Jacques Villeneuve

pilota automobilistico canadese

Jacques Villeneuve (1971 – vivente), pilota di Formula 1 canadese.

Jacques Villenueve (2010)

Citazioni di Jacques Villenueve modifica

  Citazioni in ordine temporale.

  • Non voglio che la Formula 1 sia meno sicura ma voglio circuiti impegnativi dove un pilota debba superare se stesso, dove di possano calcolare i rischi. Ognuno dovrebbe poter decidere dove correre e dove no, sapendo che se commette qualche errore dovra pagarlo con la macchina distrutta e con un paio di contusioni. Non sono ne un pazzo ne un suicida, ma se un pilota non può guidare al limite la Formula 1 perde ogni attrattiva.[1]
  • [Nel 1998, rivolgendosi ai media canadesi, sull'assenza di successi e sul possibile appannamento della sua immagine] Tanto peggio se non faccio più notizia, almeno mi lasceranno in pace.[2]
  • Finché vivrò le corse saranno ciò che mi fa vivere, che mi fa battere il cuore.[3]
  • [Sul perché non amasse parlare del padre] I giornalisti volevano avere come risposta quello che loro pensavano e non quello che io volevo dire. Così ho deciso di non parlarne più.[4]
  • [Riferendosi alla morte del padre] In quel momento ho sentito che avrei dovuto gestire da solo la mia vita. Questo mi ha dato una grande determinazione che mi ha fatto crescere e mi ha dato la forza di superare i tanti ostacoli di una carriera difficile.[4]
  • [Riferendosi al Gran Premio d'Europa 1997, quando vinse il mondiale] Avevamo fatto dei piani, delle strategie, immaginando tutto quello che poteva accadere, ma nulla è andato secondo quanto pensavamo. Lì per tutta la gara c'eravamo solo io e Schumacher. Ho fatto tutta la gara dietro di lui e vedevo che potevo frenare molto più tardi di lui, molto molto più tardi. Ero più veloce, ma non riuscivo mai a stare abbastanza vicino. L'ultima sosta l'abbiamo fatta 2-3 giri dopo di lui: sapevo che con questa sosta, due giri dopo dovevo superarlo, perché ero ancora con gomme nuove, mentre lui no. Sapevo che c'era un giro o due di finestra per poterlo attaccare. Arrivando dopo la prima parte del circuito c'è un curvone veloce e poi il rettilineo. Ho visto che ero magari un metro più vicino degli altri giri e così ho tenuto giù. Sono quasi uscito di pista, ma bisognava prendersi un rischio. E nel dritto, al momento di staccare, ero un metro o due più vicino che in tutti gli altri giri, quindi ci sono andato. Sapevo, vedendo dove frenavo prima e che mi fermavo sempre attaccato a lui, che quel metro o due di vicinanza in più mi permettevano di frenare così tardi visto che avevo gomme nuove. E poi potevo soprattutto sorprenderlo, perché ero troppo lontano per dargli l'avvisaglia di un attacco. Lui non stava più guardando negli specchietti. [...] Era l'unico modo per superarlo, sorprenderlo, perché sennò aveva l'abitudine di buttarti fuori. Una volta di fianco a lui, ero sorpreso che non mi avesse ancora toccato. Però è arrivato qualche decimo dopo. Quando mi ha visto al suo fianco mi ha dato la botta. E lì pensavo che la mia macchina si fosse rotta, perché mi aveva dato veramente una gran botta. Sono saltato in aria. Però la macchina andava ancora, e in quel momento ho rallentato, perché la botta era veramente enorme, e pensavo che una sospensione o un qualcosa fosse danneggiato. Per questa ragione frenavo presto per non saltare sui freni, non andavo sui cordoli, quando acceleravo lo facevo con tranquillità, solo per non dare colpi sulla macchina. E meno male che ho fatto così, sennò non avrei finito la gara! La batteria non era più attaccata; era tenuta solo dai cavi elettrici, e con un po' di aggressività i cavi si sarebbero rotti. Poi non ero sicuro di un'eventuale squalifica di Schumacher, perciò era importante vincere il campionato coi punti in ogni caso. Quando sono passato il giro dopo alla curva dove ha cercato di buttarmi fuori, l'ho visto in piedi sul muro che mi guardava. Vedevo la rabbia, e lo vedevo anche sudato: lui era uno che non sudava mai! E in quel momento ho capito di averlo veramente battuto! Per me, aver vinto così, rende la mia vittoria speciale.[5]
  • [Sulle differenze tra Formula 1 e IndyCar Series] La Indy è più una lotta tra gladiatori. È la base delle corse: pilota contro pilota. A volte ti ritrovi con tutte e quattro le ruote che girano in aria. [...] Ai nostri tempi la F1 era più emozionante, meno complessa e più nervosa. Le auto sono più veloci ora, ma non lo senti perché sono anche molto più stabili. È l'era moderna, che non si addice a tutti. Io preferisco i vecchi tempi, ma è una scelta personale.[6]
  • [Riferendosi al Gran Premio d'Europa 1997, quando vinse il mondiale] Michael, venendomi addosso, mi ha aiutato a vincere. Non posso essere arrabbiato.[7]

Tutto su mio padre

Dall'intervista di Pino Allievi, The Official Ferrari Magazine nº 18, settembre 2012 2012; citato in magazine.ferrari.com, 12 aprile 2013.

