Religione romana
credenze del popolo romano
Citazioni sulla religione romana.
- Il carattere pratico dei Romani – visibile nella loro storia e letteratura – si rivela in maniera anche più immediata nella religione. E come essi hanno saputo, con la sapienza congenita che li ha fatti maestri del giure nel mondo, determinare i rapporti sociali, così hanno concepito da un punto di vista giuridico, quasi contrattuale, i rapporti tra l'uomo e la divinità. Misticismo, devozione ardente, trasporti dell'anima in Dio non esistono quindi nella religione dei Romani. L'uomo vi si trova di fronte all'essere divino come un contraente di fronte all'altro: deve quindi innanzi tutto saper ben indicarlo, circoscriverlo, precisarlo in modo che non si dia campo ad equivoci che annullerebbero in radice ogni relazione; indi deve esporre con chiarezza, sia pur monotona e non scevra di ripetizioni noiose le sue richieste o proposte, dichiarando insieme con precisione le condizioni e i patti a cui si obbliga da sua parte senza tralasciare nessun particolare sia pur minimo (religio da relegere) per non incorrere in nullità, come tra gli uomini dinanzi alla legge; e finalmente, ottenuta la cosa domandata, adempiere i patti con fedeltà. (Nicola Turchi)
- La religione dei Romani, considerata sia nei suoi elementi indigeni, sia attraverso le varie influenze esteriori che ha dovuto subire, ci si presenta innanzi tutto come astrattiva e mancante assolutamente di quella fantasia coloritrice dei concetti che ha suscitato presso i Greci la loro mirabile mitologia. Il Romano è grave e ponderato: tutta la sua esistenza trascorre tra gli stenti e le occupazioni uniformi della vita agricola e pastorale, lungi dagli arditi allettamenti e dalle svariate impressioni che dona il mare. (Nicola Turchi)
- Nel campo della religione i Romani hanno una tradizione del tutto diversa da quella mitologica dei Greci; il divino è una forza oscura e impersonale che è presente nella natura e negli oggetti e che presiede a tutte le attività umane; la sfera del sacro è tabù, è nettamente distinta da quella[1]del profano, e di fronte alle manifestazioni del divino l'uomo prova un brivido di orrore religioso. La religione è rivolta a scongiurare con riti e formule magiche gli influssi dannosi delle forze divine, a interpretarne il volere attraverso i[2]prodigi. Questa concezione tetra e misteriosa di dèi senza volto e senza figura fa sentire la sua influenza anche su scrittori di età colte e scettiche, mediante il sentimento tipicamente latino dell'horror. (Luciano Perelli)
- Nello Stato Romano non erano distinti i due poteri ecclesiastico e civile, ed il Senato aveva anche in materia religiosa un'autorità disciplinare e dogmatica, in quanto questa parola ha valore per la religione antica. Non eran quindi possibili né condiscendenze né conflitti egualmente pericolosi, e l'azione del suo intervento nel culto privato, intervento insieme politico e religioso, aveva la sicurezza di chi comanda a de' cittadini e per opera di magistrati, e insieme la temperanza di chi non tanto reprime la coscienza quanto difende la ragion di Stato. (Attilio De Marchi)
- Nessuna religione empì la casa di tante divinità come la romana nella sua potenza creativa d'astrazione. (Attilio De Marchi)
Note
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