Roberta Castoldi

violoncellista, poetessa, traduttrice e direttrice artistica italiana

Roberta Castoldi (1971 – vivente), violoncellista, traduttrice, poetessa e direttrice artistica italiana.

Intervista di Riccardo Canaletti, mowmag.com, 31 luglio 2022.

  • Bisogna abbandonarsi alla vita, non irrigidirsi solo nell'esperienza del dolore. Bisogna fare sì che la vita ci trasporti. Io attraverso il dolore con occhi aperti e si va avanti. Quello che non ho fatto è stato cristallizzare nella forma di un lutto, lasciando che tutto il resto scomparisse.
  • La morte di mio padre mi ha sorpreso. Scrivo: "si spezza la lingua", perché non solo è la sua lingua, la lingua di mio padre, a spezzarsi come corpo morto, ma anche la mia. È la mia lingua che si è aperta totalmente verso un altro linguaggio. E non parlo solo di me, parlo di tutti gli eventi dolorosi. Chi vive qualcosa del genere non parla più solo con le parole della logica. Attraversi un luogo buio, devi avere coraggio. Come scrive Emily Dickinson, vado a memoria, "canto come chi passa davanti a un cimitero". Hai presente quando hai paura e allora inizi a canticchiare?
  • La mia mamma è una donna molto diversa da me. Lei non si esprime come mi esprimo io attraverso le parole. A volte mi dice che non capisce cosa scrivo (ride, ndr). Però è sempre stato un faro, per come è brillante e forte. Questa sua forza, questa sua vivacità, sono ciò che mi ha passato. Magari abbiamo gusti diversi, discutiamo molto ecc. Ma penso che mi abbia passato questa luminosità vitale che poi è ciò che ha permesso a entrambe di andare avanti. Poi sai qual è un'altra cosa importante di mia madre? Lei considera l'arte qualcosa di serio, di importante. Non ha mai pensato che si trattasse di un hobby.
  • Sicuramente ci sono degli aspetti di "facilità del suonare" che mi ricordano la sintonia con mio fratello. Io e Marco, quando suoniamo, lo facciamo in maniera totalmente spontanea. Abbiamo molta complicità, tante affinità. Quando creiamo un'armonia vocale, per esempio, esce fuori con naturalezza. Ho suonato con tante persone ma, sai, con Marco ho collaborato in modo più costante. Per non parlare di quando improvvisiamo. Lui pianoforte, io violoncello. Creiamo una specie di universo, non manca nulla.
  • Il mio interesse è sempre stato capire cosa sia un esempio, cosa significa utilizzarlo. Fin da piccola, quando alle elementari la maestra ci diceva: "Va bene, adesso fate dieci frasi con il verbo «ho»", io ero veramente felicissima, perché dovevo inventare delle piccole frasi, delle piccole fenditure in una storia. "Io ho lasciato il libro a scuola"; e allora mi viene tutta una storia a partire da lì. E così via, per dieci volte. Venivo catapultata nel mondo dell'immaginazione. E poi le piccole frasi, le microstorie, mi hanno sempre colpito. E così ho studiato alcuni linguisti e alla fine ho approfondito il tema dello script, della storia.

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