Giuseppe Sinopoli

direttore d'orchestra, compositore e saggista italiano (1946-2001)

Giuseppe Sinopoli (1946 – 2001), direttore d'orchestra, compositore e saggista italiano.

Giuseppe Sinopoli

Citazioni di Giuseppe Sinopoli

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  • [Cosa la commuove nella Nona sinfonia di Beethoven?] Il problema della ricerca della trascendenza e la coscienza che questa trascendenza non è risolvibile in maniera semplicistica con sistemi fideistici, iconografici, affettivi: ma che può essere raggiunta con una specie di superamento di se stessi, con un impeto morale. Questo scavalcamento vuol dire passare dal microcosmo al macrocosmo. Lo Scherzo, in particolare, mostra come da una microcellula, con la volontà, si crei il movimento, l'intero mondo della sinfonia. L'emozione più forte è stata per me quella di analizzare la Nona e vedere come dalla micromateria prenda vita la forma sinfonica. [È come un big-bang della musica?] Sì, e questo non è intellettualismo, è trascendenza. Sulle terzine ricrei la volta stellata. [...] il problema risolto dalla Nona è quello di rifare il mondo. Riscrivere il mondo con le note, proprio come gli egiziani lo riscrivevano con i geroglifici.[1]
  • [Wagner] Il suo è un caso tipico in cui la musica non esaurisce il proprio compito nell'espressività: pone anche problemi di gnosi, di conoscenza che si allarga alle questioni politico-sociali. Ci induce alla coscienza del vuoto e, proprio nella "Tetralogia", ci mette dinanzi alla tomba del mito, il che oggi è già un'autoterapia. [...] fanno apparire [la globalizzazione] come un fenomeno di salvazione, missionario, che distribuisce benessere con il sistema dei vasi comunicanti. Invece è un rullo compressore di identità e memorie. Un potere opaco e indistinguibile, che demoralizza l'uomo e non riconosce alle differenze il diritto di esistere. Teniamoci caro Wagner, ascoltiamo la sua musica e riflettiamo sul pensiero che c'è dentro, perché un po' ci immunizza contro tutto questo.[2]
  • [Cosa fa dei Wiener Philharmoniker un'orchestra speciale?] Il suono, che nasce dalla loro capacità di confrontarsi con il mondo artistico, storico e umano che c'è dietro una partitura. L'orchestra di Vienna non è per ogni cosa, anche se può suonare ogni cosa. Questo la rende più difficile da dirigere: ha regole da rispettare. Ma è capace di tour de force impensabili per altri.[3]
  • [Cosa rende inconfondibile la Staatskapelle di Dresda?] In senso tecnico, l'omogeneità del timbro privo di "eccessi" determinati dalla personalità dei solisti; e il fatto che la straordinaria tradizione sinfonica, nella quale è cresciuto il complesso, si sia incontrata con il mondo dell'opera lirica, derivando un concetto del suono come fondamentale supporto espressivo. In senso più ampio, l'aspetto "morale" con il quale la musica viene affrontata. Essere musicisti, a Dresda, significa non solo svolgere una professione ma stabilire una propria identità di uomini attraverso un coinvolgimento profondissimo. E il momento del concerto è un autentico rito.[4]
  • La memoria, se non è elaborata, può uccidere. Se non si ribalta in utopia, è mortale. È lo specchio di Perseo davanti alla Gorgone, l'arma indispensabile per tagliarle la testa. In ultima analisi, la nostra genetica spirituale.[5]
  • La Musica è quantità, misura, nel periodo in cui viene scritta o nell'attimo in cui lo strumento, stimolato dal musicista, la produce. Qui si compie un salto misterioso: quello che noi ascoltiamo è immateriale e nell'attimo in cui lo percepiamo sparisce per diventare memoria. La Musica è il segno sublime della nostra transitorietà. La Musica, come la Bellezza, risplende e passa per diventare la memoria, la nostra più profonda natura. Il superamento del dolore è necessario perché la nostra vita riacquisti il senso della Bellezza. Forse la Musica con la sua impalpabile bellezza ci può aiutare.[6]
  • La musica è soprattutto la testimonianza di un uomo che lascia la sua esperienza di dolore, melanconia, di gioia, di perdita. È il segno più sublime della nostra transitorietà. Come la bellezza, risplende e passa per diventare memoria, la nostra più profonda natura. Il superamento del dolore è necessario perché la nostra vita riacquisti il senso della bellezza. La musica, con la sua impalpabile bellezza, ci può aiutare.[7]
