Śiva Purāṇa
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Śiva Purāṇa, testo sacro dell'Induismo.
Citazioni
modifica- Le sue [di Shiva] membra brillano come gioielli. (da I, 21, 82; citato in Alain Daniélou, Miti e dèi dell'India, traduzione di Verena Hefti, BUR, 2008)
- La donna che posso accettare deve essere bella, praticare lo Yoga ed essere capace di sopportare l'ardore del mio sperma. C'è un'altra condizione. Se non avrà fiducia in me e nelle mie parole, l'abbandonerò. (da Rudra Saṃhitā, cap. 17, 38-44; 1980)
- Śiva guardò gli dèi e disse loro: "Io sono il signore degli animali… . I coraggiosi Titani, gli Asura potranno essere distrutti solo se ciascuno degli dèi e degli altri esseri assumerà la sua natura di animale." Gli dèi esitavano a riconoscere il loro aspetto animale. Śiva disse loro: "Non è una diminuzione riconoscere il proprio animale [la specie che nel regno animale corrisponde al principio che ogni dio incarna sul piano universale]. Solo coloro che praticano i riti dei fratelli delle bestie, dei Pāśupata, possono superare la loro animalità." Fu così che tutti gli dèi e i Titani riconobbero d'essere il bestiame del Signore cui venne dato il nome di Pāśupati, il signore degli animali. (da Rudra Saṃhitā, V, cap. 9, pp. 13-21; 1980).
- Il Kailàsa, la montagna dove si trova il paradiso di Śiva è coperto di meravigliosi giardini. Tutti gli animali, le Ninfe, i geni, i compagni del dio costituiscono la sua corte. È un luogo di delizie ove si trova tutto ciò che conduce alla felicità. Là vive Śiva sotto l'aspetto di uno yogi nudo. (da Rudra Saṃhitā, cap. 18, 44; 1980)
- La luna gli fa da corona, il terzo occhio gli orna la fronte, i serpenti diventano gli anelli arricchiti di gioielli delle orecchie. I serpenti che circondano le altre parti del corpo diventano ornamenti incrostati di pietre preziose. La cenere di cui è cosparso il suo corpo diventa un unguento prezioso. La pelle d'elefante sembra una delicata stoffa di seta. La sua bellezza è indescrivibile. Egli sembra possedere tutte le ricchezze. (da Rudra Saṃhitā, cap. 39, 38-42; 1980)
- Proprio per farsi gioco degli abitanti della foresta, Śiva aveva avuto l'idea di recarsi in quei boschi. Alcune tra le mogli dei sapienti furono spaventate alla sua vista; altre donne, sorprese ed eccitate, s'avvicinarono al signore. Alcune lo abbracciarono, altre gli presero le mani. Litigavano tra loro per toccarlo. (da Koti Rudra Saṃhitā, cap. 12, 9; 1980)
- Questo Śiva che porta un tridente ha un corpo di cattivo augurio. È senza pudore. Non ha né dimore né antenati conosciuti. È nudo e mal fatto. Vive in compagnia di spiriti maligni e di cattivi geni. (da Koti Rudra Saṃhitā, cap. 24, 46-47; 1980)
- Se avesse denaro non andrebbe nudo. Va a passeggio su un toro, non ha carrozza. Non si conosce la sua casta, non è né letterato né sapiente. Al suo seguito ha solo spiriti maligni. Ha del veleno nel collo. Confrontate le vostre collane con la ghirlanda di teschi che porta, i vostri unguenti di bellezza con la cenere dei roghi funerari di cui si cosprage il corpo. (da Koti Rudra Saṃhitā, cap. 27, 36; 1980)
- Non mi distinguo dal fallo, il fallo è identico a me. Avvicina a me i miei fedeli, dunque lo si deve venerare. Miei cari! ovunque si trovi un sesso eretto, sono presente io stesso, anche se non vi siano altre rappresentazioni di me. (da Vidyeśvara Saṃhitā, I, cap. 9, 43-44; 1980).
- Per essere liberati occorre soddisfare i sapienti con lo studio, poi gli dèi con sacrifici, infine gli antenati generando dei figli. (da Vayavīya Saṃhitā, II, cap. 12, 32; 1980)
- L'uomo che cerca di raggiungere la conoscenza deve vivere di preferenza nella foresta (vanaprastha), libero da ogni preoccupazione materiale. Deve trovarsi un maestro qualificato e fare di tutto per piacergli e servirlo. (da Vayavīya Saṃhitā, 32-33; 1980)
Bibliografia
modifica- Alain Daniélou, Śiva e Dioniso, traduzione di Augusto Menzio, Ubaldini Editore, 1980.
Voci correlate
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