Mohammad Najibullah

politico afghano

Mohammad Najibullah (1947 – 1996), politico e militare afghano.

Najibullah nel 1986

Citazioni di Mohammad Najibullah

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  • Non si tratta di una disfatta, di una capitolazione, o di un abbandono delle nostre posizioni, ma della constatazione che il popolo afghano è stanco della guerra che si prolunga e reclama la pace.[1]
  • Al momento attuale è possibile costituire un governo di coalizione con la partecipazione dei rappresentanti dei gruppi menzionati aggiungendo che il potere di Kabul non intende escludere dal processo di riconciliazione nazionale i gruppi politici di orientamento centrista o monarchico nè i capi dei gruppi antigovernativi che agiscono all'estero.[1]
  • Esistono condizioni oggettive per la creazione nel paese di una coalizione reale, effettiva, di tutte le forze democratiche e guidate da uno spirito patriottico. Premesso che scopo di questa coalizione è porre fine alla guerra fratricida, assicurare la normalizzazione della situazione ed iniziare la soluzione dei problemi nazionali urgenti del paese.[2]
  • Un presidente deve essere non solo un simbolo, ma un centro reale di potere.[2]
  • Noi vogliamo vivere in amicizia con gli Stati Uniti senza perdere nulla della nostra amicizia con l'Urss [...] la nostra rivoluzione è nazionale e democratica, non comunista o socialista.[3]
  • Il governo afghano è d'accordo con l'impiego di forze dell'Onu: Se i leader dell'opposizione non sono d'accordo con questa proposta, essi dimostrano di non volere la pace in Afghanistan né la fine dello spargimento di sangue.[4]
  • L'Unione Sovietica ci ha dato la libertà. [...] Noi siamo un popolo libero. Quelli [i Mujaheddin] sono schiavi del Pakistan e degli americani.[5]
  • Voglio mandare al popolo degli Stati Uniti d'America un messaggio ed il messaggio è molto semplice dal momento che viene dal cuore di un popolo che ha molto sofferto, che ha subito le conseguenze di una guerra orribile e devastante. Ne abbiamo abbastanza di guerra e di spargimenti di sangue. Penso che sia giunto il momento di rimarginare le ferite, ricostruire il nostro paese.[6]
  • In tutto il mondo ci sono soltanto due governi che hanno offerto i loro buoni uffici e che si stanno muovendo per riportare la pace nell'Afghanistan. Entrambi hanno sede a Roma: sono il governo italiano e quello del Vaticano. C'è poi un partito politico che è attivo nella medesima direzione e pure esso sta a Roma: è il partito comunista italiano.[7]
  • Il Pakistan ha intenzione di annettere l'Afganistan con il pretesto di formare una confederazione afgano-pakistana con il pieno appoggio e consenso da parte dei mujahiddin. [...] Questo piano di annessione è un complotto che mette il popolo afgano e la sua indipendenza di fronte ad una grande prova. Permetterete mai che ciò avvenga? Sono certo che tutti i figli afgani, siano essi schierati con il regime o con l'opposizione, saranno pronti a combattere il nemico comune in una Jihad. I nostri amici ci aiuteranno.[8]

La repubblica, 3 febbraio 1989

  • L'esercito afghano, con l'appoggio del Partito democratico popolare dell'Afghanistan, sarà in grado di difendere Kabul anche dopo il completo e definitivo ritiro dell'Armata Rossa.
  • Il nostro esercito è in grado di difendere con le sue sole forze il popolo e la patria dando una risposta decisa, anche di natura psicologica, alla guerriglia. [...] Il potere statale ha il completo controllo della situazione, difficoltà a parte.
  • I legami con Mosca non solo saranno mantenuti, ma verranno rafforzati, come dimostra il massiccio afflusso di viveri e di altri generi di prima necessità nelle città dove la guerriglia islamica cerca di interrompere ogni contatto con il resto del paese.

La repubblica, 28 maggio 1989

  • Non sono direttamente responsabile degli errori commessi durante i primi anni della rivoluzione e che essi non mi hanno coinvolto. Ma oggi sono a capo dello Stato e sono convinto di esprimere una politica che è pienamente conforme agli interessi del popolo afghano e che il partito non ha commesso errori scegliendo questa politica.
  • Malgrado le forti pressioni alle quali sono sottoposti per restare uniti, tra gli estremisti vi è un crescente disaccordo sulle più diverse questioni. Ciascuno cerca di imporre agli altri l'autorità del proprio gruppo. Ma nessuno di loro può vantarsi di sostenere un programma politico accettabile e rispondente ai reali interessi del popolo e del paese.
  • A Peshawar vi sono numerosi aspiranti al ruolo di Napoleone che si impegnano tenacemente per imporre il loro dispotismo. Ed è naturale che in un clima così teso non vi sia in questo momento spazio per altre personalità. Secondo noi Zahir Shah potrebbe svolgere un' azione costruttiva, sempre entro certi limiti. A patto però che prenda in considerazione le attuali e oggettive realtà politiche.
  • Eravamo certi che il ritiro delle truppe sovietiche si sarebbe tradotto in una opportunità per diversi paesi occidentali di normalizzare i loro rapporti con l'Afghanistan e mi riferisco soprattutto a quelli che avevano assunto un atteggiamento irreale nei confronti della situazione afghana.
  • Il Pakistan non dovrebbe più interferire in questa guerra vietando l' uso del proprio territorio all' opposizione, privandola così di tutti quei vantaggi strategici di cui oggi gode.
  • Gli interessi politici prevalgono su quelli umanitari, perché gli Stati Uniti e alcuni tra i loro alleati occidentali europei, vogliono soltanto cambiare e imporre all' Afghanistan un regime di loro piacimento. [...] Ci accusano di essere un regime comunista, ma questa non è una buona ragione. Ci sono molti paesi comunisti nel mondo ai quali non viene fatta la guerra e gli stessi americani fanno di tutto per migliorare i loro rapporti con l' Urss che non è certo un regime capitalista.
  • Nessun documento del Pdpa parla di programmi comunisti o socialisti. Il Pdpa è un partito nazionale e democratico che opera nel contesto degli interessi tradizionali e nazionali del popolo afghano. Rifiutiamo perciò qualsiasi programma sia dell' Est che dell' Ovest e ogni ideologia che non siano conformi alle condizioni e alle tradizioni della società afghana e dei suoi interessi nazionali. La propaganda occidentale che ci appiccica l' etichetta comunista dovrebbe capire che sta rendendo un cattivo servizio proprio agli interessi del mondo occidentale.
  • C' è un proverbio afghano che dice che un nodo che non si può sciogliere con le dita non deve essere sciolto con i denti. Noi ci aspettiamo soltanto che i paesi interessati e coinvolti in vario modo in questa crisi non usino né i denti né le forbici per sciogliere il nodo afghano ma solo e con grande attenzione le loro dita.

