Sergio Cotta
filosofo italiano (1920-2007)
Sergio Cotta (1920 – 2007), giurista e filosofo italiano.
Citazioni di Sergio Cotta
modifica- Non si tratta di abbandonare la scienza, la quale nel suo tortuoso cammino ha pur mostrato di essere ricerca docile alla verità, e dalla quale proprio oggi ci vengono le meno incerte indicazioni di speranza anche teoretica. Si tratta piuttosto di accompagnarle una ricerca filosofica che, in costante sforzo di attenzione, recuperi le necessarie armonie (con la natura e con gli altri) nelle regioni più proprie dell'umano: fantasia, sentimenti, esperienza storica, intelligenza. Questa collaborazione tra scienza e filosofia è indispensabile. Come l'opera manipolatrice e distruttiva della scienza non sarebbe giunta tanto lontano senza l'avallo e la spinta dell'idea filosofica dell'homo faber, così l'attuale riconversione della scienza a un'attività conoscitiva e conservativa non può dare tutti i suoi frutti se la filosofia non riproporrà l'idea perenne dell'homo sapiens, che illumina di sapienza anche il suo fare.
Oggi molti scienziati mostrano di aver inteso la lezione di questa sapienza che conosce il limite e la misura. Hanno compreso che, quand'anche si abbia di mira soltanto il fare e il produrre, non è più possibile continuare a provocare la natura. Ma occorre esplorarla riconoscendone la realtà, davvero inesauribile sul piano della conoscenza, e fors'anche sul piano di una utilizzazione sapientemente rispettosa; ma esauribile (e quanto rapidamente!) sul piano della manipolazione fabbrile[1] che obbedisce alla misura egocentrica dell'uomo.[2]
Perché la violenza?
modificaIl tema della violenza si è imposto ormai nel discorso quotidiano del nostro tempo, suscita riflessioni e inchieste, è al centro delle preoccupazioni dei politici e delle inquietudini dei privati, ispira romanzi e film. Non c'è da stupirsene, tanto diffusa e angosciosa è la presenza della violenza in tutti gli aspetti e livelli della vita odierna come ogni giorno ci ricordano giornali, radio, televisione.
Citazioni
modifica- Il fatto veramente caratteristico del nostro tempo è infatti l'esaltazione della violenza. Fino al secolo XIX, per quanto si scruti la storia del pensiero, non si trova traccia consistente di tale esaltazione. La violenza poteva essere (ed era) riconosciuta inevitabile, da subire senza speranza di liberarsene del tutto, ma non veniva certo apprezzata. Era considerata un male, spesso anzi il male radicale dell'uomo: hybris, la dismisura, la tracotanza di chi si pone fuori e sopra ogni legge e armonia di vita. E se talvolta s'insegnava ad usarla, è perché si pensava che si trattasse di un male necessario in talune circostanze, non certo di un bene. (cap. 1, pp. 21-22)
- L'etimologia del termine «violenza» ci permette di cogliervi un elemento negativo: la violenza si connette a violare, a tal punto che lo stupro è detto violenza per antonomasia. In francese la connessione assume la massima evidenza: stupro si dice viol, radice di viol-ence. Sotto questo profilo semantico, la violenza appare una funzione del disprezzo (toglier prezzo a una persona, a una situazione, a una istituzione ecc.), mentre si oppone al rispetto: chi compie violenza non rispetta e chi rispetta non compie violenza. (cap. 3, p. 67)
- Non vi sono dubbi sul fatto che la folla venga intesa come agente di violenza alla stessa stregua di un individuo: anch'essa è detta comunemente «cieca», «accecata», «scatenata» e simili. L'omogeneità è tale che la folla può esser considerata l'analogo collettivo dell'uomo violento. (cap. 3, p. 71)
- A uno sguardo d'insieme, il secolo XIX appare contrassegnato in Occidente, quanto a cultura e a mentalità, da una straordinaria fiducia nell'idea di misura, calcolabile e calcolante, la cui capacità ordinatrice e formatrice si esprime in leggi (nel senso lato della parola) certe e inderogabili. (cap. 5, p. 99)
Note
modifica- ↑ Proprio del fabbro e, per estensione, di ogni attività manuale. Manipolazione fabbrile è quindi un utilizzo indiscriminato delle ricchezze naturali.
- ↑ da L'uomo tolemaico, Rizzoli, Milano. Citato in Giuseppe Passarello, Elena Janora e Serena Passarello, La memoria e la ragione: Ottocento e Novecento, antologia di cultura generale. Per gli istituti professionali, Società Editrice internazionale, Torino, Ristampa luglio 1981, p. 827. ISBN 88-05-01587-3
Bibliografia
modifica- Sergio Cotta, Perché la violenza? Una interpretazione filosofica, L. U. Japadre Editore, L'Aquila, 1978. ISBN 88-7006-282-1
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