Mario Toscano
diplomatico e storico italiano (1908-1968)
Mario Toscano (1908 – 1968), diplomatico e storico italiano.
Citazioni di Mario Toscano
modifica- Il patto d'acciaio, formalmente aveva un contenuto spiccatamente offensivo senza che fossero stati in precedenza fissati gli obiettivi e le mete della politica estera dei due paesi, cosa che, ancora nell'ottobre del 1938, Mussolini riteneva costituisse una condizione indispensabile. In realtà, invece, i responsabili della politica estera fascista ritenevano di avere con esso legato la Germania all'impegno di consultazione prima di lanciarsi in altre avventure che, si capiva, avrebbero condotto alla guerra, ma non si resero conto che la differenza di potenziale tra i due alleati era tale che solo uno dei due avrebbe preso le decisioni finali, mentre sarebbe rimasto fermo per l'altro l'impegno formale di scendere in campo al fianco dell'alleato tedesco. (da Il patto d'acciaio, in Storia della seconda guerra mondiale, diretta da sir Basil Liddell Hart e Barrie Pitt, edizione italiana Rizzoli-Purnell, diretta da Angelo Solmi, Rizzoli editore, Milano, 1967, vol. I, p. 71.)
- Si trattò di un patto [il patto d'acciaio] tra due regimi, il quale, senza che i suoi autori se ne rendessero allora conto, segnò il principio della fine di entrambe le dittature. (da Il patto d'acciaio, in Storia della seconda guerra mondiale, ibid., vol. I, p. 71.)
Monaco: 29 settembre 1938
modifica- Fra i maggiori avvenimenti diplomatici che precedettero lo scoppio della seconda guerra mondiale senza dubbio il più discusso fu la conferenza di Monaco. E la controversia non rimase confinata soltanto nell'ambito dei dibattiti fra gli studiosi, ma ha finito per assumere un aspetto prevalentemente politico. Monaco è oggi divenuta addirittura il simbolo di un atteggiamento di capitolazione di fronte alle richieste delle dittature, l'espressione di una inutile e vergognosa viltà. (p. 58)
- Senza gli accordi di Monaco, Hitler certamente avrebbe invaso militarmente la Cecoslovacchia. Tutti i documenti venuti alla luce nel dopoguerra confermano che il Führer non «bluffava», anzi ch'egli fu profondamente deluso per la soluzione pacifica di Monaco. (p. 58)
- Circa la convenienza o meno, dal punto di vista militare di Monaco per le democrazie, gli uni sostengono che essa assicurò alla Francia e alla Gran Bretagna un anno di più per progredire nei propri armamenti e gli altri oppongono che, oltre alla perdita della formidabile linea difensiva cecoslovacca e delle divisioni boeme, quel periodo di tempo giovò maggiormente alla Germania che alle democrazie. (p. 58)
- Durante l'intera crisi dei Sudeti[1] non esistette tra Roma e Berlino azione diplomatica concertata. Hitler e von Ribbentrop[2] agirono sempre per conto loro e Mussolini non esitò ad appoggiare pubblicamente e incondizionatamente le rivendicazioni naziste unicamente sulla base delle informazioni, di volta in volta raccolte a Berlino dall'ambasciatore d'Italia, Bernardo Attolico. Queste informazioni furono regolarmente superate dalle successive pretese del cancelliere nazista di modo che Mussolini, schierandosi in favore delle singole richieste naziste, credeva di interpretare il pensiero di Hitler mentre in realtà era sempre indietro di una richiesta. (p. 59)
- Il successo di Monaco creò in Mussolini l'illusione di essere divenuto l'arbitro della pace, ma si tratto di un'illusione di breve durata la quale consentì tuttavia al capo del governo fascista di accantonare temporaneamente l'offerta di alleanza tripartita italo-nippo-tedesca fattagli poco dopo da von Ribbentropp[2] a Roma per conto di Hitler. (p. 60)
Note
modifica- ↑ Area tedescofona all'interno di Boemia e Moravia, rivendicata dalla Germania nazista.
- ↑ a b Joachim von Ribbentrop, ministro degli esteri della Germania nazista.
Bibliografia
modifica- Mario Toscano, Monaco: 29 settembre 1938, in Storia della seconda guerra mondiale, diretta da sir Basil Liddell Hart e Barrie Pitt, edizione italiana Rizzoli-Purnell, diretta da Angelo Solmi, Rizzoli editore, Milano, 1967, vol. I, pp. 58-60.
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