Marco Negri (calciatore)

calciatore italiano

Marco Negri (1970 – vivente), ex calciatore italiano.

Citazioni di Marco Negri

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  Citazioni in ordine temporale.

  • [Sull'esperienza nel calcio scozzese] L'atmosfera dello stadio e il seguito delle squadre è molto particolare. L'approccio alla partita è splendido, ogni partita è una battaglia ma lo spettacolo per il pubblico viene prima di tutto. Una cosa stranissima è stato a Edimburgo sul campo degli Hibernians, dove c'è un dislivello da una parte all'altra; affascinanti sono gli spogliatoi, si respira l'aria del passato.[1]
  • Sono stato veramente vicino a indossare la maglia azzurra. Questo è forse il più grande rimpianto che ho (anche una volta sarebbe statosufficiente); in quegli anni c'erano fior fiore di grandi attaccanti in Italia per cui solo il fatto di essere stato messo al confronto con quegli altisonanti nomi mi fa capire di aver lasciato un segno.[2]
  • [Sul calcio italiano degli anni 90] Il campionato italiano era al top, c'erano tanti presidenti che investivano in grandi nomi e il fatto di venire in Italia era il massimo per i fuoriclasse di tutto il mondo; da noi c'era l'incoronazione finale, si raggiungeva l'apice. Tutto ciò innescava una sana concorrenza, tanti campioni portavano la loro classe per cui anche i giocatori di casa crescevano e vincevano trofei europei. Di negativo probabilmente quel periodo ha fatto dimenticare un pò i settori giovanili, perchè il giocatore non si cresceva in casa ma si andava a comprare già "fatto".[2]

Intervista di Claudio Giambene, gianlucadimarzio.com, 24 novembre 2017.

  • [Sulla stagione 1991-1992 della Ternana] Un ricordo meraviglioso. Clagluna allenatore di un gruppo granitico. Segnavamo pochissimo: vincemmo il campionato facendo 21 gol. Io ne feci 5 e compresi subito cosa volesse dire giocare con la pressione addosso, in un campionato lontano dalle tv, calcio vero. [«E calci, tanti. Non solo sul terreno di gioco»] Ad Acireale nel sottopassaggio successe di tutto. Capitavano spesso queste cose nel girone sud. Ma era comunque bellissimo. Quella promozione mi diede una consapevolezza incredibile.
  • Gaucci aveva i suoi metodi per motivare i giocatori. Quando arrivai ero spesso infortunato e non rendevo al meglio. Una volta mi prese sottobraccio e davanti alla squadra disse: sa Negri, io l'ho acquistata per fare la differenza. Ma per noi, non per gli altri!
  • [Sulla stagione 1995-1996 del Perugia, «18 reti, due decisive per la promozione nell'ultima partita col Verona al Renato Curi»] Era tutto apparecchiato. Lo stadio pieno, loro già promossi, ma in campo fu durissima. Andammo sotto, poi la riacciuffammo. E fu una gioia pazzesca. Io e Materazzi uscimmo dallo stadio e andammo a festeggiare per le vie della città col suo motorino. Senza casco, coi capelli dipinti di blu, in mezzo alla gente. Altro che pullman scoperto, quella sì che fu una festa vera.
  • [Sul derby dell'Umbria] È una partita speciale perché sono due tifoserie speciali. In questo calcio ultramoderno avere sprazzi in cui il tifoso è il vero protagonista fa sempre piacere. Io ho giocato anche il derby di Glasgow ma quello fra Ternana e Perugia lo porto sempre nel cuore.
  • Vorrei allenare gli attaccanti. Ho il patentino per andare in panchina, ma il mio progetto è diventare un allenatore di reparto, insegnando i movimenti. Esiste per i portieri, perché non dobbiamo avere una figura simile per chi è chiamato a fare gol? Io ho imparato a stare in campo guardando Abel Balbo ai tempi dell'Udinese, ma mi sarebbe piaciuto avere una guida specifica.

Giacomo Bonetti, barbadillo.it, 17 aprile 2018.

