Natasha Stefanenko

attrice, conduttrice televisiva ed ex modella italo-russa (1969-)

Natasha Stefanenko (1969 – vivente), modella, attrice e conduttrice televisiva russa naturalizzata italiana.

Natasha Stefanenko (2004)

Citazioni di Natasha Stefanenko

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  Citazioni in ordine temporale.

  • Io sono nata nel pieno regime sovietico, ai tempi di Brest-Litovsk, in una città segreta, infatti la città in cui abitavo [Sverdlovsk-45] non aveva un nome, perché per motivi militari, quasi per mezzo secolo, non esisteva sulla carta geografica. La città era circondata completamente da mura, dal filo spinato, dagli allarmi. Controllata costantemente dalle guardie. C'erano pochissimi varchi per entrare. Anche i cittadini sovietici, per entrare, dovevano procurarsi i documenti che erano quasi impossibili da ottenere. Noi cittadini potevamo entrare e uscire perché avevamo un pass. A tutti gli altri era proibito.[1]
  • Mia nonna Lidia mi ha insegnato che Dio esiste. Mi sono battezzata a 40 anni grazie a lei. Con tanta pazienza mi ha insegnato, inoltre, l'arte della pazienza, perché lei diceva sempre: "Nessuno sa quanto hai messo, tutti vedono il risultato".[1]

Intervista di Claudio Sabelli Fioretti, Corriere della Sera, 14 aprile 2002, p. 20.

  • [«Perché ha fatto l'università?»] Perché ero brutta. [...] Brutta brutta. Insignificante. Bionda, con ciglia bianche, invisibili. Sembravo un'albina. Non mi si vedeva la faccia. I ragazzi non mi guardavano. [...] A metallurgia il novanta per cento erano uomini. Sfigato o no, pensavo che qualcuno l'avrei trovato. [«Ma non la guardava nessuno?»] Indifferenza totale. Come fossi inesistente. Camminavo in maniera sgraziata e avevo un taglio di capelli orrendo, perché facevo nuoto ed ero sempre bagnata.
  • Mio padre faceva l'ingegnere nucleare in una città segreta [Sverdlovsk-45], vicino a Sverlosk, negli Urali, dove fu sindaco per molti anni Eltsin. [...] Si chiamava con un numero. Mio padre la mattina usciva di casa e andava a lavorare sotto terra. [«Che cosa faceva?»] Bombe atomiche, credo.
  • [«Quando è uscita dalla Russia?»] Nel 1992. Avevo 21 anni. Vinsi un concorso di bellezza. Volevo vedere il mondo e scelsi l'Italia perché il visto era più facile. E feci la modella, professione di cui non mi importava nulla. [«E poi?»] Mi vide Beppe Recchia in un ristorante e mi invitò a fare un programma con Gerry Scotti. Non parlavo una parola di italiano. Facevo la muta. Mi dissero: «Tu devi solo dire "Da"». [...] Come una cretina. E tutti ridevano. Mi sentivo ridicola e cominciai a studiare l'italiano. Quando dissi 'Buonasera' Gerry Scotti quasi svenne.
  • [«Lei che cos'ha di bello?»] Dicono le gambe. E il corpo. Luca quando mi ha visto in costume da bagno è rimasto colpito. Erano tempi d'oro. Non avevo un filo di grasso. Un fisico pazzesco. Sulla pancia avevo la tartarughina. [...] Sa quei muscoli talmente asciutti che formano i quadratini? Normalmente ce li hanno solo gli uomini. Luca mi disse, vedendo i miei addominali: "Sarai mica un travestito!".

Intervista di Massimiliano Chiavarone, ilgiorno.it, 3 novembre 2013.

  • Sono russa, ma vivendo qui ho capito appieno la milanesità fatta di gentilezze silenziose e concrete. C'è una gran voglia di aiutare gli altri. Parlo in base alle mie esperienze. A Parigi o a Londra quando chiedi fanno finta di non capirti.
  • La mia vita è cambiata nel 1991. Ero a Mosca dove studiavo ingegneria mineraria, quando vinsi l'edizione russa del concorso "The Look of the Year". Mi sarei dovuta trasferire a New York per le finali, ma rifiutai. Volevo laurearmi. Il patron del concorso, John Casablancas, fondatore dell'agenzia "Elite" mi garantì il terzo posto. Ma fui irremovibile. A distanza di anni penso che se fossi andata a New York la mia vita avrebbe preso una piega diversa. Ma è sciocco avere rimpianti.
  • Dopo la laurea, nella Russia di Gorbaciov c'era un grande fermento ma poco lavoro. Capii che non sarei riuscita a fare nulla. Allora misi da parte le mie riserve nei confronti della professione di modella, contattai la "Elite". Mi dissero che avevano anche una sede a Milano e scelsi di trasferirmi qui perché le procedure per ottenere il visto in Italia erano più veloci rispetto alla Francia e alla Germania.
  • Appena atterrata, Milano mi sembrava buia, grigia, ma forse era il riflesso dei timori che avevo dentro. Ero dominata dalla paura di non farcela. Trovai una sistemazione in un appartamento vicino alla Darsena. Il mio primo lavoro fu per la pubblicità di uno shampoo che mi fece guadagnare un milione delle vecchie lire. Cioè quanto prendeva in un anno mio padre che faceva l'ingegnere nucleare in Russia.

