Lionello Manfredonia
dirigente sportivo e calciatore italiano
Lionello Manfredonia (1956 – vivente), dirigente sportivo ed ex calciatore italiano.
Citazioni di Lionello Manfredonia
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Dall'intervista di Nicola Calzaretta al Guerin Sportivo, 25-31 agosto 2009; citato in Stefano Bedeschi, tuttojuve.com, 26 novembre 2021.
- [«2 novembre 1975, Lazio-Bologna 1-1: è il suo esordio in A»] Un'emozione unica, la più forte in assoluto. All'Olimpico, di fronte alla mia gente. Dovevo ancora compiere 19 anni. Merito dell'allenatore. Ebbe un gran coraggio. Mi dette il numero 4 e mi mise a fare il libero al posto di capitan Wilson. Un battesimo di fuoco niente male se pensa che quella squadra nel 1974 aveva vinto il campionato. [«E intanto continuava a giocare con la Primavera dando spettacolo»] Alla fine vincemmo lo scudetto battendo in finale la Juve. All'andata fu un clamoroso 4-1, davanti a 25mila spettatori. Squadra fortissima, allenata da Paolo Carosi, un grande. Con me c'erano Agostinelli, Ceccarelli, Di Chiara, De Stefanis e un certo Bruno Giordano.
- [Sul coinvolgimento nello scandalo italiano del calcioscommesse del 1980] È stato un incidente di percorso. Frequentazioni sbagliate, personaggi discutibili. Come tanti miei compagni della Lazio, anch'io andavo al ristorante di Alvaro Trinca. Sono finito anch'io nella rete, senza grandi responsabilità. Non ho mai scommesso sui risultati della mia squadra, per esempio. Ma la mia difesa è servita a poco: mi sono beccato una lunga squalifica. Questo è quello che conta. [«Come ha reagito?»] Mi sono fatto forza, ho tirato fuori la grinta, la rabbia, la determinazione. Da storie come queste se ne esce da soli. Mi sono rimesso a studiare e mi sono laureato in Legge: avevo un debito con i miei genitori che così ho saldato. E poi ho iniziato a contare i giorni che rimanevano per il ritorno.
- [«11 luglio 1982: l'Italia vince il Mondiale e l'amnistia la rimette in gioco con un anno e mezzo di anticipo»] È così. E pensare che in quella Nazionale potevo giocarci tranquillamente anch'io se solo fossi stato un po' meno impulsivo. [«Si riferisce al litigio con Bearzot in Argentina quattro anni prima?»] Sì. Un errore che non rifarei. Avevo esordito a ventun anni, all'Olimpico, contro il Lussemburgo. Altra giornata da brividi per me. Libero della Nazionale, davanti a Zoff. Bearzot mi provò un altro paio di volte e poi mi convocò per i Mondiali d'Argentina. Per un ragazzo poteva essere già un grande premio, ma io in quel momento non la vedevo così. [«Cosa successe a Baires?»] Una cosa normale: Bellugi si fa male e Bearzot fa entrare Cuccureddu. Credevo toccasse a me, ero il sostituto di ruolo. Mi arrabbiai molto. Affrontai il mister a muso duro. Gli dissi che non ero lì per fare il turista e di non convocarmi in futuro se pensava di non farmi giocare. Il guaio è che lui mi prese in parola. Feci giusto un'altra partita a settembre e poi addio Nazionale. A ventidue anni. [...] Bearzot è un friulano, non aveva certo dimenticato il mio gesto.
