Marino

comune italiano del Lazio

Citazioni su Marino.

Corso Trieste

Citazioni modifica

  • Marino che è stata la villa dei Marii, castello della famiglia Colonna. (Papa Pio II) [Vedendo il castello dall'alto di Monte Cavo]
Marinum quod Marianum villam, Columnensium familiae oppidum.
  • [Alla prima Sagra dell'Uva dopo la guerra] Così ridotta, piovve ancora vino | di buon augurio agli ospiti e a Marino. (Leone Ciprelli, 1946)
  • Marino, che si trova appena superata la cappella di san Rocco, è uno dei paesi più rinomati dei dintorni di Roma per la posizione pittoresca, la pulizia delle strade e delle case e la bellezza dei dintorni, Cosicché nella stagione che invita gli abitanti della città alla villeggiatura in campagna, Marino è tra i pesi più ricercati sia dai forestieri che dai romani stessi, attirati dalla salubrità dell'aria e dalla bellezza delle passeggiate. (Visconte de Senonnes, Choix de vues pittoresques d'Italie, de Suisse, de France et d'Espagne dessines d'apres nature et gravees a l'eau-forte, Parigi, 1820)
  • Marino dà le mela a ogni Castello, Marino è fatto a ferro de cavallo e cià la gioventù cor sangue bello. (Mario dell'Arco)
  • MARINO, Marinum. Città dello Stato Pontificio, Comarca di Roma, diocesi del cardinal vescovo suburbicario di Albano. Giace su amena collina, dodici miglia lungi da Roma, avente a mezzogiorno e a settentrione due valli, lo che rende più pregevole la salubrità dell'aria che vi si respira. Il suolo del territorio è fertilissimo, [...]. Vi prosperano alberi e frutti d'ogni specie, vino generoso, cereali, nonché gli orti ed ogni specie d'erbaggi, pei diversi rivi d'acqua che vi scorrono. Nel medesimo territorio sono due cave di pietre di molto uso, cioè di peperino e di macigno, ed una sorgente d'acqua minerale. Di molti opifizi di carta, ferro, rame e cuoi che vi si ricordano, non vi sono ora che vari mulini da grano, da olio, una fabbrica di sapone, ed altre fabbriche che ne accrescono il traffico industriale. Due fiere vi si tengono, l'una dal 10 al 13 giugno, detta di s. Barnaba, e l'altra dal 10 al 16 dicembre, con molta affluenza specialmente di negozianti di tele e stoviglie. (Gaetano Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica – Marino, vol. XLIII p. 39, Venezia 1847.)
  • Marino, antico castello nella Comarca di Roma, fu dichiarato città dalla Santa Memoria del Pontefice Gregorio XVI e presentemente da Tivoli in fuori è il paese più popoloso della Provincia. Se vogliamo por mente alla storica antichità di questo Castello, e cosi ancora a' grandi fatti, di cui il suo territorio fu teatro ne' secoli andati, pochi sono i Municipi del Lazio, che possono disputargli l'onore del primato. (Girolamo Torquati, Studi storico-archeologici sulla Città e sul territorio di Marino, vol. I cap. I p. 4, manoscritto 1870 circa)
  • Il p. Kircher nel riferire che non avea la terra [di Marino] il titolo di città, aggiunge che per l'ampiezza dell'area, per l'eleganza de' templi, per l'amenità de' giardini, e per lo splendore de' palazzi, gareggiava colle più illustri città latine. (Gaetano Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica – Marino, vol. XLIII p. 49, Venezia, 1840.)
  • Questo ragguardevole comune [Marino] di oltre 10 mila abitanti, capoluogo di mandamento, è situato nell'estremo limite del territorio della via Latina con quello dell'Appia, sul ciglio del primo gran ripiano del Monte Laziale, formato da un banco di tufi, ceneri e lapilli (peperino), in posizione amena e salubre, a 335 metri sul mare e alla distanza di 20 chilometri da Roma. [...] Ad ogni modo l'importanza di questo luogo, così dal lato archeologico come da quello storico, renderebbe assai utile uno studio particolare e completo sulle memorie di esso. (Giuseppe Tomassetti, La Campagna Romana antica, medioevale e moderna – La via Latina – Marino, pp. 173-174, Città di Castello, 1908.)
  • Marino è un luogo di recente formazione non incontrandosi di esso menzione alcuna presso gli antichi scrittori, e non presentando alcun indizio di avere anticamente esistito. Tutto ciò, che di questo luogo può dirsi è che esso esisteva ne' tempi bassi vedendosi ancora parte del recinto, e delle torri, che allora lo rendeveno forte. Come luogo moderno però è uno de' più ameni delle vicinanze di Roma ed è meglio fabbricato, e più netto che tutti gli altri luoghi negli stessi contorni. (Antonio Nibby, Viaggio antiquario ne' dintorni di Roma, Roma, 1819.)
