Sandro Magister

giornalista e scrittore italiano (1943-)

Alessandro Magister detto Sandro (1943 – vivente), scrittore e giornalista italiano.

Citazioni di Sandro Magister modifica

  Citazioni in ordine temporale.

  • Wojtyla si segnala come interprete di prima grandezza della nuova fase dell'apertura a oriente della Chiesa, a superamento del capitolo meramente diplomatico.[1]
  • Karol Wojtyla irrompe in questi anni '80 con il passo grave del più celebre papa della storia. Celebre, non celebrato. [...] Dopo quindici mesi di pontificato, papa Karol Wojtila non è più uno sconosciuto: eppure, più il mondo lo conosce, meno il mondo lo ama.[2]
  • Loro [dei Testimoni di Geova] fondatore era un ex presbiteriano e poi avventista, Charles Taze Russell. Predicava la fine imminente di questo mondo malvagio e l'avvento in terra del Regno di Dio. E quindi infondeva nei suoi seguaci l'attivismo febbrile della grande vigilia. Essi andavano di casa in casa, a coppie, a diffondere la Bibbia e una rivista, "La Torre di Guardia", fondata a Brooklyn nel 1879 e da allora tradotta in tutte le lingue del mondo, depositaria della loro dottrina. Da vero talento organizzativo, Russell applicò per primo alla predicazione religiosa i metodi della pubblicità porta a porta, le potenzialità di una stampa popolare tipo "Reader's Digest" e l'attrattiva delle nascenti arti cinematografiche.
    Un magnifico film era in effetti il loro annuncio.[3]
  • Una cosa sanno di Giovanni Paolo II i cardinali che eleggeranno il suo successore: che è irripetibile.[4]
  • Ebbene, la scienza non ha finora potuto dimostrare che il principio vitale dell'organismo umano risieda in alcun organo del corpo. Il sistema integratore del corpo, considerato come un "tutto", non è infatti localizzabile in un singolo organo, sia pure importante, come il cuore o l'encefalo. Le attività cerebrali e cardiache presuppongono la vita, ma non è propriamente in esse la causa della vita. Non bisogna confondere le attività con il loro principio. La vita è qualcosa di inafferrabile che trascende i singoli organi materiali, dell'essere animato, e che non può essere misurata materialmente, e tanto meno creata: è un mistero della natura, su cui è giusto che la scienza indaghi, ma di cui la scienza non è padrona. Quando la scienza pretende di creare o manipolare la vita, si fa essa stessa filosofia e religione, scivolando nello "scientismo".[5]
  • [Sulla morte cerebrale] L'irreversibilità della perdita delle funzioni cerebrali, accertata dall'"encefalogramma piatto", non dimostra la morte dell'individuo. La perdita totale dell'unitarietà dell'organismo, intesa come la capacità di integrare e coordinare l'insieme delle sue funzioni, non dipende infatti dall'encefalo, e neppure dal cuore. L'accertamento della cessazione del respiro e del battito del cuore non significa che nel cuore o nei polmoni stia la fonte della vita. Se la tradizione giuridica e medica, non solo occidentale, ha da sempre ritenuto che la morte dovesse essere accertata attraverso la cessazione delle attività cardiocircolatorie è perché l'esperienza dimostra che all'arresto di tali attività fa seguito, dopo alcune ore, il rigor mortis e quindi l'inizio della disgregazione del corpo. Ciò non accade in alcun modo dopo la cessazione delle attività cerebrali. Oggi la scienza fa sì che donne con encefalogramma piatto possano portare a termine la gravidanza, mettendo al mondo bambini sani. Un individuo in stato di "coma irreversibile" può essere tenuto in vita, con il supporto di mezzi artificiali; un cadavere non potrà mai essere rianimato, neppure collegandolo a sofisticati apparecchi.[5]
  • La verità è che la definizione della morte cerebrale fu proposta dalla Harvard Medical School, nell'estate del 1968, pochi mesi dopo il primo trapianto di cuore operato da Christian Barnard (dicembre 1967), per giustificare eticamente i trapianti di cuore, che prevedevano che il cuore dell'espiantato battesse ancora, ovvero che, secondo i canoni della medicina tradizionale, egli fosse ancora vivo. L'espianto, in questo caso equivaleva ad un omicidio, sia pure compiuto "a fin di bene". La scienza poneva la morale di fronte a un drammatico quesito: è lecito sopprimere un malato, sia pure condannato a morte, o irreversibilmente leso, per salvare un'altra vita umana, di "qualità" superiore?[5]
  • Il vero problema è che il prezzo da pagare per salvare queste vite è quello tragico di sopprimerne altre. Si vuole sostituire il principio utilitaristico secondo cui si può fare il male per ottenere un bene, alla massima occidentale e cristiana secondo cui non è lecito fare il male, neppure per ottenere un bene superiore. Se un tempo i "segni" tradizionali della morte dovevano accertare che una persona viva non fosse considerata morta, oggi il nuovo criterio harvardiano pretende di trattare il vivente come un cadavere per poterlo espiantare.[5]

Da Figli di un Pio minore

L'Espresso, 29 aprile 1999.

  • La sua dolce vita Padre Pio l'ha cominciata volando in cielo [...], perché lui in terra beato non fu mai.
  • [Su Padre Pio] Il suo profilo di santità è tutto tranne quello che usualmente si immagina, azzurrino, aureolato, gaudioso. Tutto l'opposto.
  • Padre Pio ha sempre vissuto tra cielo e terra. Letteralmente.
  • Padre Pio non ha mai teorizzato niente. Le epocali dispute della Chiesa conciliare non lo sfioravano neppure.

Note modifica

  1. Da Chi ha paura di Gesù Cristo?, L'Espresso, 29 ottobre 1978.
  2. Da Sua Santità l'invadente, L'Espresso, 13 gennaio 1980.
  3. Da Testimoni di Geova. La terza religione d'Italia sotto tiro, repubblica.it, 28 luglio 2000.
  4. Da Rivoluzione dopo Wojtila, L'Espresso, 14 aprile 2005.
  5. a b c d Da Morte cerebrale. Interviene Roberto Di Mattei, Espresso.it, 8 settembre 2008.

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