Rivoluzione verde
Citazioni sulla rivoluzione verde.
- Si sostiene da più parti che le varietà frutto del miracolo della moderna agricoltura industriale, la Rivoluzione Verde, hanno evitato la carestia grazie alle loro rese più elevate. Ma queste rese più elevate scomparirebbero se si guardasse alle rese complessive di tutti i prodotti realizzati in un'azienda agricola. Le varietà della Rivoluzione Verde hanno fatto aumentare la produzione di grano riducendo quella di paglia, e questa «spartizione» è stata ottenuta impedendo la crescita delle piante, il che ha permesso loro – tra l'altro – di tollerare dosi massicce di fertilizzante chimico.
- Diversità ed alta produttività vanno per mano quando si prendono in considerazione tutti i raccolti e tutti i costi degli input esterni da sommare a quello degli altri input. Il paradigma della monocoltura ha come riferimento le rese delle merci prese una alla volta, e riesce ad esternalizzare i costi degli input chimici e dell'energia. Le agricolture industriali inefficienti e dispendiose vengono così presentale canne efficienti e produttive.
- Non abbiamo bisogno dell'ingegneria genetica per ottenere raccolti ricchi di nutrienti: l'amaranto ha nove volte più calcio del grano e 10 volte più calcio del riso. Il suo contenuto di ferro è quattro volte quello del riso, e ha due volte in più di proteine. Il miglio finger fornisce 35 volte più calcio del riso, due volte piú di ferro e cinque volte più di minerali. Il miglio barnyard contiene nove volte più minerali del riso. Prodotti nutrienti e rispettosi delle risorse come i diversi tipi di miglio e di legumi sono la strada più sicura verso la sicurezza alimentare.
La biodiversità ha già le risposte ai problemi per risolvere i quali ci viene proposta l'ingegneria genetica. Spostarsi dalla monocoltura della mente alla biodiversità, dal paradigma dell'ingegneria a quello dell'ecologia, può aiutarci a conservare la biodiversità, rispondere ai nostri bisogni di alimenti e di nutrimento, evitare i rischi dell'inquinamento genetico. - I principi della gestione scientifica portano alla distruzione dell'ecosistema forestale tropicale perché rimodellano la diversità della vita della foresta in base all'uniformità della catena di montaggio. Anziché modellare la società sulla base della foresta, come accade nelle culture locali, la vita della foresta viene regolata in base a quella della fabbrica. La gestione scientifica, praticata ormai da oltre un secolo, corrisponde a un sistema di deforestazione, che trasforma la foresta in risorsa non rinnovabile. Lo sfruttamento del legno tropicale somiglia sempre di più a quello delle miniere, e le foreste tropicali diventano miniere di legname. Secondo le previsioni della Fao, agli attuali tassi di sfruttamento, le foreste tropicali dell'Asia si esauriranno entro la fine di questo secolo.
- Conservare la biodiversità è impossibile, finché essa non sia assunta come la logica stessa della produzione. Il «miglioramento» – dal punto di vista dell'impresa o da quello dell'agricoltura occidentale o della ricerca forestale – è spesso una perdita per il Terzo mondo, specie per i poveri. Non è infatti inevitabile che la produzione si contrapponga alla diversità: l'uniformità, come modello produttivo, è inevitabile solo nel contesto del controllo e del profitto.
Voci correlate
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