  • Fra tanto Colonnesi e·lli signori de Marini, missore Ranallo e missore Iordano, fortificavano le loro fortellezze. Secretamente faco una iura. Mustrano ca voco rebellare. Fortificano Marini e renovano lo fossato intorno. Menano uno forte steccato de doppie lena. Tanta fu la pascia dello tribuno, che ciò non sappe vetare. Non se parao allo principio. Aspettao fi' che lo castiello fu forte guarnito. Fra tanto questo tribuno deventao iniquo. Moita iente de esso se mormorava. Puoi che lo castiello de Marini bene fu inforzato, guarnito de saiette, lance e uomini, vettuaglia e mura, lename e vino, la rebellione se scoperze. Folli mannato lo editto che comparessi. Allo messaio fuoro fatte non meno de tre ferute in capo, là fra le vigne de Marini. Puoi essivano fòra de Marini e onne dìe predavano li campi de Roma. Menavano vuovi, pecora, puorci, iumente. Tutto connucevano a Marini. Ora vedese per Roma sciliare de gote. Onne perzona lagnata strilla. Rancore e paura nasco. Un'aitra voita lo tribuno li citao e commannao che venissino a Roma a pede sotto pena dello sio furore. Puoi commannao che fussino penti missore Ranallo e missore Iordano 'nanti allo palazzo de Campituoglio como cavalieri, collo capo de sotto retrosi e·lli piedi de sopra. Perciò peio ne fao missore Iordano. Curreva fi' a porta de Santo Ianni e prenneva uomini e femine, armenti de vestie. Onne cosa ne porta a Marini. Missore Ranallo, lo frate, ne passao de·llà dallo Tevere e entrao nella citate de Nepe e curreva de·llà e de cà ardenno e predanno. Ardeva terre. Arze la castelluzza, case e uomini. Non se schifao de ardere una nobile donna vedova veterana in una torre. Per tale crudelitate li Romani fuoro più irati. Moito haco conceputo contra missore Ranallo e missore Iordano. Non pare opera da gabe. La perverza mente de Romani fu contra Colonnesi. Era allora le vennegne. L'uva era matura. La iente la pistava. Allora lo tribuno adunao tutto lo puopolo armato e trasse fòra l'oste de Roma e iessìo fòra sopre lo castiello de Marini e locao sio esercito in uno luoco lo quale se dice la Maccantregola. Valle ène sotto una selva, longa dallo castiello forza un miglio. L'oste fu bella, grossa e potente, de pedoni e de cavalieri. Fuoro pedoni da vinti milia, cavalieri da ottociento. Era lo tiempo forte corocciato e piovoso per tale via, che impacciava l'oste. Non li lassava fare guasto alcuno. Alla fine, in spazio forze da otto dìi, guastaro tutto ciò che era intorno allo castiello de Marini. Tutto depopularo lo sio terreno. Tagliaro vigne, arbori; arzero mole; scaizaro la nobile selva non toccata fi' a quello tiempo. Onne cosa guastaro. Per anni quello castiello non fu tale né tanto. Puoi trassero delli arnari preda secunno che se potéo. Tutta Roma iaceva là. In questi dìi sopravenne a Roma uno cardinale; legato era de papa. Questo legato infestava tuttavia con lettere che·llo tribuno tornassi a Roma, ca·lli voleva alcuna cosa rascionare. Allora lo tribuno, fatto lo guasto, una dimane per tiempo levao campo e annao sopra la castelluzza, poco da longa da Marini. Sùbito la prese, e instanti fuoro dati per terra li muri intorno. Ià voleva commattere la rocca e la torre rotonna, dove se era redutta la fantaria. E per espugnare quella torre avea fatto fare doi castella de lename, le quale se voitavano sopra rote. Avea scale e artificii de lename. Mai non vedesti sì belli ignegni. Apparecchiava picchioni e aitri instrumenti. Moite ammasciate recipéo in quello luoco. Curreva de·llà una acquicella. In quella acquicella vagnao doi cani e disse ca erano Ranallo e Iordano cani cavalieri. Puoi guastao la mola. Puoi mosse tutta soa oste e tornao a Roma, perché le lettere dello legato infrettavano. La matina per tiempo deo per terra le belle palazza in pede de ponte de Santo Pietro, in fronte de Santo Cieizo. Puoi ne ìo con soa cavallaria a Santo Pietro. Entrao la sacristia e sopra tutte le arme se vestìo la dalmatica de stati de imperatore. Quella dalmatica se viesto li imperatori quanno se incoronano. Tutta ène de menute perne lavorata. Ricco ène quello vestimento. Con cutale veste sopra l'arme a muodo de Cesari sallìo lo palazzo dello papa con tromme sonanti e fu denanti allo legato, soa bacchetta in mano, soa corona in capo. Terribile, fantastico pareva. Quanno fu pervenuto allo legato, parlao lo tribuno e disse: «Mannastivo per noa. Que ve piace de commannare?» Respuse lo legato: «Noa avemo alcune informazioni de nuostro signore lo papa». Quanno lo tribuno ciò odìo, iettao una voce assai aita e disse: «Que informazioni so' queste?» Quanno lo legato odìo sì rampognosa resposta, tenne a si e stette queto. (Anonimo romano)

Proverbi e modi di dire modifica

  • 'U Stracinatu [cioè San Barnaba, patrono di Marino, per via del fatto che nel grande dipinto presente nella Basilica di san Barnaba raffigurante il suo martirio il santo sembra quasi trascinato, "stracinato", appunto.]
  • 'U tempu n'ha riscallatu si nun ariva 'u Stracinatu [se non arriva la festa di San Barnaba, cioè l'11 giugno, non è estate]
  • 'A pistola a votate [cioè Il proiettile che gira, legato a un fatto di cronaca della metà dell'Ottocento]

Bibliografia modifica

  • Giuseppe Tomassetti, La Campagna Romana, Roma, 1926;
  • Ugo Onorati, La Sagra dell'Uva di Marino. Aspetti, vicende, curiosità di una delle più antiche e popolari feste d'Italia, Ciampino, 2004.

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