Léon Degrelle

politico belga
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Léon Joseph Marie Degrelle (1906 – 1994), avvocato e politico belga.

Léon Degrelle

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Eccomi giunto quasi al termine della mia corsa umana.
Io ho provato quasi tutto. Conosciuto tutto. E, soprattutto, sofferto tutto.
Abbagliato, ho visto alzarsi i grandi fuochi d'oro della mia giovinezza. Il loro incendio illuminava il mio paese. Le folle facevano danzare intorno a me ondate costellate da migliaia di volti. Il loro ardore, il loro risucchio sono esistiti.
Ma, in effetti, essi sono esistiti realmente? Tutto questo non è stato un sogno? Non ho per caso sognato che quando non avevo ancora trent'anni in un determinato paese veniva fatto il mio nome, e che in certi giorni i più lontani giornali del pianeta lo ripetevano?

Citazioni

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  • Questi sogni, io li ho avuti veramente. Questi slanci, sì, io li ho provati. Questo amore per gli altri mi ha bruciato, mi ha consumato veramente. Ho voluto scorgere nell'uomo un cuore da amare, da entusiasmare, da elevare, un'anima che – pur mezza asfissiata dalla pestilenza delle schiavitù – aspirava a trovare un soffio di purezza e a volte non attendeva che una parola, uno sguardo per liberarsi e rinascere... (p. 20)
  • Il dono, il vero dono è così: annientarsi sino all'ultima favilla. (p. 23)
  • Mi ricordo tre parole che un giorno avevo decifrato su una tomba di marmo nero giù a Damme in Fiandra, dentro una chiesa della mia patria perduta: ETSI MORTUUS URIT.
    "Seppur morto, egli arde..."
    Possano queste pagine, ultimo fuoco di quel che io fui, ardere ancora un momento, riscaldare ancora un istante le anime possedute dalla passione di donarsi e di credere: di credere malgrado tutto, malgrado la disinvoltura dei corrotti e dei cinici, malgrado il triste gusto amaro che ci lasciano nell'anima il ricordo delle nostre colpe, la coscienza della nostra miseria e l'immenso campo di rovine morali di un mondo che è certo di non aver più bisogno di salvezza, che da questo trae motivo di gloria ma che deve tuttavia essere salvato. Deve più che mai essere salvato. (p. 23)
  • La felicità esiste solo nel dono, nel dono completo; il suo disinteresse gli conferisce sapori d'eternità; esso ritorna alle labbra dell'anima con una soavità immortale.
    Donare! Aver visto occhi che brillano per essere stati compresi, colpiti, appagati!
    Donare! Sentire le grandi onde di felicità che fluttuano come acque danzanti su di un cuore pavesato all'improvviso di sole!
    Donare! Aver colto le fibre segrete che tessono i misteri della sensibilità!
    Donare! Avere il gesto che consola, che toglie alla mano il suo peso di carne, che consuma il bisogno di essere amato! (p. 26)
  • Il secolo non sprofonda per mancanza di supporto materiale. L'universo non è mai stato così ricco, colmo di tanto benessere, grazie a una industrializzazione di tale efficacia produttiva. Non vi sono state mai tante risorse, né tanti beni disponibili. È il cuore dell'uomo, solo lui, ad essere in stato fallimentare. È per mancanza di amore, è per mancanza di fede e capacità di donarsi, che il mondo stesso si abbatte sotto i colpi che lo assassinano. (p. 27)
  • Un grande ideale dà sempre la forza di dominare il proprio corpo, di soffrire la fatica, la fame, il freddo. Che importano le notti bianche, il lavoro opprimente, gli affanni o la povertà! L'essenziale è avere in fondo al proprio cuore una grande forza che rianima e spinge avanti, che rinsalda i nervi, che fa pulsare a forti battiti il sangue stanco, che infonde negli occhi il fuoco ardente e conquistatore. Allora più nulla dà sofferenza, il dolore stesso diviene gioia perché esso è un mezzo di più per elevare il suo dono, per purificare il suo sacrificio. (p. 31)