Intervista di Renato Franco, corriere.it, 29 maggio 2023.

  • A Mosca i negozi erano tutti vuoti, la crisi era bestiale. Quando ho visto il primo supermercato a Milano mi veniva da piangere per l'emozione, tutti gli scaffali pieni, tutti quei colori. Da noi se arrivava lo zucchero ne prendevi 10 pacchi per sicurezza perché magari il giorno dopo non lo trovavi. All'inizio mi veniva naturale tirare su 10 vasetti di yogurt. Poi pensavo: vergognati, mettili a posto.
  • [Su Sverdlovsk-45] Con la testa di oggi è una cosa inquietante a pensarci: era circondata da mura e filo spinato, allarmi ovunque, pattugliata da militari armati, ogni 100 metri c'era un cane lupo legato a un filo d'acciaio che correva a destra e sinistra. Si produceva uranio arricchito per le testate nucleari e mio padre lavorava lì. Città così ce n'erano una quarantina in tutta l'Urss, erano state volute da Stalin dopo la Seconda guerra mondiale. Città fantasma e segrete. S-45 fu costruita nel 1947, grazie ai detenuti dei gulag, che poi non potevano certo tornare a raccontarlo... [«Con gli occhi di lei bambina come vedeva la città in cui è cresciuta?»] Da ragazzina non vedevo questa inquietudine: la città era immersa in un bosco fittissimo, con la neve per 9 mesi all'anno, bianca, fiabesca, il lago lì vicino dove andavamo a pescare. La piscina era la mia seconda casa, c'era lo stadio dove praticare tanti sport: pattinaggio sul ghiaccio, sci di fondo, la slitta che adoravo, andavamo a vedere l'hockey. Io ero proprio felice. È stata un'infanzia e un'adolescenza di amore e divertimento totale, non mi è mancato niente, studiavo, mi divertivo. Mio papà sdrammatizzava con la sua ironia e autoironia [...] Sul passaporto c'era scritto che stavamo a Ekaterinburg, che è a 250 chilometri da noi, avevamo un pass, mi sentivo libera e privilegiata, era un posto molto fornito, potevi comprare qualunque cibo e costava tutto poco. Con 3 rubli mettevi in tavola la cena per un esercito, c'era un sacco di caviale e alla fine non ne potevo più. E poi era tutto gratis: luce, acqua calda, casa e ospedale gratis, le tasse non esistevano. Lo chiamavano il piccolo paradiso.
  • [«La prima svolta è grazie alla vittoria nel concorso "The Look of the Year"...»] A Mosca era arrivato il primo McDonald's, c'erano file chilometriche. Che poi a pensarci: gente che aspettava giorno e notte per mangiare una schifezza... Un giorno ci andai anche io, tre ore di coda e dietro di me un truccatore gay – una cosa incredibile da noi – che si proponeva di truccarmi e farmi andare al concorso. Per me era una proposta sminuente. Se mi dicevano che potevo fare la modella era come se mi avessero detto che potevo fare la prostituta, pensavamo che le ragazze che vendevano il corpo anche solo per una pubblicità erano sceme. Ma la fila era lunga, lui era simpatico e ha avuto tre ore per convincermi ad andare al concorso il giorno dopo. Così mi sono fregata da sola, ma è stato un trampolino.
  • Ho fatto spot per abiti, per profumi, per rossetti, per il Martini, ma la popolarità mi è arrivata grazie a uno scaldabagno. Il claim delle caldaie Riello era: non geli, non scotti più mano. Lì hanno iniziato a riconoscermi per strada.
  1. a b Dall'intervista di Francesca Fialdini a Da noi... a ruota libera, Rai 1; citato in Ilaria Costabile, Natasha Stefanenko e l'infanzia in Russia: "Sono nata nel regime sovietico, la mia città non aveva nome", fanpage.it, 7 maggio 2023.

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