  • Fin da piccolino ho passato tantissime ore nel cortile di casa mia, asfalto su cui si giocava a tutto, calcio, basket, tennis... la mia preferenza è sempre stata per il pallone e d'altronde erano gli anni dei Campioni del Mondo di Spagna.
  • La carriera di un giovane calciatore è contraddistinta da alti e bassi, normali, da cui bisogna sempre imparare e migliorare. D'altronde si possono commettere centinaia di errori, ma bisogna stare attenti a non replicare sempre gli stessi sbagli. La maturazione è arrivata grazie alle esperienze fatte, ai compagni incontrati e agli allenatori per cui ho giocato, è stato un processo continuo, fino alla mia esplosione calcistica, che come attaccante si è notata specie per i gol realizzati.
  • L'Old Firm è sicuramente la partita più importante che io abbia giocato. Una partita che coinvolge due metà della stessa città, due appartenenze diverse e opposte... Non è una partita, ma la partita che i tifosi iniziano a giocare una settimana prima e che continua oltre i 90 minuti.
  • [Su Paul Gascoigne] Gazza lo considero il giocatore più forte con cui abbia mai giocato, ma sono più fiero di aver conosciuto molto bene anche Paul, persona interessantissima, mai banale: certo un po' bizzarra.

Intervista di Giulio Cava, cosenzachannel.it, 21 febbraio 2019.

  • La Serie B è una maratona molto, ma molto equilibrata. Vive di ondate. Tutte le squadre hanno periodi positivi nei quali, magari, riescono a fare qualche vittoria di seguito, volgendo la classifica a proprio favore. Però, è un campionato lunghissimo. Bisogna essere bravi a cavalcare i momenti positivi, gestendo le difficoltà. Gli infortuni, gli stati di forma possono fare la differenza. La Serie B è sempre un campionato molto bello. Nessuna partita è scontata.
  • Ricordo con grande affetto la mia esperienza nel Perugia. Insieme al Grifone ho avuto la possibilità di conquistare la Serie A e giocarci. Per un giocatore è il massimo. Andammo nella massima serie all'ultima giornata, con quella partita pazzesca contro il Verona. Ricordo lo stadio gremito fin da mezzogiorno, noi giocavamo alle 15. Sono quelle gare che ti rimangono. La tensione il giorno prima che non ci fece prender sonno. Non fu facile perché andammo sotto. Tuttavia, riuscimmo a riportare Perugia in Serie A. Ero molto contento per aver reso felice i tifosi.
  • [«Per il suo trasferimento al Perugia fu contestato dai tifosi rossoblù. Infatti, quando tornò da avversario la fischiarono»] All'ora non c'era il parametro zero. Finii la mia esperienza al Cosenza a cui devo tantissimo, dove sono cresciuto come uomo e come calciatore. Dopo anni passati lì, decisi di cambiare andando a Perugia. Quando tornai, ricordo i fischi e qualche tifoso mi mostrava i soldi accusandomi di essere un mercenario. Tuttavia, rientra nel gioco del calcio. Fino a quando ho vestito la maglia rossoblù, ho cercato di dare sempre il 100 %, aiutando la squadra con i miei goal. Così ho fatto al Perugia. Ovvio che qualche tifoso non accetti la tua decisione.
  • [«Che ricordo ha di Gigi Marulla?»] È stato uno dei più grandi giocatori con cui ho giocato insieme. Talento unico. In campo era un calciatore completo. Giocava da punta e da trequartista. Segnava tanto, anche dai calci di punizione. Dribblava, faceva assist. Poteva ambire alla Serie A, ma decise di restare a Cosenza. Sono stato onorato di dividere la maglia con lui. Ricordo i duetti con De Rosa, si prendevano in giro l'un l'altro. Veramente una grandissima mancanza.

altrocalcio.com, 30 settembre 2021.

