Mattia Preti

pittore italiano (1613-1699)

Mattia Preti, detto anche il Cavaliere Calabrese (1613 – 1699), pittore italiano.

Mattia Preti, Fuga di Enea da Troia, 1630 circa

Citazioni su Mattia Preti modifica

Bernardo De Dominici modifica

  • Aggiunse a questo studio [del disegno] quello della notomia[1], per ben intendere il vero sito e 'l componimento delle ossa, e la struttura de' tendini e de' nervi, al qual fine diessi con molta riflessione a disegnare l'Ercole Farnese[2], statua più di tutte opportuna al suo genio per lo risentimento de' muscoli, e per la grandezza de' contorni. Venivan però spesso interrotti questi studi dal suo genio inclinatissimo al giuoco della spada. Sicché lasciando il toccalapis[3]; cercava col fioretto segnalarsi nelle cavalleresche Accademie, nelle quali somma lode riportava; quindi siccome era ugualmente invaghito della scherma e della pittura, così cercava ugualmente di conoscere tanto i gran pittori, quanto i gran maestri di quella, affinché in ciascheduna delle due facultà potesse apprendere la desiderata perfezione.
  • Fiorendo in Roma vari incomparabili maestri, lumi della pittura, s'ingegnò Mattia di veder tutti operare, prendendo domestichezza co' loro discepoli. Gareggiò poi con gli accademici di S. Luca, bravi disegnatori, e con lo stimolo della emulazione divenne eccellente nel maneggiar la matita, e nel disegno massimamente, perché col comodo del naturale, esposto nella mentovata Accademia, ei venne a far acquisto de' perfetti contorni, e dell'intelligenza de' muscoli, la quale nondimeno egli stesso dicea aver più che altrove appresa nell'incomparabile galleria Farnese, dipinta dal grande Annibale Carracci, e nelle opere del divin Raffaello nelle stanze del Vaticano.
  • Giunto Mattia in Anversa, portò il caso, che essendo egli in una chiesa ad ascoltar messa, e questa celebrandosi in un altare, ove era esposto un quadro del Rubens, egli quasi incantato dalla gran bellezza di esso, poca attenzione fece al Divin Sacrificio: perloché dappoi che questo fu terminato, gli si accostò un gentiluomo di aspetto grave e pien di decoro, il quale per lo gran corteggio che avea d'intorno parevagli un gran signore, e cortesemente dimandollo, come gli piacesse quel quadro. A tal domanda risposto avendo Mattia, che per conoscere quel pittore era venuto in Fiandra, tosto quel signore pronto si offerì di condurvelo egli stesso, e con nobil cortesia menollo seco in una magnifica casa corredata alla nobile, ed ornata di belle statue, di bassi rilievi, di medaglie, ed altre riguardevoli curiosità, e fra le altre cose pendevano dalle pareti vari quadri del Rubens. Di questi il gentiluomo molti ne biasimava, tacciandoli di qualche difetto, e dimandando anche Mattia del suo parere. Ma egli modestamente opponendosi con ragioni tratte dall'intimo dell'arte sforzavasi di fargli conoscere esser l'opere non solo senza il preteso difetto, ma perfettissime. Il perché sentì dirsi dal gentiluomo: Voi certamente siete professore, perché così ben parlate della pittura, e per le ragioni che mi avete apportate sarete valentuomo, niente meno del Rubens, o almeno lo sarete in appresso. Alle quali cortesi espressioni umiliandosi Mattia, confessava esser venuto per imparare da quel grand'uomo, e quegli: dappoiché tanto desiderio avete di conoscere il Rubens, ed avete avuto il disagio di venir fino in Fiandra per tale oggetto, sappiate che io sono Pietro Paolo Rubens.

Note modifica

  1. Variante antica di anatomia.
  2. Scultura ellenistica, databile al III secolo d.C., esposta nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
  3. Allungalapis o portalapis.

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