Max Gallo

giornalista, storico e scrittore francese

Max Gallo (1932 – 2017), giornalista, storico e scrittore francese.

Max Gallo nel 2009

La notte dei lunghi coltelli

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  • [Ernst Röhm] Le parole più normali divengono in lui violente, dure, quasi stupefacenti. Forse tutto ciò accade a causa della sua bruttezza che è al di là del possibile. Il suo cranio è sempre rasato, il viso grosso, paffuto, volgare, è percorso da una cicatrice che comprende il mento e il naso, la cui punta, risultato di una di quelle operazioni chirurgiche che venivano un tempo praticate dui «musi rotti», è rotonda, rossa, caricaturale. Röhm ha tuttavia qualcosa di fresco nella sua fisionomia violenta e rude. Si muove circondato da bellissimi giovani dalle guance lisce, dagli occhi dolci, dai profili che sembrano cesellati, dalle mani curate, fasciati da uniformi di ottimo taglio. Röhm è là, col suo viso difficile da sopportare – un muso animalesco – ritto in piedi col ventre prominente che l'alta cintura delle SA[1] sembra mal contenere. Fissa gli interlocutori con audacia e insolenza, con l'autorità del capo, del comandante che di fatto è, con tranquillità e orgoglio. (pp. 18-19)
  • [...] le SA, sia che pratichino la tortura o sgozzino gli avversari, sia che si diano al saccheggio o a mille piccole vessazioni, pensano fermamente di averne tutto il diritto poiché sono state gli artefici della vittoria nazista. Possono rompere i denti o vetri, prelevare un uomo e ucciderlo in una cantina o in una foresta, possono – come hanno fatto in una certa parata a Berlino – impedire sistematicamente di guardare le ragazze delle organizzazioni giovanili naziste ponendosi di fronte a loro e proporre tra volgari risate: «Chi vuol guardare passi la testa tra le nostre gambe». (p. 44)
  • Già durante la prima guerra mondiale il brillante ufficiale d'aviazione [Hermann Göring], dallo sguardo metallico, dal viso bello e regolare, apparve ai compagni d'arme come un uomo che sa quello che vuole e che lo ottiene a qualsiasi prezzo. Era un ufficiale duro, autoritario: «Tutto ciò emergeva chiaramente dai suoi gesti e dal suo modo di parlare» dirà il luogotenente Karl Bodenschatz. (p. 62)
  • L'ascesa di Himmler è rapida: le sue SS dalle nere uniformi, dall'emblema raffigurante un teschio, sono truppe scelte accuratamente. Non tutti possono entrare nelle SS: la disciplina è strettissima. A Berlino si dice che le SS parlano poco e agiscono. Lasciano la piazza e e fanfaronate alle SA. Essi costituiscono la dura e impenetrabile corazza che protegge il partito. Ogni capo nazista ha la sua guardia del corpo SS che sulla manica dell'uniforme reca, ricamato in lettere bianche, il nome del dirigente che deve proteggere. I militari neri sono dunque dei soldati scelti, che agiscono nell'ombra e la cui reale potenza aumenta in modo discreto ed efficace. Sono i puritani del partito. (p. 66)
  • [Franz von Papen] Quest'uomo abile, dal viso sorridente, dai baffi sale e pepe, dai capelli brizzolati accuratamente e minuziosamente tinti, appartiene col suo atteggiamento da borghese alla casta militare. È un ex allievo della Scuola dei cadetti: ciò significa che ha sopportato l'implacabile disciplina che i cadetti impongono a se stessi e agli altri, ragazzi allevati con una concezione dell'onore e pronti a farsi uccidere per essa. (p. 116)

Napoléon

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La voce del destino

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Era il 4 aprile 1805: albeggiava.
Napoleone Bonaparte, Imperatore dei Francesi, si ergeva immobile sulle staffe, tirando le redini del cavallo arabo che scalpitava.
Caulaincourt, il grande scudiero e aiutante di campo, e gli ufficiali del seguito imperiale si tenevano a distanza. I cavalli scalpicciavano, si urtavano provocando un cozzare di sciabole.
L'imperatore era avanti, solo.
Osservava gli edifici in rovina che spuntavano dalla nebbia. Riconosceva il viale di tigli e, in fondo, il convento della Minimière.
Era tutto ciò che restava della Scuola militare di Brienne, dove aveva vissuto cinque anni quando era solo un bambino di dieci anni, sbeffeggiato per quel nome buffo, un nome da straniero, Napoleone Buonaparte, dal suono quasi ridicolo, a cui rifacevano il verso provocatoriamente: – Napoleone Buonaparte, Paille-au-Nez, "Paglia al naso".
Erano passati vent'anni soltanto, e il 2 dicembre 1804 aveva ricevuto dalle mani di papa Pio VII la corona d'imperatore per incoronarsi da sé.
Era Napoleone Bonaparte, Imperatore dei Francesi. Aveva appena trent'anni.