  • [...] nella cultura egizia il cuore del defunto veniva posto su un piatto della bilancia davanti ad Osiride, sull'altro piatto c'era la piuma della dea Maat, simbolo della verità e della giustizia. Solo se il suo cuore risultava leggero come la piuma, il defunto aveva diritto alla vita nell'oltretomba. Il cuore degli uomini oggi è un po' pietrificato.[8]
  • [La Staatskapelle di Dresda] Nella sua storia questo è stato un complesso "chiuso" in cui l'arte si è tramandata da insegnante ad allievo o addirittura da padre a figlio[.] Mi capita di dover stimolare chi esegue parti solistiche a distaccarsi dal gruppo compatto che per disciplina è esemplare come la Filarmonica di Vienna. E che negli archi probabilmente non ha eguali al mondo. Insomma, non c'è il protagonismo tipico dei complessi occidentali. In Italia vorrò sottolineare oltre all'alto valore artistico anche questa nobile qualità morale.[9]
  • Oggi chi compone è un eroe. Ma non è detto che questo eroe ritorni dal suo viaggio con l'immortalità acquisita. L'immortalità artistica non appartiene più alla società di oggi. Viviamo unicamente di un rapporto con la memoria, con ciò che è "già" stato. E i veleni dei mass media stanno distruggendo anche questo: la visualizzazione ossessiva taglia il nostro rapporto con il mondo degli affetti. Andiamo tristemente verso una solitudine priva di memoria: e io credo che in questo si dia una spiegazione culturale al gran numero di suicidi nelle civiltà più evolute.[4]
  • [...] oggi la composizione musicale è entrata in una fase ellenistica, di decadenza. Il passaggio da questo secolo al prossimo avviene nell'horror vacui[10]. Predomina un grande eclettismo, ma l'eclettismo è uno dei tipici figli del vuoto.[8]
  • [La strumentalizzazione nazista della musica di Wagner] Per capire quell'operazione, bisogna andare al Wagner che si ripresenta in questo Paese nel 1876, al termine di un lungo esilio e dopo esser stato sulle barricate con Bakunin contro il sistema dei prìncipi tedeschi. Rientra, e all'inaugurazione di questo santuario trova Guglielmo I, la persona che aveva combattuto. Per far nascere il "progetto di Bayreuth", un sogno sociale che il musicista aveva condiviso con Nietzsche, ha dovuto venire a patti con il liberalismo manageriale tedesco. Per cui se quando partì era Sigfrido, cioè l'antinomia dello Stato borghese, ora che torna è Wotan, è lui stesso un principe, uno che affronta il futuro come se le idealità fossero fallite e non restasse altro che rifugiarsi in un'ufficialità appunto borghese: una svolta che rientra nell'opportunismo che purtroppo caratterizza la sua personalità, con il bisogno di riconoscimenti, potere, danaro. A questo punto avviene il distacco con Nietzsche, che parla di arte malata e lo accusa d'essere un istrione, un genio scenico che schiaccia e allaga la coscienza con l'enorme forza del gesto. C'è del vero, in quel giudizio, e qui io colloco il limite e il pericolo dell'opera wagneriana: quando, in certi casi, alla tragicità del gesto non corrisponde la tragicità del pensiero. Su questa faglia, su questa fessura, è stato possibile al nazismo usare Wagner, perché il nazismo non è tragicità di pensiero, ma tragicità gestuale, è un palazzo con le pareti di carta e vuoto dentro, una sorta di superapparizione del gesto in cui il pensiero non esiste. Naturalmente il pensiero tragico in lui esiste, e va connesso alla tragicità nel senso greco, del pensiero che sonda la sofferenza, la difficoltà a esistere, il male che porta dolore e perdita.[2]
  • Quando penso all'Italia penso solo alla luce di questo paese. Sopra gli uomini, i tetti. Chissà che non riesca a scendere più in basso, a illuminarci...[3]
  • [I geroglifici] Sono una cosmogenesi, un modo di scrivere il mondo riservato a una stretta cerchia, così come a una stretta cerchia è riservata la conoscenza. L'importante era che fossero visti prima ancora che compresi. La stessa cosa si potrebbe dire per la musica. Sono davvero pochi quelli che la ascoltano decifrandone le leggi. Eppure per goderla non ce n'è bisogno.[9]
  • Tutta la cultura mitteleuropea [...] in cui ho percorso la mia vita culturale, porta indietro fino alla Grecia e al Mediterraneo [...] arrivato a cinquant'anni, il percorso del filo rosso fa marcia indietro [...] alla mia natura iniziale, nel mio genius loci, che sono le isole Eolie, dove veramente i presocratici sono semplicemente dei cronisti della vita, non dei pensatori a sistema. Tu sei nelle isole Eolie, guardi Vulcano e capisci i rapporti tra aria, acqua, fuoco e terra.[11]

