Marco Manilio

poeta romano
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Marco Manilio (29 a.C. – 14 d.C.), autore latino.

La sfera di Manilio, disegno di Wenzel Hollar

Astronomicon

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  • Io invece cercherò un vergine prato cosparso d'intatta rugiada,
    una sorgente che sgorghi in una grotta inesplorata,
    che neanche Apollo abbia ancora gustato.
Integra quaeramus rorantis prata per herbas,
undamque occultis meditantem murmur in antris,
quam neque durato gustarint ore volucres,
ipse nec aetherio Phoebus libaverit igni.
(II, 53-56)
  • Nascendo moriamo, e la fine dipende dal principio.
Nascentes morimur, finisque ab origine pendet. (IV, 16)
  • Ciascuno ha da sopportare pazientemente la sua sorte. (IV, 22)
Sors est sua cuique ferenda.
  • E come è suddiviso il popolo nelle grandi città,
    ove i senatori occupano il posto più elevato e il più vicino a questo
    i cavalieri, e tu potresti vedere i cittadini seguire i cavalieri
    e il volgo senza qualità i cittadini e poi la folla senza nome,
    così anche nell'universo c'è una forma di stato
    fatta dalla natura, che ha creato nel cielo una città.
Utque per ingentis populus discribitur urbes,
principiumque patres retinent et proximum equester
ordo locum, populumque equiti populoque subire
vulgus iners videas et iam sine nomine turbam,
sic etiam magno quaedam res publica mundo est
quam natura facit, quae caelo condidit urbem.
(V, 734-739)
  • Nulla vi è di più mirabile, nell'immensità dell'universo, del fatto stesso che tutto debba obbedire a leggi immutabili.
  • Racconterò una mia storia, senza nulla dovere a nessun poeta che mi ha preceduto; su un carro solitario solcherò il cielo, con una barca tutta mia fenderò le onde.

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