  • [«Nella stagione 1995-96 approdò a Perugia, squadra costruita per essere promossa in A. Come nacque la trattativa che la portò in Umbria?»] Venivo da un'ottima stagione col Cosenza in Serie B, l'allenatore era Zaccheroni e riuscimmo a salvarci nonostante i nove punti di penalizzazione. Avevo realizzato 19 gol e c'erano diverse squadre interessate al mio cartellino. Ero in scadenza, ma a quei tempi non esisteva ancora il parametro zero e quindi il mio parametro era piuttosto alto, si aggirava intorno ai quattro miliardi. A quel punto si fece vivo il Perugia, la società umbra era molto interessata al mio acquisto. Avevo voluto fortemente il Perugia, rinunciando anche all'offerta in Serie A dell'Atalanta a cui serviva un attaccante per rimpiazzare Ganz ceduto all'Inter. In quel momento non mi sentivo pronto giocare in A e non nascondo che l'offerta del Perugia, a livello economico, era particolarmente allettante. Tra il Perugia ed il Cosenza ci fu un autentico braccio di ferro perché la società umbra, conoscendo le difficoltà economiche dei calabresi, cercava di allungare i tempi della trattativa. A quel punto iniziai a ricevere diverse telefonate da parte dei dipendenti del Cosenza, nel frattempo rimasti senza stipendio, che mi chiedevano di parlare con il presidente perugino perché pur avendo la mia firma non voleva pagare il parametro. Ero legatissimo all'ambiente cosentino perché mi trattarono bene sin sa subito, così chiamai direttamente Gaucci intimandogli che avrebbe dovuto pagare il Cosenza altrimenti avrei stracciato il precontratto. "Magicamente", dopo 24 ore dalla mia telefonata, la situazione finalmente si sbloccò e diventai un calciatore del Perugia.
  • [Sulla stagione 1995-1996 del Perugia] L'inizio della mia avventura a Perugia fu difficile in quanto rimasi ai box per un problema al piede, che risaliva all'ultima giornata del campionato precedente quando indossavo la maglia del Cosenza. Il piede faceva addirittura fatica ad entrare nello scarpino. Con Novellino non ebbi un rapporto facile, in quanto il mister era convinto che io fingessi di star male. [...] La squadra sin dalle prime giornate non riusciva ad ottenere risultati positivi, così Gaucci prese in mano le redini della situazione e ingaggiò Galeone. Il presidente, dopo l'ultima sconfitta a Cesena, ci mandò in ritiro punitivo presso un albergo molto spartano. Ricordo che in un'intervista Gaucci disse che ci aveva spedito in un hotel decisamente brutto, affermazione che gli costò anche la denuncia del proprietario di quell'albergo. Con Galeone ci fu la vera svolta, d'altra parte la nostra era una squadra molto talentuosa. Il mister ci diede un'impronta offensiva, con il suo gioco propositivo ci faceva divertire sia in allenamento che durante le partite. Inoltre ebbe delle grandi intuizioni a livello tattico, come ad esempio lo spostamento di Giunti dal ruolo di trequartista a quello di regista. Essendo un attaccante il mio rapporto con Galeone fu ottimo, in quanto il mister con il suo gioco mi metteva sempre nelle condizioni migliori per far gol. Avevo sempre tante occasioni durante la partita ed ero coinvolto nelle dinamiche della squadra, tutto veniva facile. Con il mister mi sentivo al centro del progetto e ci capivamo al volo.
  • [Sulla stagione 1996-1997 del Perugia] Giocare in quella Serie A era toccare l'apice perché era il campionato con il maggior numero di talenti al mondo. Riuscii ad esordire subito col botto realizzando il gol con cui vincemmo alla prima giornata contro la Sampdoria di Veron, Mancini e Montella. Il nostro avvio di campionato fu molto positivo e i titoli sui giornali in favore di quel Perugia si sprecavano. Tra l'altro oltre ad ottenere risultati importanti, quella squadra giocava un bel calcio [...]. In quel periodo ci fu anche la convocazione in nazionale di Federico Giunti, ulteriore dimostrazione che stavamo realizzando qualcosa di importante. Purtroppo in breve tempo iniziarono i problemi: prima ci fu l'esonero di Galeone, nonostante la squadra fosse in una discreta posizione di classifica, poi io fui messo fuori rosa e ci furono una serie di problematiche che minarono la serenità del gruppo. Alla fine retrocedemmo con un bottino di 37 punti e per me fu una delle delusioni più cocenti della mia carriera, nonostante avessi realizzato 15 gol in Serie A. Il cambio di allenatore fu sicuramente affrettato, anche se Galeone fu sostituito da un altro grande tecnico come Nevio Scala. Il problema era che Scala giocava con il 3-5-2, ma noi ormai eravamo abituati al 4-3-3 e in rosa avevamo calciatori adatti soprattutto per quel tipo di gioco. [...] Fu un vero peccato, sono convinto che con quel Perugia si sarebbe potuto inaugurare un ciclo importante. Avevamo calciatori forti dal punto di vista tecnico e un presidente visionario che non aveva paura di investire, e invece quella retrocessione vanificò tutto il lavoro svolto da Galeone.
  • Luciano Gaucci era un vero uragano, un presidente tifoso che lavorava sempre con grande entusiasmo. Qualche anno fa partecipai ad una partita di beneficenza a cui presero parte tanti ex calciatori del Perugia di Gaucci, mi guardai intorno e vidi gente come Ravanelli, Materazzi, Olive, Tedesco, Gattuso, Grosso, Nakata, Allegri, Rapaić, Giunti ecc. Questo giusto per far capire l'alto livello tecnico dei calciatori portati in Umbria dal presidente. Gaucci era un generoso che aveva fiuto per il talento.