  • Non si è sulla terra per mangiare in orario, dormire a tempo opportuno, vivere cent'anni ed oltre. Tutto questo è vano e sciocco. Una sola cosa conta: avere una vita valida, affinare la propria anima, aver cura di essa in ogni momento, sorvegliarne la debolezza ed esaltarne le tensioni, servire gli altri, spargere attorno a sé felicità ed affetto, offrire il braccio al prossimo per elevarsi tutti aiutandosi l'un l'altro. Compiuti questi doveri, che significato ha morire a trenta o a cento anni, sentir battere la febbre nelle ore in cui la bestia umana urla allo stremo delle forze? (p. 32)
  • La vita la si può fissare solo sui cuori e sulle pietre; il resto se ne va come le lunghe file di tronchi alla deriva sulle acque invernali. (p. 47)
  • I volti delle madri sono nobili, sovranamente limpidi, allorché la purezza delle vite volontariamente innocenti le ha rinfrescate ai mille mattini dei sacrifici. (p. 53)
  • L'acqua limpida dei cuori si è intorbidita sino agli strati più profondi. Il fiume degli uomini trasporta un diffuso odore di fango. (p. 66)
  • Il disordine del secolo ha sconvolto tutto quel che un tempo era luce e voli a tuffo di rondini nei canneti. (p. 66)
  • Gli uomini e i popoli si guardano dall'alto in basso, l'occhio violento, le mani segnate da marchi infamanti e dai morsi che vi hanno lasciato le prede ardenti rapidamente invilite. (p. 66)
  • Ogni giorno il mondo è più egoista e più brutale. Ci si odia tra uomini, tra classi, tra popoli, perché tutti si accaniscono alla ricerca di beni materiali il cui possesso furtivo rivela il nulla. (p. 66)
  • Morire vent'anni prima o vent'anni dopo poco importa.
    Quel che importa è morir bene.
    Soltanto allora inizia la vita. (p. 121)
  • Che il destino ci trovi sempre forti e degni! (p. 155)
  • Quando tu scorgi il mare scendere sulle sabbie, ritornare alle cupe profondità del largo, pensa che alcune ore dopo tornerà a spumeggiare: bianco, scintillante al sole, audace e forte, come se queste onde fossero le prime a venire all'assalto del mondo! (p. 156)
  • Noi usciremo fuori da questo decadimento solo attraverso un'immensa rettificazione morale, insegnando di nuovo agli uomini ad amare, a sacrificarsi, a vivere, a lottare e a morire per un ideale superiore. In un secolo in cui si vive soltanto per sé, occorrerà che centinaia, migliaia di uomini non vivano più per se stessi ma per un ideale comune, disposti sin dall'inizio a sostenere per esso tutti i sacrifici, tutte le umiliazioni, tutti gli eroismi. Contano soltanto la fede, la fiducia ardente, l'assenza completa di egoismo e di individualismo, la tensione di tutto l'essere verso il "servizio" – per quanto ingrato possa essere, ovunque esso si svolga –, il servizio di una causa che va al di là dell'uomo, e che esige da lui tutto, senza promettergli nulla. Contano soltanto le qualità dell'anima, le sue vibrazioni, il dono totale, la volontà di tener alto al di sopra di tutto un ideale, nel disinteresse più assoluto. Giunge l'ora in cui, per salvare il mondo, vi sarà bisogno del pugno di eroi e di santi che faranno la Riconquista. (p. 166-167)
  • Respirare... Riprendere a credere alla virtù, alla bellezza, alla bontà, a un amore...
    Sentir danzare attorno a sé, sulle onde, mille altre vele, gonfie di vento, portate da uno stesso soffio verso la stessa chiamata...
    Quando il mare dorato vedrà affluire questo biancore, la Rivoluzione sarà in marcia, levata sulle vette di queste flottiglie d'anime. (p. 175)
  • Credevi di trovare gioie immediate nell'ascendere faticosamente il pendio, trascinando nella salita un gregge umano. Spesso, hai sofferto. Talvolta, vieni preso da nausee. Ne avevi bisogno. Dovevi imparare che l'ambizione non appaga, e stanca prima o poi il cuore da lei posseduto. Tu ora lo sai. (p. 178)
  • La materia, sola a sé stessa, o muore o si suicida; solo l'ideale ha una valenza eterna.

In fondo, tu sei tanto felice.
Tu sai che là risiede la sola felicità.
Canta!
Tuoni la tua voce nelle valli!
Rimpianti e lacrime? Ma è la parte più mediocre di te che ha sofferto: quella che tu hai appena respinto!
Il più duro è superato. Resisti. Stringi i denti. Fa' tacere il cuore. Non pensare che alla vetta! Sali!

Bibliografia

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  • Léon Degrelle, Militia, a cura di Giorgio Freda, Edizioni di AR, 1977.

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