Nicomede Bianchi

politico italiano (1818-1886)

Nicomede Bianchi (1818 – 1886), politico, patriota e storico italiano.

Nicomede Bianchi

Storia della monarchia piemontese

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  • Il buon Vittorio Amedeo III, principe di specchiata illibatezza di costumi, e più facile al perdono che alla severità nelle cose di governo, veniva pennelleggiato dai Deputati savoiardi, andati a Parigi a sollecitare l'atto dell'annessione, qual libertino senza pudore, sbrigliato scialacquatore del pubblico danaro, avido di sangue peggio che una tigre. Volesse la Convenzione, essi chiedevano e supplicavano, salvare la Savoia dal ricadere sotto le regie zanne, ammettendola a far parte per sempre della grande famiglia francese. (vol. II, cap. I, p. 23)
  • Il supremo comando delle truppe che dovevano campeggiare nella contèa di Nizza fu dato addì 22 ottobre al marchese Carlo Francesco Thaon, conte di Revello e di sant'Andrea. Egli era settuagenario, ma aveva sufficiente gagliardia di mente e di corpo, possedeva buona scienza militare, e delle cose di guerra si era reso esperto militando sotto le bandiere di Carlo Emanuele III. Nelle istruzioni dategli, il Re si rimetteva alla sua esperienza e saviezza in quanto alla parte strategica. Soltanto lo consigliava a mettere in prima linea insieme coi piemontesi gli ausiliari austriaci, affinché i francesi, incontrandoli nei combattimenti, si convincessero che avevano di fronte un nemico poderosissimo per numero e per disciplina. (vol. II, cap. I, p. 40)
  • Il barone di Thugut fu l'uomo di Stato che maggiormente cooperò col suo sistema politico ai trionfi della Francia nelle guerre della Rivoluzione. Figlio di un battelliere del Danubio, dopo essersi mostrato sin da fanciullo di una rara perspicacia di mente, fu raccomandato ai governanti viennesi dai Gesuiti, e ben presto pervenne ai maggiori gradi della diplomazia imperiale. Calcolatore impassibile nei maggiori pericoli, tenace di propositi, inaccessibile ad ogni debolezza d'animo, fornito di singolare semplicità di modi, valentissimo negli intrighi e negli inganni, Thugut giunse a dirigere la politica esteriore dell'Austria; egli non conobbe mai i doveri di coscienza; il successo per lui legittimava tutto. La politica era da lui considerata come un amalgamento d'intrighi, di godimenti venali, di forza brutale, e l'egoismo, a parer suo, era l'unico motore delle azioni umane e dei Governi. (vol. II, cap. II, p. 98)

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