Da un'intervista a la Repubblica; citato in Niccolò Castellari, bolognasportnews.it, 27 dicembre 2023.

  • [...] quando avevo 15-16 anni, mi capitò, negli Allievi dell'Udinese, di giocare contro la prima squadra e lì rimasi folgorato da Zico. [...] quando gli arrivava la palla non è che guardava solo com'erano messi gli avversari, ma sapeva già dove stavano e dove sarebbero andati i compagni. Non aveva 2 soluzioni davanti a sé, ne aveva quattro o cinque.
  • Il calcio di oggi è tutta una statistica, vale soprattutto per gli attaccanti, presenze, gol e assist. Stop. Prendi una videocassetta di un bomber e ci trovi quello, i gol e gli assist.
  • Nel corso degli anni i due estremi del gioco, intendo il portiere e il centravanti, hanno subito modifiche clamorose. Ci sono portieri che hanno una tecnica che tanti miei compagni difensori dell'epoca non avevano. E oggi il portiere sta alto, è quasi un libero, il campo di fatto è come se si fosse ristretto, non c'è più la profondità, e allora bisogna attaccare diversamente.

Citazioni non datate

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  • [Sull'esperienza nei Rangers, «e proprio in Champions avviene l'esordio, nelle Isole Far Oer, contro il GI Gotu»] La ricordo ancora benissimo. Ci sono tanti isolotti uniti da ponti o, più spesso, da traghetti. Era un continuo sali e scendi dai traghetti. Durante la strada ho visto per la prima volta le pecore sui tetti delle case, lì a brucare. Era un'atmosfera strana, ma è stato bellissimo perché ho segnato all'esordio.[3]

soccerillustrated.it.

