Sei Shōnagon

scrittrice giapponese
(Reindirizzamento da Sei Shonagon)

Sei Shōnagon (清少納言 Shōnagon Sei) (965/967 – dopo il 1010), scrittrice giapponese.

Sei Shōnagon mentre guarda la neve

Note del guanciale

modifica

L'aurora a primavera:[1] si rischiara il cielo sulle cime delle montagne, sempre più luminoso, e nuvole rosa si accavallano snelle e leggere.[2] D'estate,[3] la notte: naturalmente col chiaro di luna; ma anche quando le tenebre sono profonde. È piacevole allora vedere le lucciole in gran numero rischiarare volando l'oscurità, oppure distinguere solo le luci di alcune di loro. Anche quando piove, la notte ha un suo fascino.

Citazioni

modifica
  • Cose che fanno palpitare il cuore. Le notti in cui si attende qualcuno; soprattutto quando, udendo lo scrosciare improvviso della pioggia o il frusciare carezzevole del vento, si sussulta pensando che sia giunto l'amato. (pp. 32-33)
  • I predicatori dovrebbero sempre avere un viso piacevole. Solo se esso è tale da doverlo contemplare senza volgere altrove la nostra attenzione, possiamo comprendere a fondo le preziose verità che ci vengono esposte. Un predicatore dal volto insignificante ci porta dunque al peccato, perché presto ci dimenticheremo di lui, non avendolo fissato con attenzione, e del significato della sua predica. Ma è ora che smetta di parlare del viso dei bonzi! Se fossi più giovane, non m'importerebbe di scrivere cose sacrileghe, ma ora ne ho una terribile paura. (pp. 34-35)
  • L'albero della canfora ha la particolarità di non crescere a fianco di altri, ma di ergersi in solitudine, per cui ha l'aria di essere un po' troppo altero. È curioso pensare che nelle antiche poesie lo si dica «diviso in mille rami», come sinonimo di amante. Chissà mai chi potrà averli contati tutti! (p. 47)
  • I paggetti, non ancora troppo alti e dai bei capelli, sono graziosissimi quando, con la chioma un po' lucida e ordinatamente pettinata, parlano rispettosamente, con voce argentina. (p. 58)
  • C'è forse qualcosa di più leggiadro di una distesa di scuri susuki dalle spighe color noce, che si piegano al vento, molli di rugiada mattutina? Ma quando l'autunno finisce, anch'essi perdono ogni attrattiva: i fiori, che in variopinto disordine erano ovunque sbocciati, sono ormai appassiti e i susuki rimangono soli sino in inverno inoltrato e giocano ancora baldanzosi col vento, quasi ignari delle loro teste incanutite. Ciò si può paragonare alla vecchiaia umana, e lo spettacolo è doppiamente triste se evoca qualcuno che conosciamo. (p. 65)
  • Cose che dovrebbero essere vicine ma che sono realmente lontane. Il paradiso. I viaggi per mare. I rapporti umani. (p. 177)
  • Bisognerebbe dedicarsi alla musica solo di notte, iniziando a farlo quando i volti delle persone più non si distinguono nel buio. (p. 204)
  • Dopo la seconda decade del nono mese, durante un pellegrinaggio al tempio di Hase, mi accadde di sostare in una casa bellissima, dove, stanca del viaggio, subito mi addormentai. Mi svegliai che era già notte e i raggi della luna penetravano dalla finestra illuminando di bianchi riflessi la serica superficie delle vesti dei dormienti. Il mio cuore era commosso da tanto incanto e pensavo che non potevano essere che simili istanti a ispirare agli uomini la poesia. (p. 212)
  • La luna è meravigliosa quando, allo schiarire del cielo all'alba, si profila ancora lucente ma sottilissima sui monti a oriente. (p. 226)
  • Quando vediamo un uomo rispondere evasivamente alla lettera sconsolata di una donna dal leggiadro aspetto e dall'amabile cuore, che ha una scrittura elegante e sa comporre squisite poesie, e abbandonarla in un doloroso pianto per andare da un'altra, anche se la cosa non ci riguarda direttamente ci sentiamo, come donne, invase da un sordo rancore. L'uomo, invece, sembra ignorare qualsiasi sentimento di pietà o di riguardo. (p. 232)
  • Quando mi sento così delusa da provare rancore verso il mondo intero, così depressa da non aver più desiderio di vivere, neppure per un istante, ma di voler fuggire lontano, dove non importa, se mi capitano tra le mani semplici fogli di carta bianca e un buon pennello, cartoncini bianchi o carta di Michinoku, immediatamente mi rassereno e penso che la vita valga ancora la pena di essere vissuta. Oppure se distendo un tatami dai bordi damascati e ne ammiro la fibra ancora di un tenero verde, dolcemente rigonfia, la minutezza dell'intreccio, la netta distinzione tra il nero e il bianco dei disegni del bordo, mi accorgo che non potrei mai abbandonare questo mondo senza rimpianto e la mia vita stessa mi appare più preziosa che mai. (pp. 237-238)
  • C'è forse qualcosa di bello o d'interessante nella pioggia? Io penso di no. Eppure, quando piove in una notte in cui la luna è luminosa, ci sentiamo meravigliosamente inclini a ricordare giorni ormai lontani e a volare con l'immaginazione verso ciò che ci attende, anelando al futuro con un'intensità e una limpidezza di desiderio che non ha uguali. Se in quei momenti si presenta un amante che ci ha trascurate per dieci giorni o venti, o un mese, oppure un anno intero o sette o otto anni, ma di cui in quella notte ci siamo ricordate in modo vivido, anche se non ci troviamo in un luogo adatto e abbiamo da temere gli sguardi altrui, anche se dobbiamo restare in piedi, non lo congediamo prima di avergli parlato a lungo; se invece il luogo è adatto per ospitarlo, decidiamo certamente di accoglierlo in casa. C'è forse un momento più magico di una notte di luna, perché la nostra mente venga trasportata lontano e riviva, come se accadessero allora, gli episodi dei giorni irrimediabilmente perduti, sia tristi che gioiosi o curiosi? (pp. 260-261)
  • Persone che imitano e cose che si imitano. I bambini. Gli sbadigli. (p. 268)
  1. Secondo il calendario lunare in uso nell'antico Giappone, le stagioni erano suddivise con criterio diverso dal nostro. La primavera comprendeva il primo, il secondo e il terzo mese dell'anno.
  2. In giapponese è frequente l'uso di frasi in cui, ai nostri occhi, il verbo sembra mancare. La prima frase delle "Note" di Shonagon dice: "Haru wa akebono" che, letteralmente. significa: "In primavera l'aurora", ma si deve intendere: "In primavera l'aurora è quanto c'è di più piacevole".
  3. L'estate comprende il quarto, il quinto e il sesto mese.

Bibliografia

modifica
  • Sei Shōnagon, Note del guanciale, a cura di Lydia Origlia, Mondadori, Oscar, Milano, 1997. ISBN 88-04-42674-8

Altri progetti

modifica