Napoleone sa benissimo che, qualunque cosa faccia, è pur sempre figlio della Rivoluzione. Ma la Rivoluzione volge al termine, come l'alba.
Apre gli occhi. La carrozza entra a Parigi. Le strade sono deserte, silenziose. Il rumore delle ruote e degli zoccoli dei cavalli della piccola scorta risuona tra le facciate dei palazzi con le imposte serrate.
Prova un sentimento, fino a quel momento sconosciuto, di serena potenza. Dopo tutti i mesi trascorsi in Egitto, tra tante incertezze e rovesci di fortuna, dopo le ore in cui a Saint-Cloud ha visto balenare i pugnali dell'odio, in cui, a ogni istante, avrebbe potuto perdere tutto, gli sembra finalmente di aver superato gli ultimi ostacoli. Davanti a lui si spalanca l'orizzonte, la sua vita. Tutto adesso sarà grandioso. Lo sente. Lo vuole.
Sì, la Rivoluzione è finita.
Lui è l'uomo che chiude un'epoca per aprirne una nuova.
Finalmente! Finalmente! Il giorno sta sorgendo! L'avvenire mi appartiene!

Il sole di Austerlitz

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Napoleone ha trent'anni e quattro mesi. Sente gridare:- Viva Bonaparte! Viva la pace!
Si avvicina alla vetrata del salotto della rotonda, la stanza più ampia del suo palazzo.
In fondo al giardino, dietro le siepi, scorge la piccola folla che ha invaso rue de la Victoire. È dall'alba che lo sta aspettando. Si è radunata quando ha saputo, dai giornali e dai manifesti affissi per le strade, che il giorno prima, 19 brumaio, è stato scelto come uno dei tre consoli provvisori della Repubblica e ha già prestato giuramento nel cuore della notte, davanti ai deputati riuniti al castello di Saint-Cloud.

È il 7 dicembre 1805.
Il 26 dello stesso mese Napoleone firma con l'Austria il trattato di pace di Presburgo.
Il 30 dicembre 1805 il Tribunato si riunisce in un clima entusiastico. A Parigi nevica. Ma non manca nemmeno un tribuno alla riunione dell'Assemblea. All'unanimità il Tribunato propone di chiamare l'imperatore, che ha accettato, "Napoleone il Grande".

I cieli dell'impero

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Il padrone adesso è lui, Napoleone Bonaparte. Da quel 2 dicembre 1805, da quel sole di Austerlitz che si è alzato sugli stagni ghiacciati dove sono annegati i soldati russi, alleati inutili delle truppe austriache già sbaragliate, Napoleone ripete a se stesso che è lui il padrone.

Esce dalla stanza. L'aria è immobile. Soffoca. Guarda in lontananza la foresta di pini coperta da una bruma grigiastra.
– A cavallo! – esclama. – Verso il Niemen.

L'ultimo immortale

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Napoleone avanza nella pineta. I soldati, al riparo sotto gli alberi, si scansano, spingono i cavalli a ridosso dei tronchi e dei rami. Alcuni si precipitano a raccogliere le armi affastellate a mucchi per salutare l'imperatore.
Con un gesto lui li ferma, impedisce le grida di saluto. Smonta da cavallo. Lo raggiunge il grande scudiero Caulaincourt, che lo segue accompagnato dal maresciallo Bessières e dal gran maresciallo Duroc.
Viene portata a Napoleone una redingote da ufficiale dei lancieri polacchi con un berretto di seta nera. Lui la indossa in fretta, abbandona il suo cappello, poi rimonta in sella. Al galoppo, la testa china sulla criniera dell'animale, si dirige verso il margine del bosco.

Sono le due di notte. Socchiude gli occhi, muove le labbra.
– Chi indietreggia? – esclama.
Sta per vomitare, tutto il corpo s'inarca. Vuole parlare. Un rantolo gli strozza la gola, e spuntano due parole, come scogli ricoperti dalla sua respirazione roca:
– Testa... armata.
La morte arriva più tardi, alle 7,49 di sabato 5 maggio 1821.

– La morte non è niente – aveva affermato il 12 dicembre 1804, nello splendore della sua potenza. – Ma vivere sconfitti e senza gloria – aveva aggiunto – significa morire ogni giorno.
Egli vive ancora.

  1. Abbreviazione di Sturmabteilung, gruppo paramilitare del Partito nazista.

Bibliografia

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  • Max Gallo, La notte dei lunghi coltelli (La nuit des longs couteaux), traduzione di Raffaele Rinaldi, il Giornale Biblioteca storica, 1999.
  • Max Gallo, Napoléon. La voce del destino, traduzione di M.P. Tosti Croce, Mondadori (collana I faraoni), 1998. ISBN 9788804460374
  • Max Gallo, Napoléon. Il sole di Austerlitz, traduzione di G. Rizzoni e C. Ghellini Sargenti, Mondadori (collana I faraoni), 1999. ISBN 9788804460374
  • Max Gallo, Napoléon. I cieli dell'impero, traduzione di G. Rizzoni e C. Ghellini Sargenti, Mondadori (collana I faraoni), 1999. ISBN 9788804461173
  • Max Gallo, Napoléon. L'ultimo immortale, traduzione di M.P. Tosti Croce, Mondadori (collana I faraoni), 1999. ISBN 9788804466185

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