  • [«Oggi tutti si chiamano bomber, anche per scherzare. Ma tu che un bomber lo sei stato veramente, ci puoi spiegare cosa vuol dire?»] Ma guarda, è un nomingolo a cui sono molto affezionato, specialmente quando ti iniziano a chiamare bomber i compagni di squadra. Vuol dire che c'è un rispetto e una fiducia incredibile. Quindi è un nomingolo che mi è sempre piaciuto. Il bomber è quel centravanti che fa i gol pesanti, magari non la doppietta sul 5-0 ma il gol decisivo al 90' che ti porta i 3 punti. Oppure quel giocatore che ti tira fuori il gol insperato dopo aver fatto una prestazione così così. Insomma secondo me Bomber significa "Decisivo", quando hai quella capacità di tirare fuori il gol insperato.
  • [...] l'esperienza all'estero era una cosa che mi era sempre piaciuta e l'avevo sempre considerata come un'opportunità da cogliere al volo, però verso fine carriera. Era un po' il discorso che facevamo tutti all'epoca: io fui uno dei primi insieme a Vialli e Zola, che dopo aver vinto tutto in Italia a fine carriera erano andati all'estero per questa avventura. A me succede che gioco a Perugia in Serie A, faccio 15 gol però la squadra retrocede. A quel punto c'erano molte voci di mercato anche su di me perché avevo dimostrato di poter segnare tanto anche senza rigori ma soprattutto di meritare la Serie A, che a quei tempi era [...] il campionato più importante al mondo. Io mi ero messo in luce, ma in quel momento eravamo retrocessi, quindi ero un giocatore di Serie B. Certo, le trattative andavano avanti, ma senza nulla di concreto. Ed ecco che arriva la chiamata da questa squadra scozzese che io non conoscevo nemmeno benissimo, ma che poi si è rivelata una delle squadre più famose e con più tifosi al mondo. E, non te lo nascondo, con un cospicuo ingaggio e soprattutto l'occasione di giocare la Champions League [...]. In Italia per giocare la Champions League allora dovevi essere un giocatore di Juventus, Inter o Milan [...]. E non sarebbe stato facile per me. La Champions per me aveva un fascino particolare e ho colto l'opportunità. [«Hai ripagato la fiducia con una valanga di gol: 32 in 29 partite, 23 in soli 10 match»] Ho fatto 30 gol già a Natale, in praticamente 3 mesi e mezzo. Poi una pallina da squash nell'occhio in una giornata libera mi rovina [...] perchè veramente avevo una fiducia incredibile. Venivo da stagioni in cui facevo 18/19 gol all'anno e nel campionato scozzese se giochi nei Rangers hai tantissime occasioni da gol. Io in quel periodo giocavo veramente bene e avevo questa voglia pazzesca nelle conclusioni. Fatto sta che questo incidente all'occhio mi rovina un po', un po' tanto per la verità, quella atmosfera quasi magica che era venuta a crearsi. Al rientro faccio si qualche gol, ma non sono più quella Gol-Machine di inizio campionato, come mi chiamavano allora.
  • [...] in Scozia non mi conoscevano, ero un nome emergente in Italia ma all'estero nessuno mi conosceva. Avere un impatto del genere, segnare per dieci partite consecutive, fare doppiette, poi partite con quattro o tre gol... insomma, avevo fatto spalancare gli occhi a tutti. [...] C'è stata una cosa simpatica [ride, ndr]. Mi è arrivata una volta una lettera allo stadio, avevamo appena vinto 7-1 la nostra partita e io avevo fatto 4 gol. Mi arriva questa lettera il giorno dopo con una schedina di un tifoso che aveva giocato la nostra vittoria, una mia tripletta e altre cose tra cui che il primo gol della gara fosse mio. Era una bella scommessa, gli sarebbe fruttata qualcosa come 2.000 sterline. E in questa lettera mi diceva scherzosamente che aveva perso la schedina per colpa mia, che avevo fatto 4 gol anziché solo 3, ma di continuare così che ero entrato nel cuore dei tifosi. Insomma, io sono stato una sorpresa per loro come loro lo sono stati per me, perché a questi livelli non pensavo di avere un impatto tale.
  • [...] non ti nascondo che quando è successo tutto questo, da un giorno all'altro per colpa di una stupida partita di squash... è dura da digerire. C'erano voci di nazionale, ero in testa per distacco nella classifica per la Scarpa d'oro e tutto andava bene. Poi c'è stata la partita di squash, quella pallina, il distacco della retina. E lì pensi tante cose. Un giocatore lo sa che l'infortunio è sempre dietro l'angolo, lo metti in conto. Ma questo lo reputo diverso. Avevamo allenamento tutta la settimana tranne il mercoledì, mentre in Italia eravamo abituati ad allenarci tutti i giorni. Quindi io cercavo sempre di tenermi in allenamento. Ma anziché decidere di andare a correre da solo in un parco avevo deciso di andare a fare una partita di squash con Porrini, perché è un gioco di movimenti rapidi, un po' come quando stai in area di rigore [...]. La seconda volta che gioco a squash arriva questa pallina a 100 all'ora nell'occhio, distacco della retina, sangue nell'iride, non potevo più vedere. Poi il laser, i mal di testa. È difficile da mandar giù. Non torni più quello che eri, e vedi tutto quanto, il campionato, la Scarpa d'oro e la nazionale scivolare via e inizi a farti un sacco di domande e recriminazioni. Se sei in alto, come si dice, quando cadi ti fai più male. Ed è quello che è successo a me. [...] quel "come sarebbe andata" senza quello stupido incidente... torna alla mente ogniqualvolta qualcuno mi fa questa domanda.
  • [Su Paul Gascoigne] A me definirlo pazzo non piace visto che lui è un genio. È stato un genio, e come tutti i geni sai... sono sempre al limite. Ogni tanto esagerano e lo oltrepassano, però io lo ricordo sempre come un persona geniale. Gli scherzi erano all'ordine del giorno, capitava che ti cambiavi dopo l'allenamento e ti sparivano i vestiti, perché a lui magari piaceva il colore o erano profumati, gli piaceva e se li metteva. Oppure una volta in allenamento, durante lo stretching fece pipì sulla gamba di un nostro compagno di squadra che non la prese proprio bene [ride, ndr]. Una persona veramente iperattiva nel pensare e nel fare cose [...], geniale in campo e fuori anche se alcune volte la linea del genio veniva superata e si esagerava. Ma ho un ricordo fantastico di lui. Lo ricordo come una persona di cuore, una persona che se avevi bisogno era la prima a farsi avanti.
  • [Su Gennaro Gattuso] [...] è stato da sempre un giocatore molto intelligente perché ha capito quali fossero le sue caratteristiche positive che lo avrebbero fatto emergere e ha sempre puntato su quelle: ha basato tutto sul dinamismo, sulla grinta, sulla voglia di vincere e sul fatto di essere un trascinatore.
  • Per diventare un grandissimo giocatore [...], il talento ti fa arrivare fino ad un certo punto. Ma se non hai un etica dello sport, del lavoro, non lavori duro, non lavori costantemente sul campo per migliorare, se non hai un atteggiamento giusto con i compagni, non diventi parte integrante del gruppo e rimani estraneo, è chiaro che questo talento non ti basta.