  • [Raccontando le differenze tra la Formula 1 del padre e quella del 2013] Oggi è il momento dei piloti paganti, dei team comprati e rivenduti. Non mi diverto a vedere i gran premi sapendo che anche i campioni veri non posso tirare al massimo dall'inizio alla fine perché le gomme da un momento all'altro perdono aderenza. E l'ala mobile? Ci fosse stato il DRS negli anni Ottanta, mio padre avrebbe fatto solamente tre giri in testa a Jarama e poi l'avrebbero superato.
  • [Circa il suo sorpasso ai danni di Michael Schumacher nel curvone dell'Estoril, anno 1996] Il giorno prima della gara avevo detto ai miei meccanici che avrei superato volentieri qualcuno in quel punto. Mi avevano guardato come un matto: "Dicci a che giro lo fai così veniamo a raccogliere i pezzi, lì non si supera, ricordatelo". Invece io superai nientemeno che Schumacher, il quale era alle prese con un doppiato. Mi lasciò poco spazio, a dire il vero, ma ci riuscii. L'unico modo per passare Schumacher era quello di sorprenderlo. Lui era sicuro che sorpassarlo in quel punto sarebbe stato impossibile. Io invece lo feci, studiando la manovra in anticipo. Nel momento in cui frenò senza guardare gli specchietti, io andai all'esterno e riuscii a scavalcarlo.
  • [Sull'essere il figlio di Gilles Villeneuve e sulla popolarità del cognome] Uffa, ogni volta che ho debuttato in Formula Atlantic, poi Indy o Formula 1, tutti a chiedermi se lo facevo per continuare l'opera di Gilles. E lì ho cominciato a non parlare. Solo dopo aver conquistato il mondiale sono diventato Villeneuve, cancellando "il figlio di Gilles". Quando Gilles è morto sono diventato io l'uomo di famiglia. Ma se Gilles non fosse morto io non sarei cresciuto e non sarei diventato quello che sono. La popolarità? Esagerata. Io negli ultimi due anni vivevo a Pra Loup, in un'altra famiglia. In quei casi o cresci e diventi meglio o finisci: io sono cresciuto. Non è facile essere il figlio di qualcuno famoso. Io ho vissuto la stessa esperienza di Gian Maria Regazzoni, di Nico Rosberg, di altri "figli di". La gente si aspetta che tu vada in pista e vinca alla prima gara, tutto questo lo avverti e ti mette addosso una pressione tremenda. Se sopravvivi, quella pressione che hai subito poi ti aiuta.
  • [Aneddoto su Gilles Villeneuve] Sai che a 10 anni tentò di farmi pilotare l'elicottero? Mi incastrò fra le sue gambe, mì appoggiò le mani sui comandi… Lui in elicottero faceva cose fuori di testa, non aveva mai paura. Era una vita fatta così, era normale. Gli piaceva la sfida. Un po' come quando io, per la prima volta, feci in pieno la curva dell'Eau Rouge a Spa. Era un rischio che ti dava un vantaggio di un solo decimo al giro, ma era bello farlo per il tuo orgoglio, per sentirti più forte, per farti temere dagli altri.

Di Villeneuve in Villeneuve

Intervista di Leo Turrini, blog.quotidiano.net, 7 maggio 2017.

  • Purtroppo io ho faticato a far comprendere alla gente che non volevo essere considerato il figlio di una leggenda. Semplicemente, avevo avuto un papà, come tutti...
  • Chi mi stava attorno vedeva solo il cognome. Io, in una certa ottica, dovevo essere il figlio e basta. Era una forma di pressione insostenibile.
  • Gilles Villeneuve per me non era un mito, non poteva esserlo. Era il mio papà.
  • Nel 1995 vinco la 500 Miglia di Indianapolis. La gara più importante che ci sia al mondo, a livello automobilistico. E mi contatta la Williams, che all'epoca era il top team della Formula 1. Accetto la proposta e sento dire: ah, l'hanno preso per il cognome! Ma insomma, che cosa volete da me, cosa debbo dimostrare ancora?
  • Nel 1997 ho battuto Schumacher e ho vinto il titolo. Michael aveva un po' preso il posto di mio padre nel cuore dei ferraristi. È stato un momento struggente. Lì le cose sono cambiate, la gente piano piano ha accettato l'idea che non ero solo il rampollo di una dinastia.

Note modifica

  1. Citato in Formula 1: Villeneuve critica rivali e nuovo regolamento, adnkronos.com, 24 maggio 1997.
  2. Citato in Autosprint n° 24, 9-15 luglio 1998, p. 27.
  3. Da Manuel Codignoni, Intervista esclusiva a Jacques Villeneuve, f1grandprix.motorionline.com, 25 giugno 2010.
  4. a b Citato in Gilles e Jacques. Quello che non si sapeva, magazine.ferrari.com, 8 maggio 2012.
  5. Dall'intervista a I signori della F1, Sky Sport F1; citato in Villeneuve sul 1997 e Jerez: "C'era la sensazione che la Ferrari venisse aiutata. Per non farmi buttare fuori dovevo sorprendere Schumacher", thelastcorner.it, 10 febbraio 2018.
  6. Da Bruno Bayol, Formula Helmet; citato in Matteo Senatore, Villeneuve: "Ai miei tempi F1 più emozionante", formulapassion.it, 22 dicembre 2020.
  7. Da un'intervista al Corriere della Sera; citato in F1 | Villeneuve: "Nel 1997 vinsi grazie a Schumacher", f1ingenerale.com, 8 aprile 2021.

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