Incipit di I corvi di Apollo

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Tornare a Lipari significa, ogni volta, situarsi, ritrovare il "situm", il luogo privilegiato, il centro da cui si irradiano, indietro nel tempo, innumerevoli fili, per millenni.

  1. Dal libretto di accompagnamento dell'incisione della Nona sinfonia di Beethoven eseguita dalla Staatskapelle di Dresda (CD Deutsche Grammophon); citato in Enrico Regazzoni, Beethoven Il big bang della musica, repubblica.it, 10 aprile 1997.
  2. a b Da Con Wagner alla scoperta dell'identità europea, a cura di Marzio Breda, Corriere della Sera, 25 luglio 2000, rodoni.ch.
  3. a b Dall'intervista di Valeria Palermi, Intervista a Giuseppe Sinopoli Un artista diviso in quattro, repubblica.it, 1 ottobre 1996, rodoni.ch.
  4. a b Dall'intervista di Francesco M. Colombo, La musica deve tornare rito, Corriere della Sera, 15 ottobre 1985, rodoni.ch.
  5. Dall'intervista di Riccardo Lenzi, Giuseppe Sinopoli Una bacchetta scomoda, L'Espresso, rodoni.ch, 24 aprile 2001.
  6. Dalla lettera manoscritta inviata ai degenti del Policlinico di Roma nel novembre 2000, citato in Sandro Cappelletto, Mozart: la notte delle dissonanze, EDT, Torino, 2006, p. 102 nota 38. ISBN 88-6040-061-9
  7. Citato in Sandro Cappelletto, Sinopoli, esploratore di musica e di anime, lastampa.it, 13 aprile 2011.
  8. a b Citato in Sandro Cappelletto, Vent'anni senza Sinopoli, la bacchetta magica di un rabdomante, avvenire.it, 16 aprile 2021.
  9. a b Da Una bacchetta magica per i geroglifici, a cura di Alessandro Cannavò, Corriere della Sera, 13 aprile 1993, rodoni.ch.
  10. Corsivo solo su vacui nella fonte.
  11. Da Il canto dell'anima: vita e passioni di Giuseppe Sinopoli, a cura di Gastón Fournier-Facio, il Saggiatore, Milano, 2021, p. 487. ISBN 978-88-428-2621-7. Citato in Stefano Vitale, "Il "Canto dell'anima": Gastón Fournier-Facio riassume vita e lavoro di Giuseppe Sinopoli, ilgiornalaccio.net.

Bibliografia

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  • Giuseppe Sinopoli, I corvi di Apollo, in I racconti dell'isola, prefazione di Giovanni Sinopoli, postfazione di Quirino Principe, Marsilio, Venezia, 2016. ISBN 978-88-317-2420-1

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