Intervista di Simone Lo Giudice, ilposticipo.it.

  • Sono nato a Milano. Quando ero piccolo, io e la famiglia ci siamo trasferiti a Monfalcone [...] dove sono cresciuto. C'era l'Udinese di Zico ed Edinho in Serie A. La Triestina in Serie B faceva grandi campionati. Ho giocato a basket, poi il mio migliore amico mi ha spinto verso il calcio. Mio padre da giovane ha giocato nel Fanfulla in C, ma si è rotto presto le ginocchia. Però mi ha trasmesso il Dna per il calcio. Ho cominciato a 13 anni in una piccola squadra. Poi ho fatto i provini e sono stato preso sia dall'Udinese che dalla Triestina, la prima ipotesi però era quella più interessante. Ho fatto tutta la trafila e ho esordito a 17 anni in B con l'Udinese di Sonetti: ho fatto poche presenze, ma abbiamo vinto il campionato. È stato il mio inizio.
  • Vivevo a dieci chilometri dal confine. Quando avevo 18 anni prendevamo la macchina in quattro-cinque con poche lire in tasca e andavamo oltre confine a mangiare il pesce, a fare benzina, a divertirci in discoteca perché lì costava di meno. Vedere l'estero come vicino di casa può aver pesato nelle mie scelte.
  • [Su Massimiliano Allegri] Da giocatore era simpaticissimo, un cavallo pazzo che teneva lo spogliatoio vivo. La battuta del livornese veniva fuori.
  • [Su Paul Gascoigne] Una volta in Scozia, il giorno prima di una partita, ho visto l'ascensore aprirsi e uscire Gazza in mutande e con una canottiera, non aveva nemmeno le ciabatte. È entrato in sala, ha salutato tutti. Si è messo due tramezzini nelle mutande, poi ha preso un po' di frutta e un po' d'acqua. Ha detto "See you tomorrow" ed è tornato in camera. Il giorno dopo ci ha fatto vincere giocando da solo e facendo cose meravigliose. Gascoigne poteva fare quello che voleva.
  1. Dall'intervista di Marco Rosignoli, Scozia, Marco Negri a Sportiva: "Non perdetevi l'Old Firm", radiosportiva.com, 27 dicembre 2010.
  2. a b Da Alfonso Russo, Intervista a Marco Negri, ex attaccante dei Rangers Glasgow, ukcalcio.com, 22 luglio 2014.
  3. Dall'intervista di Giovanni Mazzola, Negri, quel trasferimento ai Rangers e il "rimborso Gattuso", grandhotelcalciomercato.com.

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