Intervista di Giulietto Chiesa, La Stampa, 24 ottobre 1990

  • Tutto si può negoziare, tutte le proposte si possono discutere e modificare. Ma non accettiamo che altri ci pongano pre-condizioni. Ogni pre-condizione significa ritardare il cammino verso la pace.
  • Non solo noi siamo contrari ad ogni ulteriore riarmo del nostro Paese, ma abbiamo proposto la smilitarizzazione completa in un determinato periodo di tempo.
  • Le nostre forze armate hanno il morale alto e sono pronte a difendere in ogni momento la patria e a salvaguardare la sicurezza delle aree urbane e rurali. Il popolo sostiene la riconciliazione nazionale come unica alternativa realistica.
  • Decine di ufficiali pachistani, alcuni dei quali abbiamo catturato, partecipano direttamente ad azioni di guerra in territorio afghano. [...] Mi chiedo: se il Consiglio di Sicurezza dell'Onu condanna Israele per il massacro dei palestinesi e per le violenze nei territori occupati, perché mai non dovrebbe condannare anche gli atti di aggressione compiuti contro l'Afghanistan?
  • Malauguratamente, il fatto che l'attenzione internazionale sia concentrata sul Golfo ha permesso al Pakistan di accentuare la sua pressione su di noi. Col risultato che si va creando un nuovo focolaio di tensione che contrasta col clima internazionale e mette a repentaglio la sicurezza complessiva di questa regione.

Citazioni su Mohammad Najibullah

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  • Aveva capito perfettamente – come Gorbaciov – che la partita, cominciata da Breznev e Taraki nel 1978, era perduta. [...] Ma poi – caduto Hafizzullah Amin sotto il piombo dei «berretti verdi» inviati dal Cremlino per «correggere» la situazione – era tornato alla testa della polizia segreta e vi era rimasto per cinque anni. Questo non gli hanno perdonato e non gli perdoneranno i vincitori che oggi assediano Kabul per anticipare il piano di pace delle Nazioni Unite (e per dividersi, sul filo delle spade, il potere).
  • I più pessimisti gli davano qualche settimana. Ricordo la sua risata metallica, che scoprì una fila di denti impeccabili, quando commentò le profezie che lo davano per morto. 20 mesi dopo era ancora al suo posto.
  • Najibullah si difese, un giorno, dalle accuse di efferatezze, dicendo con un sarcastico sorriso di avere fatto la stessa carriera del presidente Bush: prima alla Cia e poi alla Casa Bianca. Ma era una battuta per platee occidentali, pacificate dal digestivo dopo lauti pranzi, non certo per le bande lacere dei contadini torturati nella prigione circolare di Puli-Charki, progettata dai mancati conquistatori britannici.
  • Quando lo incontrai per l'ultima volta – era l'ottobre del 1990 – eravamo tutti in un altro secolo, in un altro mondo. Il dottor Najibullah, il presidente dell'Afghanistan, il segretario generale del Partito Watan, era ancora un uomo potente e sicuro. «Se vuole vedere la pace a Kabul, tornerà presto!», mi disse. E intendeva dire che la pace l'avrebbe portata lui: che gli altri, quelli di Peshawar, non l'avrebbero spuntata.
  1. a b Citato in La svolta di Najibullah: "Tratteremo con tutti", La repubblica, 2 gennaio 1987.
  2. a b Citato in Najibullah lancia un invito all'ex re, La repubblica, 16 giugno 1987.
  3. Citato in Najibullah "apre" a Re Zahir, La repubblica, 26 aprile 1988.
  4. Citato in Najibullah è "favorevole" alle proposte del Cremlino, La repubblica, 10 dicembre 1988.
  5. Citato in Kabul, scocca l'ora zero. Najibullah arma i suoi, La repubblica, 7 febbraio 1989.
  6. Citato in Afghanistan, pronto il governo provvisorio, Avanti!, n. 43, 21 febbraio 1989.
  7. Citato in Intervista del presidente afghano Najibullah ad un giornale pakistano, intervista di Anwar Iqbal, La Stampa, 13 marzo 1989.
  8. Citato in "Afgani, o la Patria o la morte". Estremo appello di Najibullah, La repubblica, 12 dicembre 1989.

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