- [«La Nazionale è il rimpianto più grande?»] Sì. Insieme al rifiuto alla Juventus nel 1976. [«La spaventava Torino?»] Di sicuro a Roma stavo da re, coccolato e amato. Mi voleva l'Avvocato in persona, parlai con Boniperti, ma alla fine decisi per il no. È stato un grande errore. Fossi andato alla Juve, non solo avrei vinto molto di più, ma non sarei stato fuori dalla Nazionale, non avrei perso due anni per le scommesse e avrei vissuto con meno stress. [«Il matrimonio bianconero, comunque, poi c'è stato»] Nove anni dopo, meglio tardi che mai. A dire il vero la Juventus mi ha sempre cercato, anche dopo la squalifica. Abbiamo chiuso nel 1985, quando mi ero già trasformato in centrocampista. [...] [«C'era un certo Tardelli da sostituire»] Ma non ne ho mai sentito il peso. Piuttosto c'era da giocare con Michel Platini, un mostro di bravura e di simpatia. La sera del Bernabéu, quando annullarono il mio gol (validissimo) del pareggio, mi disse: "Ha fatto bene l'arbitro a fischiare: se tu avessi segnato al Real Madrid, sarebbe finito il calcio".
- [...] credo di non aver fatto la cosa giusta. [«Lasciando la Juve o andando alla Roma?»] Tutte e due le cose, anche se alla fine la decisione di giocare per la Roma potevo comunque risparmiarmela. Avevo tutti contro: i tifosi laziali mi consideravano un traditore. Quelli giallorossi mi vedevano come il fumo negli occhi per il mio passato alla Lazio e alla Juventus. È stata durissima, ogni giorno c'erano cori e insulti per me. Uno stress indescrivibile. Mi avevano persino detto di non azzardarmi a esultare sotto la curva in caso di gol. [«Cosa che stava per accadere, vero?»] Giocavamo in casa contro l'Inter. Dopo un quarto d'ora segnai il gol del pareggio. Colpo di testa e Zenga battuto. Allora, dall'euforia, presi a correre verso gli spalti. Nella concitazione del momento, non mi ero reso conto che stavo andando proprio sotto la curva Sud. In un attimo, misi la retromarcia e tornai indietro. Ma questa, sinceramente, non era vita.
Intervista di Dario Giordo, espresso.repubblica.it, 2009.
[Sull'arresto cardiaco subìto in Bologna – Roma del 30 dicembre 1989]
- Ho un blackout che va da tre giorni prima della partita a tre giorni dopo. Il primo ricordo è l'immagine nella mia stanza d'ospedale di Fulvio Collovati, compagno dell'epoca, quando mi risvegliai dal coma.
- La vita la devo al massaggiatore Giorgio Rossi, che mi fece la respirazione bocca a bocca, e al medico della Roma, il dottor Alicicco. E devo ringraziare anche il dottor Naccarella, che mi praticò la defibrillazione sull'autoambulanza: dopo tre scariche in genere si lascia perdere, lui arrivò alla quarta. [...] Una sincope o un nervo vago, chissà. Quel giorno c'era molto freddo, avevo un po' di febbre e mi sentivo stressato. Ma la medicina non sempre dà le risposte.
- Avrei voluto giocare per altre quattro stagioni, magari andare all'estero per imparare un'altra lingua. Ma non mi sono buttato giù, e ho ripreso subito a lavorare. [...] Ho dovuto cambiare vita in fretta, anche perché la Roma stracciò subito il mio contratto, ma meglio buttarsi in una nuova avventura che piangersi addosso. Sì, il campo m'è mancato, però sono un tipo drastico: quando si chiude, si chiude. Non ho rimpianti o nostalgie, in fondo ho avuto una carriera ricca di soddisfazioni.
Citazioni su Lionello Manfredonia
modifica- Guardiamo a Manfredonia difensore centrale, un po' troppo appagato, cioè bisognoso di andare avanti soprattutto quando può impostare, ma anche come difensore con tutti gli attributi al posto giusto: potenza nel lungo e nel breve, tackle all'occorrenza ruvido, tempismo. In fondo la carriera gliel'ha fatta il destino. Tutti sanno fare i liberi in un certo modo, pochissimi sanno giocare in tre ruoli come Manfredonia: forte incontrista, forte centrocampista, buono anche sotto porta. (Vladimiro Caminiti)
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