrice italiana

Silvia Albertazzi (1952 – vivente), docente, saggista e scrittrice italiana.

Intervista di Laura Gasparini, Arabeschi nº 13, gennaio-giugno 2019.

  • Non ci sono, quasi, romanzi in cui la fotografia di paesaggio abbia un'importanza così significativa come quella del ritratto. Ci sono esempi, nei romanzi, e ce ne sono parecchi, dove c'è il personaggio del fotografo che non è solo ritrattista. Nel mio libro [Letteratura e fotografia] cito due romanzi: uno è quello di Colum McCann, in inglese è Songdogs, in italiano, La legge del fiume, che ha per protagonista un fotografo, che fa ogni tipo di fotografia, dal ritratto a bellissimi paesaggi, ma il racconto non si sviluppa attorno alla fotografia di paesaggio. E l'altro romanzo, quello di Graham SwiftVia da questo mondo, è la storia di un reporter di guerra che abbandona questo genere e si dedica alla fotografia aerea, quindi di paesaggi dall'alto: è un personaggio che, non ne ho le prove, ma secondo me è ispirato a Don McCullin. Invece esistono molti racconti, in letteratura, che ruotano intorno a ritratti fotografici e al rapporto che i protagonisti hanno con questi ritratti, per non parlare di quanti romanzi sono strutturati come album di famiglia. Per questo ho scelto queste tematizzazioni e non altre.
  • [Quanto l'impianto narrativo, quindi letterario, ha delle similitudini con il linguaggio della fotografia?] Direi che c'è tutto un rapporto, non vorrei dire di odio e amore, ma è un rapporto abbastanza conflittuale, tra i due linguaggi, e per questo anche molto importante. All'inizio della storia della fotografia, la letteratura guardava alla fotografia con estremo sospetto, un po' come la pittura. Quindi era maturata questa idea che la fotografia, ottenuta con un mezzo meccanico, volesse arrogarsi il diritto di dire la verità e anche di fare arte e scalzare l'immaginazione. Basti pensare al rifiuto netto di Baudelaire nei confronti della fotografia.
  • La cosa interessante è un fotografo come Talbot, che realizza il primo fotolibro in assoluto, perché quando progetta The pencil of nature, inserisce da una parte una fotografia e accanto il commento tecnico, quindi è anche il primo libro di tecnica fotografica esistente. In effetti, ci sono anche altri fotografi che compongono i loro soggetti ispirandosi alla letteratura, come la Cameron, e altri che, invece, cercano di illustrare delle opere poetiche. Lo stesso Talbot, quando si reca in Scozia, va sulle orme di Walter Scott. Però, ribadisco, i letterati all'inizio sono molto scettici verso la fotografia.
  • All'inizio della mia ricerca sul rapporto tra la letteratura e la fotografia mi colpì molto un'affermazione di Nino Migliori, che fu invitato a parlare all'Università. Migliori esordì dicendo: «La fotografia è molto più vicina alla letteratura che non alla pittura». Io non ci avevo mai pensato e lui spiegò il perché dal suo punto di vista e nel corso del tempo mi resi conto che aveva ragione. Così disse anche Mario Dondero che, quando iniziò a collaborare con noi per la rivista illustrata Letteraria, fondata da Stefano Tassinari, affermò: «Io sono molto più vicino agli scrittori e alla letteratura che non ai pittori». Credo, in definitiva, che la fotografia, essendo proprio un linguaggio e raccontando, in fin dei conti, delle storie , abbia molto più in comune con la letteratura che non con altre forme d'arte.

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